Giorno per giorno – 26 Ottobre 2017

Carissimi,
“Sono venuto a portare il fuoco sulla terra; e come vorrei che fosse già acceso! C’è un battesimo che devo ricevere; e come sono angosciato, finché non sia compiuto! Pensate che io sia venuto a portare la pace sulla terra? No, vi dico, ma la divisione” (Lc 12, 49-51). Riusciranno Francielle e Luis Fernando a spiegare a tempo debito al loro Pedro Lucas, che domenica riceverà il battesimo, che è di questo che si tratta, entrare nel e farsi carico del desiderio, dell’urgenza, e con una parola grossa, ma è quella che ascoltiamo qui, dell’angoscia, di Gesù, perché tutto e presto si compia. Ma, l’avranno capito, in profondità, loro stessi, e noi che formiamo la comunità di cui da anni fanno parte? O, invece, le parole ci scorrono addosso senza riuscire ad inquietarci almeno un po’, se non proprio a sconvolgerci la vita? Sentiamo ancora, se mai l’abbiamo sentito, vibrare in noi questo appello di Gesù a dare il nostro contributo perché il fuoco di cui egli dice (l’amore dello Spirito che brucia ogni egoismo) sia acceso in noi e ovunque, e noi si sia battezzati, immersi cioè, ogni giorno di nuovo, nella sua morte di croce, nel sacrificio del nostro io per la vita di tutti, a partire dagli ultimi e più poveri? Sì, di questo si tratta. Il resto, ogni possibile pratica religiosa, la vita della Chiesa, l’appartenenza ad una comunità, la frequenza ai sacramenti, vale se a questo atteggiamento di fondo ci rimanda.

Oggi è memoria di William Temple, pastore e testimone di ecumenismo, e di Hubert Luis Guillard, martire della solidarietà in Colombia.

William Temple, figlio di Beatrice e Frederick Temple, era nato il 15 Ottobre 1881, a Exeter, città di cui il padre era a quel tempo vescovo, prima di diventare, nel 1897, primate della Chiesa d’Inghileterra. Dopo gli studi a Oxford, William decise di seguire le orme paterne; fu, così, ordinato diacono nel 1909 e presbitero nel 1910. Il suo impegno ecclesiale fu sempre accompagnato da una profonda attenzione al mondo dei poveri. Nel 1908 era divenuto presidente dell’Associazione per l’istruzione dei lavoratori e nel 1918 aderì al Partito laburista, all’attuazione del cui programma si dedicò sempre attivamente. Sposatosi nel 1916 con Frances Anson, divenne, nel 1921, vescovo di Manchester, dove si fece conoscere, ammirare e amare, per la sua spiritualità, ma anche per la semplicità, l’umorismo, l’affabilità che lo caratterizzavano. Risalgono a quegli anni due tra i suoi maggiori lavori teologici: La Mente Creatrice e Cristo, la Verità. Nel famoso sciopero generale del 1926 si fece mediatore tra le parti in conflitto e contribuì al raggiungimento di una soluzione gradita a tutti. Nel 1928 fu nominato arcivescovo di York. Dopo che il Fronte Cristiano Unito conquistò l’appoggio di numerosi leader di chiesa, quando ne percepì la deriva reazionaria, Temple non esitò, nel 1937, a denunciarne pubblicamente errori e manovre. Promotore del Consiglio britannico delle Chiese, Temple prediedette nel 1937, a Edimburgo, la seconda conferenza internazionale di Fede e Costituzione, in cui propose di creare un Consiglio Mondiale delle Chiese, che avrebbe trovato realizzazione qualche anno dopo la sua morte. Temple divenne arcivescovo di Canterbury nel 1942, in piena Seconda Guerra Mondiale. Notevole fu il suo zelo per recar sollievo ai rifugiati ebrei, sfuggiti alle persecuzioni hitleriane e il suo appoggio ad una pace negoziata. La sua ultima apparizione in pubblico fu ad un ritiro del clero, che volle ugualmente predicare, nonostante le cattive condizioni di salute. William Temple morì il 26 ottobre 1944 a Westgate-on-Sea, nel Kent. Il calendario della Chiesa d’Inghilterra lo ricorda il 6 novembre, giorno anniversario del suo battesimo.

Hubert Luis Guillard era un prete belga della Congregazione dei padri assunzionisti. Era giunto in Colombia nel 1965, per insegnare in un collegio della sua congregazione, poi, però, si era trasferito in un quartiere povero della periferia di Medellin, dove aveva contribuito a creare una scuola, un ambulatorio e un giardino d’infanzia. Nel 1970, recatosi a Cali, si era stabilito in una baraccopoli e, anche in questo caso, assieme agli abitanti del posto aveva costruito una scuola e un ambulatorio, dedicando poi tutti i suoi sforzi alla creazione di un centro di formazione per la promozione di microimprese, come soluzione al problema della disoccupazione. Nel distretto di Aguablanca, un conglomerato di 23 quartieri totalmente trascurato dalle autorità, senza luce, acqua e fognature, dove frequenti erano inondazioni, incendi ed epidemie, aveva organizzato la parrocchia di El Vergel, come primo nucleo di un’organizzazione popolare che venne via via rafforzandosi. La sera del 10 aprile 1985, tornando con due laici da una riunione al Centro parrocchiale, fu accolto dall’imboscata di una pattuglia dell’esercito. Cinque proiettili lo raggiunsero al cervello. Resterà più di sei mesi in coma, venendo a mancare il 26 ottobre. Aveva 49 anni.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Lettera ai Romani, cap.6, 19-23; Salmo 1; Vangelo di Luca, cap.12, 49-53.

La preghiera del giovedì è in comunione con le religioni tradizionali indigene.

È tutto, per stasera. E, prendendo spunto dalla memoria di Hubert Luis Guillard, scegliamo di congedarci, offrendovi in lettura una pagina del teologo salvadoregno Jon Sobrino, tratta dal suo libro “Tracce per una nuova spiritualità” (Borla). Che è, così, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Con l’amore l’uomo smette di essere centro a se stesso, trova la propria realizzazione nella dedizione all’altro, L’amore liberatore per il povero, di sua propria natura, esige una dedizione radicale ed è con ciò stesso una radicale domanda di de-centramento dell’uomo. Molto concretamente, ciò significa che nella prassi della liberazione all’uomo si chiede se davvero è il dolore dell’ “altro” che egli vuole superare, e se è la liberazione dell’ “altro” quello che cerca. Il povero è “altro” in maniera tale da esigere assolutamente che l’uomo non si faccia centro a se stesso; che nella prassi della liberazione sia davvero quest’ultima ciò che si cerca e non direttamente (anche se in modo sottile) il senso della propria vita anche se di fatto tale senso si trova nella pratica della liberazione. È il povero a porre l’uomo in maniera molto efficace davanti all’alternativa di scegliere se stesso o scegliere l’altro, di accettare o no frasi evangeliche semplici come quella che afferma “è più felice chi dá che chi riceve”. La liberazione dei poveri radicalizza lo spostamento di centro dell’amore fino alla radicale dimenticanza di se stessi. Tale dimenticanza è richiesta in modo molto realistico, perché di propria natura la liberazione dei poveri porta con sé minacce e persecuzioni che mettono in pericolo l’io, e comporta la possibilità, per nulla remota, di dover rinunciare assolutamente a se stessi. La morte e il martirio sono realtà di cui il liberatore deve tener conto. Essere coerenti con la prassi della liberazione significa allora che l’uomo può accettare qualcosa che non è molto evidente; accettandolo o rifiutandolo però l’uomo stesso si va costituendo: che per trovare la vita si debba perderla (Mc 8, 35) e che “nessuno ha amore piú grande di colui che dà la vita per gli amici” (Gv 15, 13). La liberazione dei poveri pertanto esige amore; ma lo esige con una radicalità che non si può conseguire a partire dalla semplice intenzione amorevole né dalla mera prassi in quanto tale. Quest’ultima lo favorisce; ma realizzarlo è affare dello spirito. (Jon Sobrino, Tracce per una nuova spiritualità).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 26 Ottobre 2017ultima modifica: 2017-10-26T22:22:39+02:00da fraternidade
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