Giorno per giorno – 16 Settembre 2018

Carissimi,
“E cominciò a insegnar loro che il Figlio dell’uomo doveva molto soffrire, ed essere riprovato dagli anziani, dai sommi sacerdoti e dagli scribi, poi venire ucciso e, dopo tre giorni, risuscitare. Allora Pietro lo prese in disparte, e si mise a rimproverarlo” (Mc 8, 31-32). Lo stesso Pietro che aveva riconosciuto Gesù come il Cristo, il Messia, si sente in dovere di correggere la prospettiva che egli afferma di avere davanti. Forse, l’accenno alla risurrezione non dev’essere stato così esplicito, se no, non si giustificherebbe lo scandalo dei discepoli, cui dà voce Pietro. Se è Messia, dev’essere, come ce lo figuriamo da sempre, un messia vincente, che sconfigge i nemici, conquista il potere, governa (assieme a noi) con scettro di ferro. A soffrire e morire, devono essere, nel caso, gli altri. Il vangelo aggiunge che, di fronte a questo atteggiamento di Pietro, Gesù, “voltatosi e guardando i discepoli, rimproverò Pietro e gli disse: Lungi da me, satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini” (v. 33). Il testo originale, a dire il vero, non dice “lungi da me”, ma “vai dietro me”, ossia, non pretendere di insegnarmi come devo fare il messia, ma segui i miei passi e lo capirai. Noi, dopo duemila anni, mica ancora lo abbiamo capito. Tanto resiste in noi il significato di Dio (e perciò anche della vita) che il serpente ha da sempre plasmato nel nostro immaginario religioso: quello di un potere incontrastato che noi ambiamo raggiungere. E, invece, Dio (e, perciò la vita, per chi crede in Lui) è servizio, dono di sé, fino all’annichilazione, a costo di soffrire incomprensioni, irrisioni, persecuzioni e, quando necessario, la morte, perché e purché tutti abbiano vita e vita piena. Gesù non finirà mai di rimproverarci e di chiamarci “satana”, finché, un giorno o l’altro, ci si decida di cominciare a cambiare.

I testi che la liturgia di questa XXIV Domenica del Tempo Comune propone alla nostra riflesione sono tratti da:
Profezia di Isaia, cap.50, 5-9a; Salmo 115; Lettera di Giacomo, cap.2, 14-18; Vangelo di Marco, cap.8, 27-35.

La preghiera della Domenica è in comunione con tutte le comunità e chiese cristiane.

Il calendario, oggi, ci porta le memorie di Cornelio, papa di Roma, e Cipriano, vescovo di Cartagine, martiri; di Pavel Evdokimov, mistico e teologo ortodosso; e di François Xavier Nguyên Van Thuân, vescovo e testimone; i Martiri della Notte delle matite spezzate, in Argentina.

Presbitero romano, Cornelio, fu eletto papa nel 251. Durante il suo pontificato dovette occuparsi della situazione in cui si trovavano i cristiani che avevano apostatato durante la persecuzione. Nella Chiesa erano venute affermandosi due posizioni estreme: quella lassista di chi riteneva non doversi imporre nessun tipo di penitenza ai “lapsi” (i caduti) e quella intransigente di chi, come Novaziano (il primo antipapa della storia), sosteneva l’impossibilità del perdono. Cornelio dichiarò che la Chiesa può perdonare i caduti pentiti, può riammetterli ai sacramenti e reinserirli nella comunione piena, dopo opportune penitenze. Quando la persecuzione contro i cristiani ricominciò nel 253, sotto l’imperatore Gallieno, Cornelio fu esiliato a Centum Cellae (Civitavecchia), dove morì martire in seguito alle privazioni che dovette affrontare.

Cipriano nacque all’incirca nell’anno 200 in Africa del Nord. Avvocato famoso, divenne cristiano nel 246 e due anni più tardi fu scelto come vescovo di Cartagine. Per ciò che riguarda il problema dei “lapsi”, Cipriano assunse la stessa attitudine del vescovo di Roma. Durante la persecuzione di Valeriano, fu arrestato, processato e decapitato, il 14 settembre 258. Lasciò numerose lettere e trattati di teologia. Gli “atti” del suo martirio sono stati conservati fino ai nostri giorni.

Pavel Nicolaievic Evdokimov, considerato uno dei maggiori maestri della teologia e della spiritualità ortodossa del sec. XX, nacque a San Pietroburgo (Russia) il 2 agosto 1901. Suo padre morì assassinato quando Pavel aveva solo sei anni. Di famiglia aristocratica, allo scoppio della rivoluzione, si recò a Kiev, dove nel 1918 iniziò gli studi di teologia. Nel 1921, costretto all’esilio, si recò prima a Istanbul, dove si mantenne facendo il tassista, e, due anni più tardi, a Parigi, dove lavorando di notte come aiuto-cuoco, riuscì a portare a termine gli studi teologici, frequentando l’Istituto San Sergio, dove conobbe Serghei Bulgakov e Nicolai Berdiaev e dove, in seguito, insegnò teologia morale. Sposato nel 1927 a Natascia Brunel, ebbe da lei due figli. Durante la seconda guerra mondiale si prestò attivamente a salvare numerosi ebrei dalla deportazione nei campi di sterminio nazisti. Direttore del Centro di Studi Ortodossi di Parigi, promosse un’intensa attività ecumenica e, durante l’ultima sessione del Concilio Vaticano II, fu invitato a parteciparvi come osservatore dal Segretariato per l’Unità dei Cristiani. Morì a a Meudon, in Francia, il 16 settembre 1970.

François Xavier Nguyên Van Thuân era nato il 17 aprile 1928 a Huê (Viêt Nam). Discendeva da una famiglia di lunga tradizone cristiana, che annoverava nel suo albo genealogico numerosi martiri. Entrato in seminario, vi compì gli studi di filosofia e teologia fino alla sua ordinazione a prete, l’11 giugno 1953. Di ritorno da Roma, dove si era recato per laurearsi in Diritto Canonico, fu prima professore poi rettore del seminario e, dal 1967, vescovo do Nha Trang. Il 24 aprile 1975, Van Thuân venne nominato da Paolo VI Arcivescovo Coadiutore di Saigon (oggi Thành phố Hồ Chí Minh), ma pochi mesi dopo la sua nomina, il 15 agosto 1975, venne arrestato e inviato, senza processo né sentenza, in un “campo di rieducazione”, dove rimase per tredici anni, nove dei quali in isolamento assoluto. Non avendo potuto portare nulla con sé, né libri, né effetti personali, cominciò a raccogliere pezzetti di carta in cui annotava le frasi del Vangelo che ricordava. Furono circa trecento i biglietti che costituirono così la sua personalissima Bibbia, che l’accompagnò in quegli anni. Seppe conquistarsi l’amicizia di due guardie, che gli permisero di tagliare un pezzetto di legno per farsi una croce, e gli diedero un filo elettrico per intrecciare una catenina. Dirà: “Questa Croce è una continua chiamata: amare sempre! Perdonare sempre! Vivere il presente per l’evangelizzazione! Ogni minuto deve essere per l’amore verso Dio”. Scarcerato il 21 novembre 1988 ed espulso dal suo paese, Nguyên Van Thuân si recò in Italia, dove fu nominato Presidente del Pontificio Consiglio “Giustizia e Pace”. Nel Concistoro del 21 febbraio 2001 fu creato cardinale da Giovanni Paolo II. Morì il 16 settembre 2002, all’età di 74 anni.

Quella che è ricordata come la “Notte delle matite spezzate” rappresenta uno degli episodi più crudeli ed emblematici del terrorismo di Stato, inaugurato in Argentina nel 1976. Ebbe luogo a La Plata (Argentina), nella notte del 16 settembre 1976, quando vennero sequestrati sei studenti della Union Estudiantil Secundaria (UES), “colpevoli”, secondo le autorità, della partecipazione alle manifestazioni contro l’abolizione del tesserino che consentiva agli studenti liceali sconti sul prezzo dei libri di testo ed una riduzione del biglietto per l’utilizzo dell’autobus. I sei giovani erano: Francisco López Muntaner, María Claudia Falcone, Claudio de Acha, Horacio Angel Ungaro, Daniel Roberto Racero e María Clara Ciocchini, tutti di un’età compresa tra i sedici e i diciotto anni. Grazie alla testimonianza di un altro giovane sequestrato che sopravvisse, Pablo Diaz, si potè ricostruire, nel processo che seguì la fine della dittatura, le torture subite da loro e da molti altri nelle settimane che precedettero la loro eliminazione violenta: scosse elettriche in tutto il corpo, le unghie strappate, manette ai polsi, una corda al collo, senza possibilità di lavarsi. Le ragazze violentate ogni notte. Senza però disanimare, per l’ansia di vivere, la certezza della libertà, le canzoni e le preghiere. Poi, solo il silenzio.

E, prendendo spunto anche da questo, nel congedarci, vi offriamo in lettura un brano di Pavel Evdokimov, tratto dal suo libro “Le età della vita spirituale” (EDB). Che è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
“Al principio”, nel tempo della prova decisiva per l’uomo, il fallimento clamoroso della sua opzione l’ha fatto cadere al di sotto del suo essere e l’ha immerso nella vita dei sensi e della materia; l’uomo è divenuto carnalmente e sensualmente ottenebrato. L’economia della salvezza lo innalza al di sopra del suo essere, fino al piano della nuova creatura. La dialettica di san Paolo ha qui il suo punto di partenza: “Quantunque l’uomo esterno si disfaccia, pure l’uomo interno si rinnova di giorno in giorno” (2Cor 4,16). “Avete svestito l’uomo vecchio coi suoi atti e rivestito il nuovo” (Col 3,9). La vita spirituale si orienta da allora precisamente verso questa metamorfosi: “rivestire l’uomo nuovo”. Il “nuovo” di quest’uomo è nel fatto che egli non è più solo; più profondamente e al centro della sua trasformazione è l’ “uomo rivestito di Cristo”, “l’essere cristificato”. I Padri prendono in un certo senso alla lettera il fatto di rivestire il Cristo e vedono in questo la proiezione, o più esattamente il prolungamento nell’uomo dell’incarnazione del Verbo, perpetuata anzitutto nel mistero eucaristico. Essi insegnano perciò non a “imitare” ma a “interiorizzare” il Cristo. Questa interiorizzazione non è una pura metafora, che forzerebbe i termini, ma ha radici profonde in Dio stesso. Se l’incarnazione riflette una certa antropomorfia di Dio (una misteriosa conformità originale la condiziona), essa rivela soprattutto e sicuramente la teomorfia dell’uomo. Da un punto di vista biblico l’incarnazione perfeziona la nostra natura fatta a immagine di Dio e rivela la struttura manifestamente cristologica della vita spirituale. L’uomo percorre così una distanza vertiginosa all’interno del suo essere. San Paolo cita un inno della Chiesa primitiva che ha una carica dinamica esplosiva: “Risvegliati, o tu che dormi, e risorgi dai morti, e Cristo t’inonderà di luce”. Una variante ne rafforza ancora il senso: “e toccherai il Cristo” (Ef 5,14). Questo passaggio dallo stato di morte allo stato di vita, dall’inferno al Regno, è esattamente l’itinerario della vita spirituale. (Pavel Evdokimov, Le età della vita spirituale).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 16 Settembre 2018ultima modifica: 2018-09-16T22:56:50+02:00da fraternidade
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