Giorno per giorno – 01 Luglio 2009

Carissimi,

“Giunto all’altra riva del mare di Tiberiade, nel paese dei Gadareni, due indemoniati, uscendo dai sepolcri, gli vennero incontro; erano tanto furiosi che nessuno poteva più passare per quella strada. Cominciarono a gridare: Che cosa abbiamo noi in comune con te, Figlio di Dio? Sei venuto qui prima del tempo a tormentarci?” (Mt 8, 28-29). È stata dona Nady, stasera, a portare l’esempio degli alcolizzati, lei che ha due figli, in queste condizioni, e dona Marlene poteva dirlo fino a qualche tempo fa del suo di ragazzo, che ora, grazie a Dio,  sta nella Chácara di recupero. Per loro, vale ciò che dice il racconto evangelico di oggi: è sempre troppo presto per smettere e dire “basta”. “Sei venuto qui prima del tempo a tormentarci?”. L’episodio è una storia di guarigione in territorio pagano. Anche in questo caso Matteo si differenzia da Marco e Luca, perché dice che si trattava di due persone, mentre per gli altri era solo una. Forse lo fa per dire lo spessore comunitario che può assumere il male.  Il particolare dei demoni che sono mandati nel branco di porci non dobbiamo necessariamente prenderlo alla lettera. Riflette probabilmente una formula di esorcismo o un’espressione popolare che destina il male  psichico, fisico o spirituale al “luogo” che gli è più congegnale. Come dire: Va’ sulla forca! O qualcosa di simile. Quale che sia il significato della storia dei porci, resta il fatto che la guarigione dà comunque fastidio a qualcuno. Nel caso collocato da dona Nady, come minimo ai produttori e commercianti di alcool o ai trafficanti di droga, con tutto il loro indotto, sul piano della microcriminalità, dell’industria della salute, delle pompe funebri, della pubblica sicurezza, della pubblicità. Perdinci, quanta occupazione e quanto denaro genera l’emarginazione di alcuni! Poi però, questo racconto, parla più in generale di noi. Quei due poveri cristi sono anche questa volta il nostro specchio. Riflesso del nostro io (anche comunitario, collettivo) diviso, disintegrato, incapace di unificazione. E anche a noi, confessiamolo, capita di pregare: per favore, non oggi, torna a interpellarmi domani. Perché sai, Signore, come potrei smettere da un momento all’altro di pensare ai fatti miei, lasciando perdere gli altri (che è la logica dei “cittadini” del racconto)? E Gesù se ne va. Triste, ma se ne va. E risale in barca.  Forse, arriva ad alzare una volta ancora lo sguardo, nella speranza che noi ci abbiamo ripensato. Ma, no. Per questa volta no.

 

Oggi il nostro calendario ecumenico ci porta la memoria di Shimon Ben ‘Azzaj, maestro in Israele.

 

01 Shimon ben 'azzaj.jpgShimon ben ‘Azzaj, maestro del 2° secolo, fu reso famoso dalla sua pietà e bontà.  Se Hillel aveva insistito sul fatto che il precetto fondamentale della Torah era : “Ama il tuo prossimo come te stesso”,  Ben ‘Azzaj insegnò che c’è un principio ancora maggiore che deve guidarci nelle relazioni interpersonali. Basandosi sul testo di Genesi: “Questo è il libro della genealogia di Adamo. Quando Dio creò l’essere umano, lo fece a somiglianza di Dio (Gen 5,1)”, diceva che questo comporta che l’obiettivo fondamentale della Torah è di insegnarci a trattare tutti gli esseri umani con lo stesso rispetto e considerazione che dobbiamo a Dio.  Insegnava che non possiamo nutrire disprezzo per niente e per nessuno. Ogni cosa, anche la più piccola e insignificante, è infatti santificata dalla presenza di Dio e, per ciò che riguarda le persone, anche se fossimo in presenza di un grande peccatore, noi non sappiamo ciò che Dio ha in serbo per lui.  La sua passione per lo studio della Legge era così forte che tralasciò di sposarsi, dimenticando così di mettere in pratica il primo precetto della Legge, che è quello di generare figli. Ma Il Signore lo avrà perdonato. Dicono gli antichi saggi d’Israele che, da quando morì Ben ‘Azzaj, non apparve mai più sulla terra anelito eguale per lo studio  della Torah. 

 

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:

Libro della Genesi, cap.21, 5. 8-20; Salmo 34; Vangelo di Matteo, cap.8, 28-34.

 

La preghiera del mercoledì è in comunione con tutti gli operatori di pace, quale ne sia la fede, l’ideale,  la filosofia di vita che li guida.

 

Oggi sono vent’anni di matrimonio dei nostri amici Maria Rosa e Hassen di Milano. Grandi loro e grandi ormai anche i loro bimbi, Melissa – sotto esami in questi giorni –  e Simone: li mettiamo tutti nella nostra e vostra preghiera.

 

Bene, per stasera è tutto. Noi ci si congeda lasciandovi a un breve commento di una sentenza di Shimon Ben ‘Azzaj, dovuto alla penna di Irving M. Bunim. Lo troviamo nel suo libro “A Ética do Sinai. Ensinamentos dos Sábios do Talmud” (Sefer). È per oggi il nostro

 

PENSIERO DEL GIORNO

Bem ‘Azzaj dice: Sii pronto a compiere un precetto lieve cosi come uno grave e fuggi dalla trasgressione, perché um precetto ne causa un altro e una trasgressione ne causa un’altra” (Pirqè Avot IV,2). Può sembrare strano che la Mishnà non tratti di grandi virtù o ideali, come per esempio la dedicazione allo studio della Torà o la pertecipazione alla vita della sinagoga. Parla invece di “una mitzvà”, un piccolo atto specifico di bontà, o di una “averà”, un atto di cattiveria in particolare – cose apparentemente irrilevanti. Sarà dunque la mitzvà individuale la nostra prinicpale preoccupazione? Sì, certo! C’è un proverbio che dice: “Un viaggio di mille chilometri comincia con il primo passo”. Possiamo meditare sui modelli della nostra vita passata e futura per un mese, un anno, un decennio, persino per tutta la vita. Tuttavia la vita deve cominciare da qualche parte, con un atto, il primo di una serie. Questo atto può essere una mitzvà o una averà, a partire da cui si svilupperà  una reazione a catena di conseguenze irrevocabili. I saggi del Talmud già insegnavano: “All’inizio la cattiva inclinazione è come una tela di ragno, ma finisce per essere come la fune di una carrozza” (TB Sukka 52a). Un atto piccolo come un filo potrà trasformarsi in una corda robusta. Fai attenzione, dunque, nella scelta della tua piccola azione, esorta Ben ‘Azzaj. Sia essa una mitzvà o una trasgressione, porterà ad altre azioni che, consapevolmente o no, fabbricheranno quella corda che ti trascinerà in cielo o all’inferno. Una mitzvà ne porta una nuova; così come ogni insensatezza è gravida di un’altra. Scegli attentamente le tue “piccole azioni”, perché esse formano le corde che manovreranno la tua vita. (Irving M. Bunim, A Ética do Sinai).

 

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.       

 

 

 

Giorno per giorno – 01 Luglio 2009ultima modifica: 2009-07-01T23:50:00+02:00da fraternidade
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