Giorno per giorno – 28 Maggio 2012

Carissimi,

“Allora Gesù fissò lo sguardo su di lui, lo amò e gli disse: Una cosa sola ti manca: va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi! Ma a queste parole egli si fece scuro in volto e se ne andò rattristato; possedeva infatti molti beni” (Mc 10, 21-22). Se stiamo, come noi stasera, ascoltando queste parole, è perché un giorno abbiamo improvvisamente scoperto che non ci bastava più la vita che vivevamo. E siamo andati da Lui. E quella frase, la prima che abbiamo citato qui sopra, e che non abbiamo neppure l’animo di ripetere, è stata detta anche per noi. Da allora Lui ci ha catturati, anche se ogni giorno ce ne andiamo via tristi, perché ci sembra stia chiedendo troppo. Ma, è sempre troppo poco per quello che Egli ci offre in cambio. Quanto al ricco del vangelo,  c’è da dire che lui, almeno, era ricco. E in qualche modo aveva in questo la sua giustificazione. Noi non lo siamo, eppure siamo attaccati alle nostre povertà più di quanto non fosse lui alle sue ricchezze. È questo che impedisce l’accadere del Regno. “Quanto è difficile, per quelli che possiedono ricchezze, entrare nel regno di Dio!’ (v. 23). Sì, certo, per i ricchi è più difficile, ma, come diceva Rafael, stasera, è duro anche per noi accettare che l’altro sia più importante e decidere di vendersi tutto ciò che si ha, ciò che si è, per vederlo felice. E, seguendo i passi di Gesù – “vieni e seguimi” (v.21) è questo l’invito  -,  spogliarsi ad ogni istante di ciò che si riceve continuamente in dono, che, poi, è condividere vita, salute, allegria, amore. Noi dicevamo che ogni giorno ce ne andiamo via tristi, perché sappiamo di non farcela. Però, quella tristezza è già il sintomo della guarigione imminente. Infatti, ciò che è impossibile presso gli uomini, non lo è presso Dio! (cf v. 27). E, se il nome di Gesù è “Dio salva”, la salvezza di Dio arriverà infallibilmente. Nei tempi e nei modi che Lui solo sa. Quel giorno non ci allontaneremo più, scuri in volto.

 

Il calendario ci porta la memoria di Andrea, Folle in Cristo, e di Rabí‘a al-‘Adawíyya, mistica islamica, “testimone dell’amore di Dio”.

 

28 ANDREA IL FOLLE PER CRISTO.jpgSecondo il suo agiografo, tale Niceforo, prete di Santa Sofia, Andrea era uno schiavo originario della Scizia, che il suo stesso padrone aveva istruito per farne il suo segretario. Improvvisamente, però, il giovane cominciò a manifestare evidenti sintomi di follia, così il padrone lo fece rinchiudere e incatenare nei pressi della chiesa di Santa Anastasia, ma invano. Ebbe così inizio l’avventura del folle in Cristo più amato di Costantinopoli. Da quel momento, la sua vita sarà la simulazione di un degrado esteriore, volto a fargli occupare l’ultimo posto nel consesso umano. Gratificato di numerose visioni, affascinato dal futuro ultimo dell’uomo, Andrea, con la sua vita e con i suoi dialoghi, esprimeva la sua attesa del Regno e il giudizio che sovrasta la storia. Spesso, suo interlocutore era Epifanio, uomo di profonda saggezza,  che fu in seguito patriarca di Costantinopoli (520-535). A differenza di Simone il Folle, che aveva vissuto un’esperienza analoga alla sua ad Emesa (l’attuale Homs, in Siria), Andrea non simulava la follia per smascherare i peccati di quanti incontrava, ma intendeva manifestare l’esistenza di un mondo invisibile e di una sapienza “altra”. Questa è la ragione per cui è tanto amato dai monaci bizantini, che gli dedicarono una miriade di piccole chiese nei luoghi più impensabili. Nella Chiesa russa, la memoria di Andrea è legata alla festa della Protezione della Madre di Dio, che egli aveva profetizzato in una delle sue più celebri visioni.

 

28 Rabí‘a al-‘Adawíyya.jpgRabí‘a era nata in una povera famiglia della regione di Bassora, nell’attuale Iraq, all’inizio del VIII secolo. Ancora giovanissima, a causa di una carestia, era stata venduta schiava ad un ricco signore che tuttavia, impressionato dai doni spirituali di cui ella godeva, la rimandò libera. E, libera, lei volle restare, scegliendosi schiava del suo Signore. Così, a chi le faceva notare l’obbligatorietà del matrimonio, soleva rispondere: Hai ragione, il matrimonio è obbligatorio, almeno per chi è libero di scegliere. Ma io appartengo a Dio. È a Lui, dunque, che bisogna chiedere la mia mano. E nessuno sapeva come arrivare da Lui a chiedergliela. Rabí‘a visse per alcuni anni come eremita nel deserto, poi si stabilì a Bassora, dove condusse una vita in assoluta povertà, abitando in una capanna di giunchi in compagnia di una ancella, ‘Abdia, che fece conoscere ai contemporanei e ai posteri parole e vita della santa. Un giorno i suoi devoti le chiesero se amasse il Profeta. Lei rispose: Certo che lo amo, e molto, ma l’amore di Dio non mi lascia il tempo di amare il Profeta. Le domandarono allora: Odi Satana? Certo che lo odio, ma l’amore di Dio non mi permette di occupare il mio tempo ad odiarlo. Un giorno fu vista correre per la strada portando una torcia accesa in una mano e un secchio d’acqua nell’altra. Quando le chiesero dove corresse, ella rispose: “Voglio incendiare il paradiso e spegnere l’inferno perché i credenti adorino Dio non per la speranza nel paradiso o per la paura dell’inferno, ma solo per amore”.  Già, liberi. Per amare. Morí nell’ 801, più che ottantenne.

 

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:

1ª Lettera di Pietro, cap. 1,3-9; Salmo 111; Vangelo di Marco, cap. 10,17-27.

 

La preghiera di questo lunedì è in comunione con i fedeli del Sangha buddhista.

 

È tutto per stasera. Noi ci si congeda qui, con una poesia di Rabí‘a al-‘Adawíyya, che ha come titolo “Fratelli, la pace è nella mia solitudine”. Che è, per oggi, il nostro

 

PENSIERO DEL GIORNO

Fratelli, la mia pace è nella mia solitudine. / Lì, il mio diletto è solo con me, sempre. / Non ho trovato nulla in tutti i mondi / Che possa competere con il suo amore, / Questo amore che erpica le sabbie del mio deserto. / Se arrivo a morire di desiderio / e il mio Diletto non è ancora soddisfatto , / Vorrei vivere in eterna disperazione. // Abbandonare tutto ciò che Egli ha modellato /Ed avere nel palmo della mia mano / La prova certa che Egli mi ama  / Questo è il nome e lo scopo della mia ricerca. (Rabí‘a al-‘Adawíyya, Brothers, my peace is in my aloneness).

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 28 Maggio 2012ultima modifica: 2012-05-28T23:20:00+02:00da fraternidade
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