Giorno per giorno – 01 Marzo 2018

Carissimi,
“C’era un uomo ricco, che vestiva di porpora e di bisso e tutti i giorni banchettava lautamente. Un mendicante, di nome Lazzaro, giaceva alla sua porta, coperto di piaghe, bramoso di sfamarsi di quello che cadeva dalla mensa del ricco. Perfino i cani venivano a leccare le sue piaghe” (Lc 16, 19-22). Muoiono i due, continua la parabola, e Lazzaro fu portato dagli angeli nel seno di Abramo, mentre il ricco, di cui non si dice che fosse particolarmente malvagio, ma solo che viveva nel lusso, senza accorgersi del povero che stava alla sua porta, finì all’inferno. E, in genere, nella riflessione, ci si ferma qui. La conversazione tra il ricco e il padre Abramo che viene subito dopo, scivola via senza destare troppi interrogativi. Ciò che importa sembra essere solo il fatto di sapere che l’inferno c’è. Un inferno strano, per altro, dove chi ci si ritrova, implora un po’ di sollievo per sé, ma non solo, si preoccupa e prega per la salvezza di chi è ancora in vita. Il tutto è occasione per Abramo di spiegare la scelta di campo che compie Dio (da sempre, del resto), e che risulta essere il contrario di certa teologia della prosperità (così in voga in certe chiese o movimenti ecclesiali), dove la ricchezza accumulata è vista, invece che come frutto del peccato, come segno della benedizione di Dio, a favore di una teologia della solidarietà, che, nella distribuzione della ricchezza e nella fruizione comune dei beni, esprime l’essere e l’agire di Dio (e di chi voglia, perciò, testimoniarlo). Per convincerci e convertirci a questa logica e per colmare così l’abisso che si è venuto a creare tra ricchi e poveri, dove non riesce l’insegnamento della Bibbia (Mosè e i Profeti), non riuscirà neppure (come non è riuscito alla nostra civiltà “cristiana”), l’apparire del Risorto dai morti: “Se non ascoltano Mosè e i Profeti, neanche se uno risuscitasse dai morti saranno persuasi” (v. 31). Cosicché, peggio che allora, quando i poveri arrivavano almeno alle porte dei ricchi e in qualche modo si sfamavano, oggi si costruiscono muri, barriere e reticolati, per impedirne l’arrivo o li si lascia affogare in mare. Con la coscienza tranquilla. Persino col rosario in mano, o la Bibbia sottobraccio. Ecumenismo dell’epoca di Trump e dei suoi emuli. Ma è solo l’inferno.

Con le Chiese anglicana e luterana ricordiamo oggi la memoria di George Herbert, presbitero della Chiesa d’Inghilterra e poeta; e, qui in Brasile, quella di Milton Schwantes, biblista, animatore della lettura popolare della Bibbia.

George Herbert nacque a Montgomery-Castle, nel Galles, il 3 aprile 1593, quinto figlio di Richard e Magdalen Newport Herbert. Dopo aver conseguito la laurea al Trinity College di Cambridge, il giovane George ebbe il posto di “pubblico oratore” all’università e divenne nel contempo membro del Parlamento. Tutto faceva presagire l’inizio di una carriera politica di successo, ma nel 1625, alla morte di Giacomo I, Herbert, solo trentaduenne, decise di abbandonare simili ambizioni, per rispondere ad un’altra chiamata. Dopo il matrimonio, nel 1626, ricevette infatti l’ordinazione a presbitero e gli fu affidata la cura di una parrocchia rurale, a Bermerton, nel Wiltshire, dove nei pochi anni che gli restarono di vita si mostrò pastore attento ai bisogni spirituali e materiali del suo gregge. Quando seppe imminente la morte, chiamò l’amico Nicholas Ferrar, fondatore della comunità monastica di Little Gidding, e gli consegnò il manoscritto della sua raccolta di poesie, The Temple (Il Tempio), lasciando a lui la scelta di pubblicarlo o di distruggerlo. Morì nella sua parrocchia di Bermerton, il 1° marzo 1633. Nei cinquant’anni successivi, The Temple avrebbe raggiunto le tredici edizioni. Nel 1652, sarebbe stato pubblicato postumo anche un altro libro, questa volta in prosa, The Country Parson, his Character and Rule of Holy Life (“Il Parroco di campagna, Suo carattere e ruolo nella vita spirituale”).

Milton Schwantes era nato il 26 aprile 1946 a Carazinho (Rio Grande do Sul – Brasile), da Eugênia Graeff e Delfino Schwantes, quarto figlio di una famiglia di agricoltori. Nel 1951, alla morte del padre, la famiglia si trasferì prima a Nova Petropolis, poi a São Leopoldo, dove la madre trovò lavoro come cuoca presso l’Istituto pre-teologico luterano, riuscendo così a garantire gli studi ai figli, di cui tre diventeranno pastori e uno insegnante. Nel 1966, due anni dopo il golpe che aveva portato i militari al potere, il diciottenne Milton fece il suo ingresso nella facoltà di teologia della IECLB (Chiesa Evangelica di Confessione Luterana del Brasile), dove cominciavano a far sentire la loro influenza autori come Bonhoeffer, con il suo “Resistenza e Resa”, Schaull, con la sua “Teologia della Rivoluzione” e Moltmann con la “Teologia della Speranza”. Dal versante cattolico, il pontificato di Giovanni XXIII, il Concilio da lui convocato, le sue encicliche, non mancarono di aver ripercussioni anche sul protestantesimo latino-americano. Terminati nel luglio del 1970 gli studi alla facolta di teologia, Milton sposò Elisabeth Klein, e l’anno successivo si trasferì in Germania, dove, all’università di Heidelberg, conseguì la sua specializzazione, preparando e difendendo una tesi dal titolo “Il diritto dei poveri”. Tornato in patria, nel 1974, fu inviato come pastore a Cunha Porã (Santa Catarina). Vi restò fino al luglio 1978, quando fu inviatato ad essere professore di Antico Testamento, nella facoltà teologica della IECLB, a São Leopoldo. Scelse tuttavia di vivere in un quartiere popolare, per fare teologia in primo luogo con la gente semplice del vicinato. Nel frattempo, nella situazione di generalizzata repressione che il Brasile conosceva in quegli anni, era entrato in contatto con i movimenti popolari di resistenza, con le comunità di base e gli ambienti della teologia della liberazione. Questo lo portò a partecipare negli anni successivi al grande progetto della lettura popolare della Bibbia (una lettura a partire dalla realtà e in difesa della vita, lasciando la parola ai poveri), portata avanti in ambito ecumenico, attraverso la sua partecipazione al CEBI, il Centro di Studi Biblici a carattere interconfessionale, sorto nel 1979 per iniziativa di Jether e Lucilia Ramalho, Agostinha Vieira de Mello e Carlos Mesters. Trasferitosi a Guarulhos (São Paulo), nel 1987, continuò a coniugare cura pastorale e insegnamento, questa volta all’Universitá Metodista. La sua casa aprì allora le porte non solo ai fedeli affidati alle sue cure, ma anche a quanti, provenienti dai luoghi più disparati del pianeta desideravano conoscere il lavoro delle comunità ecclesiali di base, di cristiani mossi dalla certezza che in Gesù si ottiene la liberazione e che Dio è un Dio che ci libera dalle schiavitù sociali, politiche, economiche e spirituali. Continuò così finché la salute glielo permise. A partire dall’agosto 2002, un’operazione per asportare un tumore benigno all’ipofisi, gli lasciò conseguenze che ne limitarono grandemente le attività. Seppe tuttavia anche così offrire una grande testimonianza di sopportazione e di gioia. Schwantes si è spento il 1º marzo 2012, lasciando la seconda moglie e le sue tre figlie.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Profezia di Geremia, cap.17, 5-10; Salmo 1; Vangelo di Luca, cap.16, 19-31.

La preghiera del Giovedì è in comunione con le religioni tradizionali indigene.

È tutto, per stasera. Noi ci si congeda qui, offrendovi in lettura una riflessione di Milton Schwantes che, sotto il titolo “Tudo é espontâneo”, troviamo in rete nel sito “No caminho de Jesus”. Ed è questo, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Tu partecipi alla comunità per tua decisione. Chi decide sei tu! L’iniziativa è tua! È spontanea. Ed è bene che nella comunità tutto sia così spontaneo. Non si può forzare. Nessuno è obbligato a unirsi a una comunità. Si è tenuti a pagare le tasse, a pagare acqua e luce. Se non paghi, non avrai né acqua né luce. Ti sospenderanno l’erogazione. Nella Chiesa è tutto diverso. Non c’è nessuna sospensione. Ti integri e partecipi per una tua libera decisione. Non esiste obbligo. Quindi tutto ciò che accade nella nostra comunità “dipende” da noi. A volte c’è chi mi dice: “Dobbiamo fare questo…”, “Dobbiamo esigere quello…”. Ed io sono anche d’accordo sul contenuto di questo “dovere”. Davvero “dovremmo” avere più partecipazione. “Dovremmo” avere una migliore illuminazione nella nostra chiesa. “Dovremmo” dare un contributo maggiore nella nostra società, nella soluzione dei suoi problemi. Sono pienamente d’accordo su tutto questo. Ma siamo io e te, tutti noi, che “dobbiamo” farlo. Nessuno lo farà al posto nostro. Questo “dovere” vale prima di tutto per noi stessi, per me e per te. E, oltre tutto, siamo liberi di decidere per il sì o per il no. La cosa è spontanea. La tentazione di forzare e di obbligare è grande. Non di rado le stesse chiese cadono in questa trappola. Cercano di forzare la partecipazione. Per esempio, minacciano con l’inferno. Esigono la decima. Costringono le persone ad essere così o così, per dimostrare che sono cristiani. Sono tentazioni! E il peggio è che funziona! Sì, a noi umani a volte piace anche essere costretti. Non sempre ci piace la libertà. Perché, in fondo, è molto più difficile vivere in libertà. Ma questa è la via del vangelo di Gesù. “Siamo chiamati alla libertà” (Galati 5, 13). Non siamo più schiavi, non siamo soggetti a imposizioni, a obblighi. Viviamo in libertà! Quando ci sentiamo obbligati a stare nella Chiesa, quando siamo ancora fermi a quel “dobbiamo”, è perché i segni del vangelo della libertà in Cristo non si stanno ancora manifestando in noi. Con il Vangelo, la nostra partecipazione viene spontaneamente. Qui siamo come un arancio: gli piace produrre arance buone, saporite e belle. Sarebbe molto strano se un albero di arance “dimenticasse” di fiorire e di riempirsi di frutti bellissimi. Che strano albero sarebbe se dimenticasse di produrre spontaneamente arance saporite! Sai cosa: nella fede, noi siamo proprio simili a questi aranci. In loro tutto è spontaneo. (Milton Schwantes, Tudo é espontâneo).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 01 Marzo 2018ultima modifica: 2018-03-01T22:14:41+01:00da fraternidade
Reposta per primo quest’articolo