Giorno per giorno – 15 Maggio 2011

Carissimi,

“In verità, in verità io vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un’altra parte, è un ladro e un brigante. Chi invece entra dalla porta, è pastore delle pecore” (Gv 10, 1-2). Dicono che Gesù fece questo discorso qualche tempo dopo la festa autunnale di Sukkot (o delle Capanne), nell’approssimarsi della festa invernale di Hanukkah (o della Dedicazione), quando in sinagoga si leggeva il brano di Ezechiele sui pastori di Israele: “Non avete reso la forza alle pecore deboli, non avete curato le inferme, non avete fasciato quelle ferite, non avete riportato le disperse. Non siete andati in cerca delle smarrite, ma le avete guidate con crudeltà e violenza” (Ez 34, 4). È solo una delle possibili citazioni. Giovanni nel riproporre alla sua comunità (ed anche a noi) il discorso di Gesù, vuole allertarci di un pericolo reale. Che noi ci si dimentichi di passare per quella “porta”, che, più avanti, Gesù afferma essere Lui stesso, e di essere pastori come Lui. Non è quindi più un problema soltanto delle gerarchie sacerdotali dell’epoca dei Maccabei (a cui la festa della Dedicazione rimanda), né di sadducei e farisei dell’epoca di Gesù, in vario modo ammanicati o venduti ai potenti di turno, ma è cosa che riguarda il tempo della chiesa. Entrare per la porta che è Gesù, significa vivere il suo Vangelo, essere annuncio della buona notizia ai poveri: “perché abbiano vita e l’abbiano in abbondanza” (v. 10). Diversamente, saremo solo ladri e banditi. Travestiti da semplici cristiani, o da preti, o persino da vescovi.   

     

I testi che la liturgia di questa 4ª Domenica di Pasqua propone alla nostra riflessione sono tratti da:

Atti degli Apostoli, cap.2, 14. 36-41; Salmo 23; 1ª Lettera di Pietro, cap.2, 20b-25;  Vangelo di Giovanni, cap.10, 1-10.

 

La preghiera della Domenica è in comunione con tutte le comunità e chiese cristiane.

 

Oggi è memoria di Isidoro e Maria, santi contadini, di Pacomio, padre del monachesimo e di Michel Kayoya, martire nel Burundi.

 

15 ISIDORO & MARIA.jpgDi Isidoro, sappiamo proprio poco. Nacque in una famiglia contadina e fece sempre il bracciante. Gli piaceva lavorare la terra, ma trovava il tempo, ogni giorno, di ritagliarsi i suoi spazi di gratuità, partecipando alla Messa e dedicandosi alle sue devozioni. Con un certo spasso dei suoi compagni di lavoro.Ma lui li lasciava dire.  Incontrò la donna che faceva per lui, una tale Maria, che sposò e da cui ebbe un figlio, morto da piccolo. Vissero insieme il resto della vita, lui lavorando duro fuori casa, e lei dentro. E il denaro che si sudavano, poco, bastava comunque per tanti. Se un povero bussava alla porta, per loro era sempre il Povero. E non se ne andava mai via a mani o con la pancia vuote. E loro erano pieni di allegria. Un giorno poi lui, uno dei piccoli amati da Dio,  morì. Era il 15 maggio 1130.

 

15 PACÓMIO ABATE.jpgPacomio era nato nell’Alto Egitto, l’anno 287, da genitori pagani. A vent’anni era stato arruolato a forza nell’esercito imperiale e, durante un trasferimento, era finito in carcere a Tebe con tutte le reclute. Fu in quell’occasione che il giovane venne per la prima volta a contatto con dei cristiani: gente che di notte portava ai prigionieri del cibo. Chi vi manda?, chiedevano loro. Il Dio del cielo, rispondevano. E Pacomio pregò allora quel Dio di liberarlo, che lo avrebbe servito per la vita intera. Quando fu congedado, si recò a Khenoboskion e si aggregò ad una piccola comunità cristiana, dove fu istruito nei santi misteri, al fine di ricevere il battesimo. Visse lì per un certo tempo, dedicandosi al servizio della gente. Conobbe un vecchio anacoreta, Palamone, e lo scelse come guida spirituale. Infine gli giunse un’illuminazione: perché non dar vita a una comunità alternativa? C’erano altri cristiani e cristiane che si erano allontanate dalle città, insoddisfatte dello stile di vita che le caratterizzava. Forse valeva la pena di mettersi insieme e provare  a se stessi e agli altri che “un altro mondo era possibile”. Si stabilirono nel villaggio abbandonato di Tabennesi e cominciarono ad organizzarsi in una vita di preghiera, lettura della Parola di Dio e lavoro manuale. Nasceva così il monachesimo cenobitico. Al vescovo Atanasio che gli chiese un giorno: Ma insomma chi diavolo siete?, Pacomio rispose: siamo semplici cristiani. Perdinci, ma se è vero che il monaco è un semplice cristiano, allora ogni cristiano è un monaco. Corretto! Ma nell’uno e nell’altro caso, vale la pena di aggiungere: se si prende sul serio. Pacomio morì nel 346, durante un’epidemia di peste, dopo aver servito i suoi sino alla fine.

 

15 MICHEL KAKOYA.jpgMichel Kayoya era nato nel 1934 a Kibumbu, in Burundi. Entrato in seminario, dopo gli studi filosofici, nel 1958 venne mandato in Belgio a studiare teologia. Nel 1963 fu ordinato sacerdote.  Nominato vice parroco a Rusengo, si impegnò nei movimenti di Azione Cattolica e assunse la responsabilità delle cooperative.  Dal 1967, per tre anni, fu rettore del seminario minore di Mugera; nel 1970 fu chiamato a ricoprire l’ufficio di economo generale della Diocesi di Muynga. Nel mese di aprile 1972, le autorità ecclesiastiche l’obbligarono a lasciare il luogo. Il 15 maggio venne ucciso dai Tutsi nel corso del massacro che costerà la vita ad altre 200 mila persone. Il cadavere fu gettato in una fossa comune.  Era sostenitore di un umanesimo che ha alla base il rispetto: “Rispetto del povero, rispetto del piccolo, rispetto del vecchio, rispetto dell’invalido”. Il contrario della civiltà occidentale. A chi gli chiedeva conto del perché fosse cristiano, rispondeva: “Ho deciso di restare cristiano non per paura di impegnarmi, non per paura di lottare. Come cristiano sentivo in me una gioia, un motivo di impegno superiore ed un’energia nuova per consacrarmi alla causa dei miei fratelli, gli uomini. Ero cristiano, volevo che nella lotta contro la fame, la carestia, l’ingiustizia, il disonore, il mio popolo si tessesse un’eternità vera”.

 

Oltre alle Regole e alle Catechesi di Pacomio, ci  è pervenuta anche una Vita copta di Pacomio e Teodoro, scritta da un anonimo monaco che aveva conosciuto entrambi. Da essa prendiamo  il racconto della sua volutamente mancata ordinazione a prete. Una burla con il sapore di un fioretto francescano. A fronte della quale l’immagine del corteo che accompagnava la visita a quelle regioni del santo patriarca Atanasio, costituito da “molti vescovi e una gran folla con lampade, ceri e incensieri innumerevoli” trasmette inevitabilmente un’atmosfera vagamente comica. Come sempre succede quando si esagera e ci si prende troppo sul serio. Beh, quel racconto, ve lo proponiamo, nel congedarci, come nostro

 

PENSIERO DEL GIORNO

Avvenne che, dopo la nomina ad arcivescovo di Alessandria, apa Atanasio venne a sud, nella Tebaide, con l’idea di risalire fino ad Assouan per recare conforto alle sante chiese. Quando il nostro padre Pacomio lo vide, preceduto da un corteo di vescovi, presi con sé i fratelli, gli fece da scorta per un lungo tratto. Cantando in corteo, accompagnarono l’arcivescovo nel monastero, dove fece la preghiera nella sala di riunione e in tutte le dimore. Apa Serapione, vescovo di Nikentori, prese la mano dell’arcivescovo, la baciò e disse: “Prego la tua pietà di ordinare prete Pacomio, il superiore dei monaci, perché sia messo a capo di tutti i monaci della mia diocesi. È davvero un uomo di Dio, ma a me rifiuta obbedienza su questo punto”. Immediatamente Pacomio si dileguò tra la folla per non farsi trovare. L’arcivescovo si mise a sedere con tutta la folla che lo accompagnava, e disse a Serapione: “In verità, riguardo all’uomo di cui tu parli, apa Pacomio, da quando sono ad Alessandria, già prima della mia consacrazione, ho udito la fama della sua fede. Felice lui e i suoi figli, e benedetto l’albero duraturo, che ha piantato”. Poi, alzatosi, pregò e disse ai fratelli: “Salutate da parte mia il vostro padre e ditegli: Poiché ti sei nascosto a noi, fuggendo ciò da cui vengono gelosie, discordie e invidie, e hai scelto ciò che è superiore e resterà per sempre! Ebbene, nostro Signore soddisferà i tuoi desideri. Poiché hai fuggito la grandezza vana e temporanea, non soltanto ti auguro che ciò non avvenga mai, ma a questo scopo tenderò le mani all’Altissimo perché mai e poi mai tu venga rivestito di cariche. Se poi, per volontà di Dio, ritorneremo un’altra volta, voglia il cielo che possiamo meritare di vedere la tua pietà onorevole”. Così li lasciò e continuò il cammino verso sud, accompagnato da molti vescovi e da una gran folla con lampade, ceri e incensieri innumerevoli. Soltanto dopo la partenza dell’arcivescovo, il nostro padre Pacomio uscì dal nascondiglio. (Anonimo, Vita copta di Pacomio e Teodoro).

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 15 Maggio 2011ultima modifica: 2011-05-15T23:10:00+02:00da fraternidade
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