Giorno per giorno – 17 Ottobre 2017

Carissimi,
“Voi farisei purificate l’esterno della coppa e del piatto, ma il vostro interno è pieno di rapina e di iniquità. Stolti! Colui che ha fatto l’esterno non ha forse fatto anche l’interno? Piuttosto date in elemosina quel che c’è dentro, ed ecco, per voi tutto sarà mondo” (Lc 11, 39-41). Farisei, finiamo per esserlo un po’ tutti. Per questo il vangelo insiste tanto nel denunciare il peccato dei giusti, che è più pericoloso di quello dei peccatori abituali, perché non conosce se stesso, lo confonde anzi con la giustizia. Il compiere i riti, frequentare i culti, accostarsi ai sacramenti, obbedire scrupolosamente ai precetti, ci fa sentire buoni e, ahinoi, ci fa subito montare in cattedra, per giudicare e condannare gli altri. Condannando, però, per la solidarietà che Gesù ha instaurato con i peccatori, lo stesso Gesù, come succede al fariseo del vangelo di oggi, scandalizzato per il fatto che non abbia compiuto le abluzioni previste prima di mettersi a tavola. Che non era, allora, una semplice norma di galateo. Era una norma del diritto canonico di quell’epoca. Quasi come se oggi qualcuno pretendesse di accostarsi all’eucaristia senza le dovute disposizioni. E Gesù che, da buon provocatore, lo fa di proposito. Per snidare il nostro peccato, additando altro da ciò che noi focalizziamo. Non è il rito in sé che vale, ma compiere ciò che il rito significa. Nel caso dell’eucarista, condividere ciò che si ha e ciò che si è, è questo che ci rende puri e purifica qualsiasi nostro peccato. L’equivalente per eccesso di una confessione sacramentale. Se, al contrario, tenendo tutto per noi, compissimo pure tutte le prescrizioni previste dal rispetto che riteniamo dovuto alla santità del sacramento, saremmo anche noi raggiunti dal severo rimprovero del Signore, sì, proprio noi: Siete pieni di rapina e di iniquità! Perdurando il quale stato, non c’è assoluzione che tenga.

Oggi la chiesa fa memoria di Ignazio d’Antiochia, pastore, padre della Chiesa e martire, e di Madre Antonia Brenner, “angelo del carcere di Tijuana”.

Forse di famiglia pagana e convertito piuttosto tardi al cristianesimo, Ignazio conobbe personalmente gli apostoli Pietro e Paolo. Tra il 70 e il 107 d.C., fu vescovo di Antiochia, succedendo a Pietro e ad Evodio. Di quest’ultimo, parlando agli antiocheni, avrebbe detto: “Ricordatevi del beato Evodio, vostro pastore, il quale per primo vi ha governato, dopo gli apostoli. Mostriamoci degni figli di un tale padre”. Mentre era Vescovo ad Antiochia, l’imperatore Traiano diede inizio alla sua persecuzione. Arrestato e condannato, Ignazio fu condotto in catene da Antiochia a Roma, con un viaggio lunghissimo e assai penoso, durante il quale scrisse sette lettere, dirette a varie chiese, che costituiscono documenti preziosi sulla Chiesa primitiva e sui suoi fondamenti teologici. Scrivendo ai Romani, che temeva potessero intervenire in suo favore per evitargli il martirio scrisse: “Lasciatemi essere il nutrimento delle belve, dalle quali mi sarà dato di godere Dio. lo sono frumento di Dio”. E, giunto a Roma, intorno all’anno 107, il vescovo di Antiochia fu davvero triturato dalle belve del circo, dando testimonianza a Cristo che aveva appassionatamente amato.

Madre Antonia era nata Mary Clarke, a Los Angeles, il 1º Dicembre 1926, nella famiglia cattolico-irlandese di Kathleen Mary Clarke e di Joseph Clarke, facoltoso uomo d’affari. Benché cresciuta nell’ambiente esclusivo di Beverly Hills (California), fin da giovanissima fu educata a prendersi a cuore coloro che vivevano in situazioni di bisogno e a coinvolgersi in programi di aiuto come l’invio di medicinali in zone povere dell’Africa, India, Corea, Filippine, Sudamerica, o fornire assistenza alle organizzazioni sindacali dei contadini. Sposata e divorziata due volte (Brenner è il cognome del secondo marito), ebbe sette figli. Secondo quanto ella stessa raccontò in seguito, nel 1969, sognò di essere prigioniera al Calvario, prossima a subire la sua condanna a morte, quando Gesù le apparve e si offrì di prenderne il posto. Lei lo toccò sulla guancia, e gli disse che non lo avrebbe mai lasciato, qualunque cosa le potesse accadere. L’anno successivo, maturò la decisione di dedicare la sua vita alla Chiesa, in parte a causa di quel sogno. A cinquant’anni scelse di servire Cristo nei carcerati, trasferendosi armi (spirituali) e bagagli nel penitenziario di La Mesa a Tijuana (Messico), dove occuperà una stanzetta, quasi prigioniera tra i prigionieri, finché la salute glielo permetterà, dispensando aiuti materiali e assistenza spirituale ai detenuti, ma anche alle guardie. Nel 1997, incoraggiata dal suo vescovo, iniziò il processo per la formazione di una comunità che condividesse la sua missione, che si concluse con il riconoscimento nel 2003, delle “Serve dell’undicesima ora”. Madre Antonia è scomparsa il 17 ottobre 2013, all’età di 86 anni.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Lettera ai Romani, cap.1, 16-25; Salmo 19A; Vangelo di Luca, cap.11, 37-41.

La preghiera del martedì è in comunione con le religioni tradizionali del Continente africano.

“Dove gli uomini e le donne sono condannati a vivere in estrema povertà, i diritti umani sono violati. Unirsi per assicurare che questi diritti siano rispettati è nostro solenne dovere”. Sono le parole che Padre Joseph Wresinski volle incise nella pietra, al termine di una manifestazione che, convocata il 17 ottobre 1987, aveva riunito 100.000 persone a Parigi, nella Place du Trocadéro, dove il 10 Dicembre 1948 era stata solennemente firmata la “Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo”. L’idea di fondo della manifestazione sarebbe stata ripresa in seguito dall’Onu che volle fare del 17 Ottobre la “Giornata internazionale per lo sradicamento della povertà”. La finalità della celebrazione di questa giornata è quella di promuovere la consapevolezza della necessità di sradicare la povertà e la miseria in tutti i paesi del mondo, in particolare nei paesi in via di sviluppo. Una necessità che è diventata il primo degli Obiettivi del Millennio, da raggiungere entro il 2015. Che noi abbiamo desolatamente già alla spalle.

È tutto, per stasera. Noi ci si congeda qui, cedendo la parola a Padre Joseph Wresinski, con una citazione tratta dal suo Intervento al Colloquio “Cultura e povertà”, svoltosi a l’Arbresle, il 13 e 14 dicembre 1985. Ed è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
I più poveri sanno nel più profondo di se stessi che la lotta che conducono giorno per giorno, è in verità la lotta di tutta l’umanità contro la grande povertà e l’esclusione. Essi sanno che la loro lotta non è solamente la loro ma la vera sfida posta a tutti gli uomini. Perché ogni uomo, se è privato di ogni mezzo di parlare, di agire e di mostrare le sue capacità umane, cade irrimediabilmente nella miseria. Ogni essere umano lo sa e se ne difende. Così, la questione della miseria attraversa tutta la storia dell’umanità. Essa vi sorge nella maniera più acuta, ad intervalli regolari, secondo le regioni e le congiunture, ma nessuno ne nega la permanenza. Lo spirito umano ne ha come sposato la coscienza. I più poveri, eppure, sono quasi occultati nella storia delle società, sì e no che la loro esistenza affiora di tempo in tempo nei nostri racconti. È ancora la nostra paura che li scarta o pensiamo veramente che la loro vita non abbia alcun interesse per noi? Tutto avviene come se non avessero una storia propria, allo stesso titolo della classe contadina, la classe operaia, la borghesia, la nobiltà. Questa storia, eppure, esiste ma, considerata come spregevole, non può essere espressa in alcun luogo. Da nessuna parte i più sfavoriti possono esprimere il loro coraggio di lottare a dispetto di tutti, il loro rifiuto ad essere ridotti alla condizione che subiscono. Da nessuna parte, possono testimoniare la loro battaglia che è – eppure – la battaglia essenziale dell’Uomo per farsi rispettare da coloro che, attraverso le età, lo respingono e lo escludono. Ora, nessun popolo può farsi comprendere, se non può trasmettere la sua storia con onore, se esso stesso ha della sua storia solo una visione negativa. (Padre Joseph Wresinski, Cultura e grande povertà).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 17 Ottobre 2017ultima modifica: 2017-10-17T22:00:32+02:00da fraternidade
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