Giorno per giorno – 06 Ottobre 2016

Carissimi,
“Quale padre tra voi, se il figlio gli chiede un pesce, gli darà al posto del pesce una serpe? O se gli chiede un uovo, gli darà uno scorpione? Se dunque voi, che siete cattivi, sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro celeste darà lo Spirito Santo a coloro che glielo chiedono!” (Lc 11, 11-13). Al centro della nostra preghiera è sempre la figura del Padre. Il Padre a cui ci rivolgiamo, che Gesù ha incarnato e di cui siamo chiamati, rispettando il nostro dna, ad essere immagine. Nella parabola dell’uomo che va a svegliare l’amico, a mezzanotte, perché gli dia il pane necessario per sfamare un terzo amico, giunto da lui, di notte (cf Lc 11, 5-8), ci siamo dentro, alternativamente, tutti, nella figura dil bisognoso, dell’intercessore, del donatore, se abbiamo accettato la chiamata di Gesú. Qual è il Dio che noi testimoniamo a chi è nel bisogno? Noi siamo così abituati a vedere solo i nostri, di bisogni, che alle necessità degli altri, spesso, nemmeno facciamo caso. Eppure è nel bisogno dell’altro che Dio si nasconde, ed è a lui che, ad imitazione di Gesù, dovremmo rispondere, svegliandoci dal sonno della nostra indifferenza, testimoniando così che siamo morti all’egoismo del Sistema-mondo, e risorti alla vita di Gesù, che disegna la presenza di Dio nella storia. A chi oseremo chiudere la porta in faccia, a chi negheremo la nostra mano, chi allontaneremo con fastidio, chi tratteremo con malcelato disprezzo, chi fingeremo di non vedere, senza rinnegare il nostro essere cristiani? Chiediamo, dunque, come prima cosa, nella nostra preghiera, il dono del suo Spirito, che ci faccia, almeno un po’, come Lui. Non ci sarà negato.

Oggi è memoria di Bruno di Colonia, monaco fondatore della Certosa, e di William Tyndale, riformatore e martire.

Nato, nel 1030, a Colonia (nell’attuale Germania), in una nobile famiglia, Bruno di Hartenfaust, una volta ordinato sacerdote, si dedicò per venticinque anni all’insegnamento della Teologia, nell’archidiocesi di Reims. A cinquantaquattro anni, dopo un ritiro nell’abbazia di Molesmes, in Francia, decise, con sei compagni, di darsi alla vita eremitica nella regione allora disabitata della Chartreuse. Abitando in piccole abitazioni individuali, i monaci presero a vivere un’esistenza austera, silenziosa e laboriosa, riunendosi solo per pregare insieme l’Ufficio Divino. Nacque così l’Ordine dei Certosini. Quattro anni più tardi, il papa Urbano II, suo antico allievo, lo volle a Roma come suo consigliere, per dar mano alla riforma della Chiesa. Ma l’atmosfera che si respirava alla corte pontificia e i crescenti dissidi tra il papa e l’imperatore non dovettero piacere granché all’austero monaco, che nel 1092, preferì tornare alla sua vita, recandosi questa volta in Calabria, dove fondò l’eremo di Serra, nei pressi di Squillace. Lì morì il 6 ottobre dell’anno 1101.

William Tyndale era nato nel 1493 nella contea di Gloucester. Poco si sa della sua giovinezza, salvo il fatto che studiò ad Oxford e a Cambridge. Divenuto prete, subì presto l’influenza delle idee riformatrici di John Wycliff, che sosteneva la necessità per la gente comune di riappropriarsi della Bibbia. Per fronteggiare questa “minaccia”, da oltre un secolo, nel 1408, era stata approvata una legge che proibiva ogni traduzione della Bibbia in inglese e comminava la scomunica a chiunque si azzardasse a leggere la Sacra Scrittura. Sorpreso per l’ignoranza che caratterizzava gran parte del clero, Tyndale dichiarò un giorno ad uno dei suoi colleghi: “Se Dio mi darà vita a sufficienza, farò sì che un qualunque popolano arrivi a conoscere la Bibbia più di voi”. Fino ad allora, l’unica traduzione disponibile della Bibbia era quella manoscritta da Wycliffe, distribuita clandestinamente dai Lollardi. Basata sulla Vulgata latina e non sui testi originali ebraici e greci, era tuttavia piuttosto approssimativa. Tyndale chiese allora al Vescovo di Londra, Cuthbert Tunstall, il permesso di intraprenderne una nuova. Ma, invano. Deluso, nel 1524, lasciò il Paese, recandosi ad Amburgo, dove si dedicò a tempo pieno a quello che ormai considerava il compito della sua vita. Scoperto e denunciato, fuggì a Worms, dove riuscì a dare alle stampe e ad inviare in Inghilterra la prima edizione della traduzione del Nuovo Testamento in lingua corrente. Era il 1526. Il vescovo Tunstall non gradì e ordinò di bruciare nella pubblica piazza tutte le copie sequestrate. Trasferitosi ad Anversa, dove contava di essere piú al sicuro, Tyndale pubblicò nel 1530 il Pentateuco e la seconda edizione del Nuovo Testamento. Sfortunatamente, nel maggio del 1535, tradito da un suo connazionale di nome Henry Phillips, fu arrestato e rinchiuso nella prigione di Vilvoorde, nei pressi di Bruxelles. Processato da un tribunale della Chiesa d’Inghilterra, che Enrico VIII aveva da poco reso indipendente da Roma, Tyndale fu condannato a morte. Prima di essere strangolato e poi bruciato, in piazza a Bruxelles, il 6 ottobre 1536, gridò: “Signore, apri gli occhi del Re d’Inghilterra!”. E l’anno successivo, di fatto, Enrico VIII avrebbe concesso la sua approvazione alla traduzione e alla diffusione della Bibbia di Tyndale.

Bene, i testi che la liturgia propone oggi alla nostra riflessione sono tratti da:
Lettera ai Galati, cap.3, 1-5; Salmo (Lc 1, 69-75); Vangelo di Luca, cap. 11, 5-13.

La preghiera del giovedì è in comunione con le religioni tradizionali indigene.

Per stasera è tutto. Noi ci si congeda, offrendovi in lettura il brano di una delle “Meditationes”, scritta da Guigo II, nono priore della Chartreuse, fondata da san Bruno. Che è così, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Mi accorgo, Signore, che la terra del mio spirito è ancora inconsistente e vuota, che le tenebre ricoprono la superficie dell’abisso (cfr. Gen 1,2).E inconsistente perché naviga in una misera inquietudine causata dalla vanità di cose vuote e dalle sue immaginazioni; è vuota dei frutti di buone opere, o come dice un’altra versione della Scrittura, è invisibile e informe. Essa è infatti nella confusione come in una specie di caos spaventoso e oscuro, ignorando sia il suo fine che la sua origine e il modo della sua natura. (…) Essa è certamente informe, poiché non conserva la bellezza delle virtù e la forma dell’immagine divina di cui aveva ricevuto la somiglianza. Così è esiliata nell’abisso del suo accecamento e il suo viso è oscurato dalle tenebre delle sue illusioni. Così è la mia anima, Dio mio, così è la mia anima: una terra deserta e vuota, invisibile e informe, e le tenebre sono sulla superficie dell’abisso. Tuttavia “l’abisso fa sentire la sua voce” (Ab 3,10), e l’abisso inferiore e oscuro chiama l’abisso superiore: tu che sorpassi ogni intelligenza. L’abisso del mio spirito ti invoca, Signore, affinché tu crei, anche da me, dei cieli nuovi e una nuova terra. (Guigo II, Meditationes, V)

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 06 Ottobre 2016ultima modifica: 2016-10-06T22:10:23+02:00da fraternidade
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