Giorno per giorno – 03 Marzo 2018

Carissimi,
“Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai trasgredito un tuo comando, e tu non mi hai dato mai un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che questo tuo figlio che ha divorato i tuoi averi con le prostitute è tornato, per lui hai ammazzato il vitello grasso” (Lc 15, 29-30). È la protesta del figlio maggiore della parabola del figlio prodigo ed è espressione dell’animo religioso, della teologia del merito, della retribuzione, della prosperità, della religione, perciò, ridotta a meretricio (che non a caso ha la stessa etimologia di “merito”, dal latino “merere”, guadagnare). La domanda sottesa è “cosa ci guadagno ad essere religioso”? Il figlio maggiore protesta che non ha mai guadagnato nemmeno un capretto per fare festa con gli amici. Un premio ci deve essere, insomma, o la prosperità di qui, o la beata eternità di là. A fronte di questo, risuona la domanda che, in un’altra parabola, esprime bene la logica di Dio: “Hai forse invidia per il fatto che sono buono?” (Mt 20, 15). Dio non guarda ai meriti, che esprimono così spesso la nostra mediocrità e incapacità di amare. Dio, semplicmente, ama. Di un amore puro, gratuito, disinteressato, incondizionato. Ama anche chi non sembra proprio meritarlo, per la sua pochezza, insignificanza, peccato, perché piú che in ogni altra situazione, rivela appieno la natura del suo amore. Storia di due figli che non conoscono il Padre, vivendo la relazione con Lui (la religione), come una prigione, da cui scappare appena si può (come il figlio più giovane), alla ricerca di un’improbabile libertà, o da sopportare a muso lungo, in attesa che se ne ricavi qualcosa. Figli in attesa di conversione. Al volto del Padre. Conversione che la Quaresima propone anche a noi.

Il calendario ci porta oggi la memoria di Marino di Cesarea, martire in Palestina.

La sua vicenda ci è narrata dallo storico Eusebio. Marino era soldato cristiano a Cesarea, in Palestina, nella seconda metà del 3° secolo, sotto l’imperatore Gallieno. Resosi vacante un posto di centurione, gli fu notificata la promozione ed egli era solo in attesa della cerimonia di investitura. Un collega, tuttavia, che ambiva a quell’incarico, lo denunciò al tribunale, perché, come cristiano, non aveva sacrificato all’imperatore (oggi si direbbe: aveva rifiutato di giurare fedeltà alla patria). Il giudice lo convocò e gli chiese quale fosse la sua religione. Il soldato rispose: “Sono cristiano”. Allora il giudice gli diede tre ore di tempo per riflettere e decidere quale fosse la sua identità: se soldato o cristiano. Dato che non era possibile essere contemporaneamente soldato e cristiano. Uscito dal tribunale, Marino incontrò il vescovo Teotecno e gli chiese: “Che debbo fare?”. Il vescovo lo prese per mano, lo portò in chiesa, poi, mostrandogli la spada che portava al fianco e il Vangelo collocato sull’altare, gli disse: “Tocca a te scegliere”. Marino senza esitazione scelse il Vangelo. “Sii dunque di Dio, gli disse allora Teotecno, sii con Dio e, forte nella grazia, consegui ciò che hai scelto. Va’ in pace!”. (Questa dovrebbe essere la funzione dei cappellani [presso i] militari!). Marino tornò in tribunale e, davanti al giudice, proclamò la sua fede “con coraggio ancora più grande”. Questo bastò perché fosse pronunciata, immediatamente, la condanna alla pena capitale e, subito dopo, eseguita la sentenza.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Profezia di Michea, cap.7, 14-15. 18-20; Salmo 103; Vangelo di Luca, cap.15, 1-3. 11-32.

La preghiera del Sabato è in comunione con le comunità ebraiche della diaspora e di Eretz Israel.

Sul tema della nonviolenza, che la figura di Marino di Cesarea richiama, e, più specificamente, sul suo radicarsi nell’evento di Gesù, scegliamo di proporvi un brano della testimonianza che Thomas Siemer, ingegnere statunitense, convertito dalla progettazione di missili nucleari alla battaglia per la pace, presentò ad Assisi, nel corso del 38º Convegno giovanile della Cittadella, che aveva come titolo “Smilitarizzare l’uomo”. È questo, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Abbiamo un Dio misericordioso. Gesù Cristo ci ha insegnato la nonviolenza 2000 anni fa. Francesco d’Assisi ci ha insegnato la stessa cosa. Io sono dovuto arrivare all’età di 46 anni per scoprire la regola del terzo ordine francescano, cioè di non portare le armi. In questi ultimi tempi la chiesa e i francescani conducono con sempre maggior vigore la battaglia della nonviolenza. Credo che abbiamo raggiunto un punto nella storia in cui o accettiamo l’insegnamento nonviolento di Cristo o moriremo tutti. […] Io credo che se i cristiani non sono in grado di dire no alle armi nucleari, dal momento che essi dovrebbero amare il proprio nemico, allora nessuno ne è capace. Mi domandavo perché nessuno mi aveva insegnato che era sbagliato quello che facevo prima. Mi ricordai che è il vescovo a mettere il suo imprimatur su quello che viene insegnato; così, con mio nipote, negli Stati Uniti, andavamo a caccia di… vescovi. Li raggiungevamo nei ristoranti, quando prendevano la loro macchina, andavo ai loro incontri a Washington e Chicago. Quest’anno a maggio i vescovi degli Stati Uniti hanno scritto una lettera molto forte sul disarmo e sulle armi nucleari. Così ho deciso di riprendere il mio appello al Papa e di ritornare in Italia questa estate, periodo in cui ho digiunato per quaranta giorni. Molta gente dice che sono pazzo perché vado in giro per il mondo a predicare la pace, ma penso che sia molto più pazzo l’uomo che sta seduto nelle basi missilistiche e sa che prememdo quel bottone si impegna nell’eventuale uccisione di migliaia di persone e condannerá a morte sua moglie, i suoi figli e tutto ciò che ama. Per questo preferiscco la mia pazzia. (Thomas Siemer, Preferisco la mia pazzia).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 03 Marzo 2018ultima modifica: 2018-03-03T22:18:15+01:00da fraternidade
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