Giorno per giorno – 02 Ottobre 2015

Carissimi,
“Guardate di non disprezzare uno solo di questi piccoli, perché io vi dico che i loro angeli nei cieli vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli” (Mt 18, 10). Il vangelo di oggi ci viene proposto dalla liturgia per via della festa degli Angeli custodi. E si apre con la domanda dei discepoli su chi sia il più grande nella prospettiva del regno di Dio. Ad essa Gesù risponde con un gesto fortemente simbolico. Chiama a sé un bambino e lo pone “in mezzo” a loro, spiegando poi che condizione irrinunciabile per entrare a far parte del Regno è il convertirsi ai “piccoli” (tutti i piccoli, non semplicemente i bambini), porli cioè al centro della propria attuazione, e diventare come loro, perché è solo nella solidarietà intima con la loro condizione di insignificanza, di privazione di diritti e di ogni potere decisionale, che si creano le basi di una società in cui Dio diventa realmente presente e operante, come forza contagiante di fraternità e liberazione che emana dal basso. Non per dono e concessione di qualche potente di turno. Perché è lì, presso i piccoli, dove ci ha dato appuntamento anche Gesù, che Dio si dà a conoscere, attraverso i loro angeli che (solo loro) “vedono sempre la faccia del Padre che è nei cieli”. Angeli, perciò, di prima categoria, secondo l’angelologia ebraica. Un modo per esprimere l’opzione dei poveri che Dio ha compiuto da sempre nella storia, fino a divenire, nella persona del Figlio, uno di loro. Se noi non si è ancora poveri, solidali con loro, amici degli ultimi, di sfruttati, oppressi, emarginati, esclusi, c’è da correre ai ripari, per aprirci anche noi quanto prima ai messaggi che Dio invia, proprio e soltanto, attraverso gli angeli dei piccoli, gli “angeli del volto”. Se no, rischiamo di fraintenderlo alla grande.

Il calendario della Chiesa universale porta in questa data la Memoria degli Angeli Custodi. Il nostro calendario ci porta oggi la memoria dell’Anonimo Pellegrino russo, mistico ortodosso, e di Romano Guardini, teologo.

L’uso di una festa specifica dedicata agli Angeli Custodi si diffuse nella Spagna nel ’400, e nel secolo successivo in Portogallo, più tardi ancora in Austria. Nel 1670, il papa Clemente X ne fissò la data al 2 ottobre. Di essi il Martirologio Romano dice che “chiamati in primo luogo a contemplare il volto di Dio nel suo splendore, furono anche inviati agli uomini dal Signore, per accompagnarli e assisterli con la loro invisibile ma premurosa presenza”. Insomma, una sorta di “longa manus” del buon Dio presso ciascuno(a) di noi (ma anche nostra presso di Lui), per evitarci di pensare che Egli ci possa abbandonare anche solo un istante.

Lo starec Ambrogio, del monastero di Optina, ne parla in una sua lettera come di un semplice laico, “un contadino della provincia di Orel”, o forse “il mercante Nemyotov” discepolo dello starec Macario, predecessore di Ambrogio. Secondo l’igumeno Johann del monastero di Novy Valaam, in Finlandia, quel contadino, di ritorno da un pellegrinaggio in Terra Santa, sarebbe passato per il Monte Athos, dove avrebbe scritto per lo starec Ieronim Solomentsev, il resoconto dei suoi viaggi, decidendo poi di trattenersi lì come monaco. Di fatto, un manoscritto dei Racconti, in bellissima scrittura, è conservato ancor oggi nella biblioteca del monastero russo di S. Pantaleimone. Da quel manoscritto furono tratte le successive edizioni del libro che racconta il cammino mirabile del pellegrino che arrivò a capire e vivere il significato dell’espressione: “Pregate senza sosta”.

Romano Guardini era nato a Verona il 17 febbraio 1885. All’età di un anno fu portato a Magonza, dove suo padre era commerciante e console italiano, e rimase poi in Germania per tutta la vita. Dopo un iniziale entusiasmo per le scienze naturali, che cominciò a studiare a Tubinga, e per le scienze politiche, che prese a studiare a Monaco, inquieto e insoddisfatto, si riavvicinò gradualmente alla fede cristiana e decise poi di farsi prete. Intraprese quindi gli studi teologici a Friburgo, a Tubinga e, infine a Magonza, dove fu ordinato presbitero, nel 1910. Laureatosi in teologia a Friburgo nel 1915, e ottenuta l’abilitazione all’insegnamento della dogmatica cattolica a Bonn nel 1922, si dedicò contestualmente ad un’intensa attività pastorale parrocchiale, che lo mise a contatto con il movimento giovanile e con il nascente movimento liturgico. Tali frequentazioni maturarono in lui l’esigenza di una riflessione teologica attenta all’esistenza dell’uomo storico-concreto e intimamente animata dall’esperienza della vivente comunità cristiana. Le sue prime opere preannunciarono profeticamente, attraverso il superamento dell’individualismo religioso-borghese e del giuridismo ecclesiastico, la nascita di quella nuova coscienza della chiesa che qualche decennio più tardi avrebbe trovato espressione nello spirito e nei documenti del Concilio Vaticano II. Nel 1923 Guardini ottenne la cattedra di “Filosofia della religione e della visione cattolica del mondo” all’università di Berlino, dove, il suo insegnamento registrò un vasto consento e una crescente simpatia soprattutto negli ambienti giovanili. Accompagnò il suo impegno accademico, con un’intensa attività di conferenziere, predicatore e scrittore, che lo rese famoso anche all’estero. Nel 1939 il regime nazista gli revocò la nomina a professore, ed egli tornò ad insegnare solo alla fine della guerra, prima all’università di Tubinga e poi a quella di Monaco. Nel 1961 fu nominato membro della Commissione liturgica preparatoria del Concilio Vaticano II. Nel 1965 rifiutò la nomina a cardinale avanzatagli da Paolo VI. Morì a Monaco il 2 ottobre 1968. Di lui Hans Urs von Balthasar scrisse: “Forse al Guardini non si potrà risparmiare il rimprovero di non essersi staccato con sufficiente decisione, come cristiano, dal mondo borghese, di cui condivise la decadenza e la rovina. E, più precisamente, con una domanda: ha guardato egli in faccia l’urlante indigenza materiale delle masse umane? Ha sentito l’orrore provato dal giovane Marx davanti al mondo come esso è in realtà?”. Domanda che continua ad essere valida per gran parte delle nostre chiese.

I testi che la liturgia propone alla nostra riflessione sono propri della memoria odierna e sono tratti da:
Libro dell’Esodo, cap. 23, 20-23; Salmo 91; Vangelo di Matteo, cap. 18, 1-5.10.

La preghiera del venerdì è in comunione con i fedeli della Umma islamica che confessano l’unicità del Dio clemente e ricco in misericordia.

Il 2 Ottobre, anniversario della nascita del Mahatma Gandhi, è stato voluto dalle Nazioni Unite “Giornata Mondiale della Nonviolenza”. È un invito a tutti noi a conoscere e approfondire il pensiero e la pratica che caratterizzò questa Grande Anima del nostro tempo, per diventare a nostra volta testimoni di verità, giustizia, pace. In tempi difficili.

La pioggia che ci era stata regalata tre giorni fa e che si sperava ponesse fine al lungo semestre di siccità è già solo un ricordo. Sicché il fresco momentaneo che abbiamo potuto sperimentare ha di nuovo lasciato il posto al calore assurdo delle ultime settimane, con valori che oscillano spesso intorno ai quaranta gradi. Speriamo sia ancora solo per poco.

Bene, noi ci si congeda qui, lasciandovi alla lettura di un brano di Romano Guardini, tratto dal suo libro “La coscienza” (Morcelliana). Che è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
L’avvicinarsi a Dio, la disposizione a lasciarci istruire da Dio, la serietà dell’intesa con Lui, il comprender sempre più profondamente se stessi nel dovere, che ci è imposto – tutto questo è frutto di maturazione e dell’esperienza ad un tempo. Frutto della crescita naturale della vita, ma soprattutto dono della grazia. E la grazia dobbiamo tenerci pronti a riceverla e ad impetrarla con incessante preghiera. Né dimentichiamo che vi è un sacramento della coscienza cristiana: la Cresima. Nella Cresima veniamo dichiarati maggiorenni nel regno di Dio – lo schiaffo è appunto l’antico simbolo giuridico, col quale il giovane veniva liberato dalla tutela. E i doni dello Spirito Santo ci vengono dati, affinché nel mondo impegniamo la nostra responsabilità per il regno di Dio. Che cosa dobbiamo fare dunque, da questo punto di vista? Dobbiamo purificare il nostro intimo. Dobbiamo diventare attenti e pronti. Dobbiamo fare il nostro dovere. Interpretare la situazione e corrispondervi nel modo migliore possibile. Dobbiamo tener l’anima aperta all’esperienza. Vivere con vigile solerzia la nostra vita. Non sfuggire l’evento che ci viene incontro; a meno che la nostra coscienza non ci dica che in questo caso la soluzione della situazione consiste appunto nella fuga. Dobbiamo accettare i casi lieti e tristi; anche i tristi e proprio quelli. In poche parole dobbiamo aprirci alla vita, quale Dio ce l’ha destinata. Dobbiamo trar profitto da questa vita – dalla nostra vita; dilatando, correggendo, illuminando noi stessi. E non stancarci mai di impetrare la chiarezza della coscienza. Cosi pregava Newman: “Ho bisogno che Tu m’istruisca, giorno per giorno, su ciò che è l’esigenza e la necessità di ogni giorno. Concedimi, o Signore, la chiarezza della coscienza, la quale sola può sentire e comprendere la Tua ispirazione. I miei orecchi sono sordi; non so percepire la Tua voce. I miei occhi sono offuscati; non so vedere i Tuoi segni. Tu solo puoi affinare il mio orecchio, acuire il mio sguardo e purificare e rinnovare il mio cuore. Insegnami a star seduto ai Tuoi piedi e a prestar ascolto alla Tua parola. Amen”. (Romano Guardini, La coscienza).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 02 Ottobre 2015ultima modifica: 2015-10-02T22:09:39+02:00da fraternidade
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