Giorno per giorno – 24 Ottobre 2012

Carissimi,

“Qual è dunque l’amministratore fedele e saggio, che il Signore porrà a capo della sua servitù, per distribuire a tempo debito la razione di cibo? Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà al suo lavoro. In verità vi dico, lo metterà a capo di tutti i suoi averi” (Lc 12, 42-44). Nel vangelo di ieri Gesù paragonava se stesso a un padrone che torna da una festa di nozze, mentre noi eravamo i suoi servi, sperabilmente svegli e pronti ad accoglierlo. Nel brano di oggi, comincia, invece, con l’applicare a noi l’immagine del padrone di casa e a sé quella del ladro che giunge a far man bassa (anche se spera di non riuscirci perché ci trova ben desti: speravi di farcela, eh?!). Poi, però, torna ancora ad essere lui il padrone che, costretto ad assentarsi, si preoccupa di lasciare la casa organizzata il meglio che può. Ed è bene che sia così, perché, almeno, sappiamo che, di padroni, non ne vuole proprio sapere sulla terra. Meno che meno nella sua casa (la chiesa). E noi dovremmo averlo imparato dopo tanto tempo. Ora, tra i tanti servizi necessari per il buon andamento della casa, quello che più gli sta a cuore è quello dell’amministratore – Matteo, nel testo parallelo, lo dice semplicemente servo (Mt 24, 45), forse per evitare che si monti la testa – il cui compito, in ogni caso, è dar da mangiare all’ora giusta agli altri servi. Questo è il massimo della carriera ecclesiastica, accessibile a tutti, per altro,  previsto dal Signore. Ed è anche il tutto della missione della Chiesa: alimentarci gli uni gli altri del corpo del Signore, per apprendere a consegnare la nostra vita per la vita del mondo.

 

Oggi il nostro calendario ecumenico ci porta la memoria di Rabbi Levi Isacco di Berditschev, mistico ebreo.

  

24 RABBINO.jpgRabbino e capo spirituale del Chassidismo, Levi Isacco è considerato il personaggio più popolare di questo movimento mistico ebraico, dopo Israel Baal Schem Tov. Nacque nel 1740, a Hoshakov, in Galizia (Polonia). Nel 1776 divennne discepoli di Dov Ber, il famoso Magghid (predicatore itinerante) di Mezeritch.  Nominato rabbino di Zelechov, in Polonia, e più tardi di Pinsk, in Bielorussia, fu costretto a lasciare l’incarico per l’ostilità di queste comunità verso le sue concezioni chassidiche. Incontrò infine la sua comunità a Berditchev, dove restò dal 1785 fino alla sua morte, il  25 Tishri 5571 (23 ottobre 1810). In seno alla corrente chassidica, Levi Isacco rappresenta la figura dell’avvocato instancabile del popolo ebreo davanti al trono di Dio. “Tu esigi sempre qualcosa dal tuo popolo Israele – disse un giorno a Dio –  perché dunque non l’aiuti nelle sue tribulazioni?”.  Un sarto gli raccontò un giorno del modo con cui si era rivolto a Dio a Yom Kippur: “Certo, una volta o l’altra, mi succede di restare con il vestito che qualcuno ha lasciato nel mio laboratorio, o di non lavare le mani prima di mangiare, ma queste non sono mancanze così gravi. Tu, Signore, commetti colpe molto più riprovevoli: strappi bambini dal seno delle madri e madri dai loro bambini. Se tu mi perdoni, anch’io ti perdonerò”. Levi Isacco gli rispose: “Perchè sei stato così timido nel tuo discorso? Se solo avessi insistito un po’, Dio sarebbe stato costretto a perdonare a tutto il popolo d’Israele!”. 

 

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:

Lettera agli Efesini, cap.3, 2-12; Salmo (Is 12, 2-6); Vangelo di Luca, cap.12, 39-48.

 

La preghiera del mercoledì è in comunione con quanti ricercano l’Assoluto della loro vita nella testimonianza  per la pace, la fraternità e la giustizia. 

 

Bene, anche per stasera, è tutto. Noi ci si congeda qui, lasciandovi ad un insegnamento di Rabbi Levi Isacco di Berditschev, che troviamo ne “I racconti dei Chassidim” (Garzanti) di Martin Buber, e che è, per oggi, il nostro  

 

PENSIERO DEL GIORNO

Chiesero al Rabbi di Berditschev quale fosse la via giusta, quella dell’afflizione o quella della gioia, ed egli rispose: “Vi sono due specie di afflizione e due specie di gioia. Quando uno si affligge per la disgrazia che l’ha colpito, si rannicchia nel suo cantuccio e dispera dell’aiuto, questa è la cattiva afflizione, di cui è detto: ‘La Shechinà non dimora nel luogo della tristezza’ (TB Shabbat 30). L’altra è l’onesta pena dell’uomo che sa che cosa gli manca. Lo stesso per la gioia. Chi manca d’intima sostanza e nel suo vano piacere non lo sente e non si preoccupa di colmare il vuoto, costui è un folle. Ma l’uomo veramente gioioso è come uno a cui è bruciata la casa e che ha sofferto nell’anima la sua pena, ma poi ha incominciato a costruirne una nuova, e il suo cuore si rallegra di ogni pietra che pone”. (Martin Buber, I racconti dei Chassidim). 

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 24 Ottobre 2012ultima modifica: 2012-10-24T23:03:00+02:00da fraternidade
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