Giorno per giorno – 13 Ottobre 2017

Carissimi,
“Quando lo spirito immondo esce dall’uomo, si aggira per luoghi aridi in cerca di riposo e, non trovandone, dice: Ritornerò nella mia casa da cui sono uscito. Venuto, la trova spazzata e adorna. Allora va, prende con sé altri sette spiriti peggiori di lui ed essi entrano e vi alloggiano e la condizione finale di quell’uomo diventa peggiore della prima” (Lc 11, 24-26). Gesù aveva appena concluso un esorcismo, cacciando uno spirito muto, e subito tra i presenti sorgono le diverse interpretazioni circa l’origine del suo potere: chi l’attribuisce al diavolo, chi chiede un prodigio del cielo, mentre Gesù pone il gesto come segno della venuta del regno di Dio. Il regno in cui il Padre comunica ai figli, che glielo chiedono, il suo Spirito (cf Lc 11, 13), il quale ci mette in condizione di riconoscerlo come tale (cf Gal 4, 6) e di accedere così all’umanamente impossibile esigenza avanzata da Gesù di imitare il Padre nella perfezione, ricondotta alla forma estrema dell’amore per i nemici e alla preghiera per i propri perseguitori (cf Mt 5, 44-48). Come dire che Dio è “questa cosa” qui, che, perciò, se manca, non c’è Dio. Lo spirito muto che a volte prende possesso di noi è quello che ci impedisce di dire e far nostra questa verità: Dio è presente nella nostra vita quando noi amiamo i nostri nemici. Niente meno, per noi che abbiamo difficoltà ad amare davvero persino i nostri amici e le persone che ci vogliono bene. Succede che Gesù, a volte, riesca a cacciare anche da noi questo spirito immondo. Ma non è detto che la battaglia sia vinta una volta per tutte. E questo vale a livello individuale, famigliare, comunitario, ecclesiale e sociale. Capita, per dirla con il linguaggio figurato del vangelo, che lo spirito muto (che tace la paternità universale di Dio e perciò l’universale fratellanza), a prima vista sconfitto, vada a cercare rinforzi, e con “sette spiriti peggiori di lui” venga in forze a rioccupare la casa, la comunità, la chiesa, la società, che diventano in tal modo fucine di chiusura, intolleranza, odio e violenza, fabbriche di nemici “da odiare” invece che da amare, secondo il comando di Gesù. Ora, noi come ci situiamo di fronte a queste evenienze?

Oggi è memoria di Madeleine Delbrêl, appassionata di Dio e della gente ordinaria.

Madeleine era nata il 24 ottobre 1904 a Mussidan (Dordogne – Francia). Ancora giovane si convertì dall’ateismo al cristianesimo. Assieme ad altre donne, trovò tra i comunisti di Parigi la possibilità di vivere una vita autentica di comunità cristiana, senz’altro scopo che quello di farsi “prossimo dei suoi prossimi” in una disponibilità incondizionata all’evangelo. Fu una vera umanista che amò Dio intensamente, incontrandolo in tutte le cose ordinarie della vita. Scrisse: “Ci sono persone che Dio chiama e mette da parte in conventi o monasteri. Ve ne sono altre che Dio chiama e le lascia nella società, quelle che Dio non ritira dal mondo. Queste sono le persone che hanno un lavoro ordinario, un matrimonio ordinario o un celibato ordinario. Persone che hanno malattie ordinarie e sofferenze ordinarie. Che vivono in case ordinarie e vestono abiti ordinari. Le persone che noi incontriamo in qualunque strada ordinaria…” “Noi, le persone ordinarie delle strade, crediamo con tutte le nostre forze che questa via, che questo mondo in cui Dio ci ha posto è per noi il luogo della nostra santità”. “Noi incontriamo Dio in tutti i “piccoli” che soffrono nel loro corpo, che sono disgustati, angosciati, che hanno bisogno di qualcosa. Noi incontriamo Cristo respinto in innumerevoli atti di egoismo. Come potremmo prenderci gioco di questa gente o odiare questa moltitudine di peccatori, di cui noi facciamo parte?”. Madeleine visse in pieno il travaglio della Chiesa pre-conciliare di reinventare l’esistenza cristiana nel mutato contesto storico e culturale. Conobbe, com’è inevitabile, incomprensioni, isolamento, ostilità, nei suoi fratelli di chiesa. Ma trovò anche chi la sostenne e l’appoggiò (tra questi il card. Montini). Alla convocazione del Concilio Vaticano II, volle vedere in esso il sorgere di una nuova primavera dello Spirito, a cui aveva dedicato la vita. Madeleine morì improvvisamente, il 13 ottobre 1964, nel suo pieno vigore.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Profezia di Gioele, cap. 1,13-15; 2,1-2; Salmo 9; Vangelo di Luca, cap.11, 15-26.

La preghiera del venerdì è in comunione con i fedeli della Umma islamica che confessano l’unicità del Dio clemente e ricco in misericordia.

Le comunità ebraiche della diaspora celebrano oggi, 23 del mese di Tishri, Simchat Torah, ovvero la “Gioia della Legge”. Entrando nella festa, la sera della vigilia, i rotoli della Torah vengono prelevati dall’aron-ha-kodesh (“arca santa”), e consegnati agli uomini che, a turno, abbracciati ad essi, compiono le sette hakafot (“giri”), cantando e danzando intorno alla bimah (la piattaforma da cui viene letta la Torah). Il rituale è ripetuto la mattina seguente, quando viene anche proclamato l’ultimo brano del Deuteronomio, subito seguito da alciuni versetti del primo di Genesi, dando così inizio al nuovo ciclo annuale delle letture liturgiche. Chi legge l’ultimo brano della Torah è chiamato Chatan Torah (“Sposo della Torah”), mentre colui che ne ricomincia la lettura è il Chatan Bereshit (“Sposo del Principio”). Che anche noi si possa sempre gioire del dono della Parola che ci viene fatto e si sappia danzarla con la nostra vita. Oltre tutti i possibili acciacchi della vecchiaia.

Anche per stasera, è tutto. Noi ci si congeda qui, lasciandovi ad un’ultima parola di Madeleine Delbrêl, tratta dal suo libro “La joie de croire” (Edit. du Seuil) . Che è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
“Figliolini miei, amatevi l’un l’altro”: è in sintesi tutto ciò che aveva da dire San Giovanni nella sua vecchiaia. Noi dobbiamo amare Dio; il primo comandamento è costituito dall’amore di Dio. Il secondo però gli è simile e questo significa che soltanto attraverso gli altri noi possiamo rendere a Dio amore per amore. Il pericolo sta nel fatto che il secondo comandamento può prendere il posto del primo. Ma noi abbiamo una prova per controllare il nostro amore: se amiamo cioè ogni uomo, se amiamo Cristo, se amiamo Dio in ogni uomo, senza preferenze, senza categorie, senza eccezioni. Il secondo pericolo sta nel fatto che non siamo capaci di amare così e certo non ne saremo capaci, se separeremo la carità dalla fede e dalla speranza. Soltanto la preghiera può darci la fede e la speranza. Senza la preghiera, non riusciremo ad amare. Nella preghiera e soltanto nella preghiera, il Cristo si rivelerà a noi in “ognuno” degli altri, per mezzo di una fede sempre più penetrante e capace di intuire al di là delle apparenze. Nella preghiera noi potremo domandare la capacità di donarci a ogni nostro fratello, quella capacità di dono senza cui non c’è amore; mediante la preghiera la nostra speranza crescerà fino a raggiungere la statura o il numero di tutti quelli che incontreremo o la profondità dei loro bisogni. La fede e la speranza, dilatate per mezzo della preghiera, libereranno il sentiero del nostro amore dall’ostacolo che lo ingombra maggiormente: la preoccupazione di noi stessi. Il terzo pericolo potrebbe essere quello di amare non “come Gesù ci ha amati”, ma alla maniera umana. E questo è forse il pericolo più grande di tutti. L’amore umano, infatti, per il fatto che è amore, è una cosa bella e grande. Anche gli increduli possono amare gli altri con un amore magnifico. Noi però non siamo stati chiamati ad amare così. Non dobbiamo dare agli altri il nostro amore, ma l’amore di Dio: l’Amore di Dio che è una persona divina, che è il Dono che Dio fa di se stesso a noi, ma che resta un dono, che deve – in un certo senso – passare al di là di noi, passare attraverso noi per andare altrove, per arrivare agli altri. Un dono che esige l’Onnipotenza, senza permetterci di credere alla potenza di qualche altra cosa. Un dono che non possiamo conservare per noi senza estinguerlo, senza fargli cessare di essere dono. (Madeleine Delbrêl, La joie de croire).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 13 Ottobre 2017ultima modifica: 2017-10-13T22:19:41+02:00da fraternidade
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