Giorno per giorno – 28 Dicembre 2012

Carissimi,

“Quando Erode si accorse che i Magi si erano presi gioco di lui, si infuriò e mandò a uccidere tutti i bambini che stavano a Betlemme e in tutto il suo territorio e che avevano da due anni in giù, secondo il tempo che aveva appreso con esattezza dai Magi” (Mt 2, 16). Anche stasera, come già altre volte, all’ascoltare questo vangelo, c’è stato chi ha protestato: ma perché loro, che non c’entravano nulla? E Dio, perché Dio salva solo suo figlio? Ora, noi non sappiamo quale grado di storicità abbia l’episodio della strage degli innocenti (menzionata, con la successiva fuga in Egitto, solo da Matteo), ma conosciamo, anche da altre fonti, la crudeltà di Erode. Allora ci siamo detti che forse è proprio questo che ci vuol dire il racconto. Che, cioè, quando la malvagità umana si scatena e miete le sue vittime, è perché Gesù (il significato di Dio) è in pericolo. È come se Dio ci avvisasse: attenti, questo sistema è crudele, tanto crudele che vuol far sparire, dentro ai suoi confini, la mia Parola, la mia Verità, mio Figlio, e cioè la pietà, la misericordia, la giustizia, la solidarietà, la tenerezza, e allora è il caso che qualcuno si dia da fare e metta in salvo, coltivandoli, questi atteggiamenti, fugga così  dalla logica soffocante del sistema, si ritagli, a costo di sentirsi esiliato, anche solo culturalmente, o religiosamente, o forse realmente, un pezzo d’Egitto, dove farli crescere e moltiplicare, per poter un giorno, in una terra tornata patria, porli a fondamento di nuove e più alte, giuste, fraterne e solidali, forme di convivenza. Oggi, Erode, il Sistema che domina nel mondo,  continua imperterrito ad uccidere, assai più di allora. E sono popoli interi le sue vittime. E noi che facciamo?

 

Oggi, è il Quarto Giorno dell’Ottava di Natale, memoria del Martirio dei Santi Innocenti, figura delle vittime, di ogni tempo e luogo.

 

28 INNOCENTI.jpgLa festa si basa sul racconto del Vangelo di Matteo, secondo cui il re Erode, per essere certo che morisse il bambino Gesù, ordinò che fossero uccisi tutti i bambini dai due anni in giù. L’origine della festa è molto antica. Ne fa menzione il calendario cartaginese nel IV secolo e, cent’anni più tardi, il Sacramentario Leoniano, a Roma. La liturgia tolosana la canta così: “Fratelli, in questo giorno la Chiesa piange con Rachele, davanti alla crudeltà degli uomini e al massacro ingiusto degli Innocenti. Ma Dio li ha presi tra le sue braccia; come una madre consola i suoi figli, li appoggia alla sua guancia, li accarezza sulle sue ginocchia, si china su di essi per insegnar loro a camminare. Anche se una madre arrivasse a dimenticare i suoi figli, Dio non li scorderà mai. Senza neppure saperlo, essi hanno dato la loro vita per Cristo, senza parlare, hanno proclamato il suo amore, e Dio ha fatto scendere su di loro la sua pace come un fiume, li ha disegnati sul palmo delle sue mani. Per sempre sono accanto all’Agnello e lo seguono ovunque vada e cantano senza fine: amen, alleluia”.

 

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:

1ª Lettera di Giovanni, cap. 1,5-2,2; Salmo 124; Vangelo di Matteo, cap. 2,13-18.

 

La preghiera del venerdì è in comunione con i fedeli della Umma islamica, che professano l’unicità del  Dio clemente e misericordioso.

 

 

“Mai dimenticherò quella notte, la prima notte nel campo, che ha fatto della mia vita una lunga notte e per sette volte sprangata. / Mai dimenticherò quel fumo. / Mai dimenticherò i piccoli volti dei bambini di cui avevo visto i corpi trasformarsi in volute di fumo sotto un cielo muto. / Mai dimenticherò quelle fiamme che bruciarono per sempre la mia Fede. / Mai dimenticherò quel silenzio notturno che mi ha tolto per l’eternità il desiderio di vivere. / Mai dimenticherò quegli istanti che assassinarono il mio Dio e la mia anima, e i miei sogni, che presero il volto del deserto. / Mai dimenticherò tutto ciò, anche se fossi condannato a vivere quanto Dio stesso. Mai.” Così, Elie Wiesel, Premio Nobel per la Pace, descrive il suo arrivo ad Auschwitz, non era ancora sedicenne, nel libro che è considerato il suo capolavoro “La notte” (Giuntina). Di questo stesso libro, prendendo spunto dalla memoria di oggi dei Martiri Innocenti, vi proponiamo, nel congedarci, un brano meritatamente famoso, come nostro   

 

PENSIERO DEL GIORNO

I tre condannati salirono insieme sulle loro seggiole. I tre colli vennero introdotti contemporaneamente nei nodi scorsoi.  “Viva la libertà!”, gridarono i due adulti. Il piccolo, lui, taceva. “Dov’è il Buon Dio? Dov’è?”, domandò qualcuno dietro di me. Ad un cenno del capo del campo le tre seggiole vennero tolte. Silenzio assoluto. All’orizzonte il sole tramontava. “Scopritevi”, urlò il capo del campo. La sua voce era rauca. Quanto a noi, noi piangevamo. “Copritevi!”. Poi cominciò la sfilata. I due adulti non vivevano più. La lingua pendula, ingrossata, bluastra. Ma la terza corda non era immobile: anche se lievemente il bambino viveva ancora… Più di mezz’ora restò così, a lottare tra la vita e la morte, agonizzando sotto i nostri occhi. E noi dovevamo guardarlo bene in faccia. Era ancora vivo quando gli passai davanti. La lingua era ancora rossa, gli occhi non ancora spenti. Dietro di me udii il solito uomo domandare: “Dov’è dunque Dio?”. E io sentivo in me una voce che gli rispondeva: “Dov’è? Eccolo: è appeso lì, a quella forca…”. (Elie Wiesel, La notte).

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 28 Dicembre 2012ultima modifica: 2012-12-28T23:44:00+01:00da fraternidade
Reposta per primo quest’articolo