Giorno per giorno – 14 Settembre 2018

Carissimi,
“Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna. Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui” (Gv 3, 16-17). Perché il mondo intero si salvi, non solo qualcuno, non solo i suoi adoratori o devoti, né solo i battezzati: tutti. A Dio non interessa giudicare, né tanto meno condannare, vuole salvare. E la salvezzza comincia qui ed ora, sempre che lo vogliamo, attraverso l’adesione al Figlio, nel quale tutti arriviamo a concepirci come figli dell’unico Padre e, perciò, fratelli e sorelle tra di noi. Questa è la salvezza, la vita di Dio, che è posta a nostra portata di mano. Quella che così spesso e così tanti rifiutano. La festa odierna, ben oltre l’episodio in sé della scoperta dei luoghi della passione del Signore, che si vuole ne sia all’origine, vuole porre al centro della nostra attenzione il mistero della croce, che racconta il nullificarsi di Dio nel Figlio, per amore dei figli, perché nessuna altra immagine di Lui, da allora, ci accompagni, che non sia quella dell’amore senza condizioni e condizionamenti, che dà continuamente vita al mondo. Nella certezza, o speranza, o illusione divina, di riuscire a trascinare anche noi “tutti” in questa sua avventura (cf Gv 12, 32). Al dopo ci penserà lui, ma, ora, oggi, che gli risponderemo?

Oggi, celebriamo la festa dell’Esaltazione (o dell’Allegria) della Croce.

Un’antica tradizione vuole che, durante il regno di Costantino, sua madre, Elena, si sia recata in Palestina a cercare i luoghi più significativi della nostra fede. Avendo localizzato, uno vicino all’altro, quelli che ritenne essere i luoghi della crocifissione e sepoltura di Gesù (localizzazione che gli archeologi moderni ritengono verosimigliante), costruì lì la Basilica del Santo Sepolcro, che fu consacrata il 14 settembre dell’anno 335. La coincidenza con i giorni in cui gli ebrei celebravano la festa di “Simchat Torah” (la “Gioia della Torah”), che commemorava il dono della Legge, ne fece in qualche modo il suo corrispondente cristiano, la festa gioiosa per il dono della nuova Legge, la Croce, simbolo dell’amore che abbraccia il mondo intero.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono propri della festa odierna e sono tratti da:
Libro dei Numeri, cap.21, 4-9; Salmo 78; Lettera ai Filippesi, cap. 2,6-11; Vangelo di Giovanni, cap. 3,13-17.

La preghiera del venerdì è in comunione con i fedeli della Umma islamica che confessano l’unicità del Dio clemente e ricco in misericordia.

Il Gianismo è una religione e una dottrina filosofica che si è sviluppata in India a partire dal VI sec. a.C., sull’onda della predicazione di Vaddhamana, detto anche il Mahâvira (il “grande eroe”), l’ultimo dei ventiquattro Tīrthankaras, i grandi “illuminati” della Comunità, detti anche Jina (vincitori). Riconosce il suo principio supremo nell’ahimsa, il rifiuto di ogni forma di violenza. I fedeli Digambara (“vestiti di cielo”), che costituiscono una delle due maggiori correnti in cui è il Gianismo è diviso, celebrano, dal 4 al 13 del mese di Bhadrapad (quest’anno, nel nostro calendario, dal 14 settembre al 23 settembre), la festa di Paryushana Parva, detta anche, dai Digambara, Dashlakshan Parva (“I giorni delle Dieci Virtù”): un tempo “forte” dell’anno, in cui ci si prefigge di riprendere più incisivamente il cammino della propria personale purificazione. Sono, infatti, i “giorni propizi” (parva) per bruciare (ushan) tutti i tipi (pari) [sottinteso di karma, le conseguenze delle nostre azioni]; o anche: per sopprimere tutti i tipi [di kashäyas, passioni, le cause delle nostre azioni]. I fedeli sono a tal fine sollecitati a riflettere (per così meglio praticarle) sulle dieci supreme virtù dell’anima: Kshama (pazienza), Märdav (umiltà), Ärjav (schiettezza), Shauch (appagamento), Satya (verità), Samyam (autocontrollo), Tapa (austerità), Tyäga (carità), Äkinchan (non possessività) e Brahmacharya (castità conforme al proprio stato). Fondamentale in questi giorni è l’osservanza del digiuno, considerato come un viaggio spirituale che permette di entrare nell’intimità dell’anima e di purificare il corpo di tutte le sue tossine e veleni. L’altra corrente del Giainismo, rappresentata dagli Svetambara (“vestiti di bianco”), celebra questa festa negli otto giorni che culminano nel 4 del mese di Bhadrapad. Che è, appunto, oggi.

È tutto, per stasera. E noi ci si congeda qui, proponendovi un brano del bel libretto di Olivier Clément “Il potere crocifisso. Vivere la fede in un mondo pluralista” (Qiqajon). Che è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Se il potere della morte, malgrado tutto, sembra in certi momenti, in certi luoghi, imbalsamare la storia, ridurla a una sorta di zoologia, si può ancora conservarla aperta attraverso il martirio, che costituisce la prima e fondamentale esperienza mistica del cristianesimo. Nel martirio, il potere che vuole farsi idolatrare è accettato nella sua legittimità, rifiutato nella sua pretesa totalitaria; esso permette così, suo malgrado, una testimonianza paradossale di morte-risurrezione che faceva dire agli antichi romani che i cristiani sono “quelli che non hanno paura della morte” . Ci sono molte forme di “martirio”, banali, dissimulate, quotidiane. L’essenziale è che il cristiano sia un battezzato che ha dietro di sé la Morte (con la maiuscola), dietro di sé e non più davanti a sé, non più in sé, e che quindi non la diffonda, non la trasmetta più, ma doni e trasmetta la Vita (anch’essa con la maiuscola). Un vivente che dia la vita, anche e soprattutto quando è oppresso dalla propria croce, anche e soprattutto quando non comprende più ma si rifugia ai piedi della croce. Un vivente che dia la vita: tale è, forse, il potere della fede. (Olivier Clément, Il potere crocifisso. Vivere la fede in un mondo pluralista).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 14 Settembre 2018ultima modifica: 2018-09-14T22:56:13+02:00da fraternidade
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