Giorno per giorno – 09 Ottobre 2017

Carissimi,
“Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e quando lo vide passò oltre dall’altra parte. Anche un levita, giunto in quel luogo, lo vide e passò oltre. Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto lo vide e n’ebbe compassione” (Lc 10, 31-33). Gesù, da buon figlio di Dio, che conosce bene il Padre, guardando all’atteggiamento di molti religiosi – i sacerdoti e i leviti citati nella parabola, ma poi anche farisei, sadducei, e, futuramente, noi altri – si dev’essere detto che ci dev’essere qualcosa di sbagliato in una religione che, nata dalla compassione di Dio (cf Es 3, 7-8), finisce per sfociare nell’indifferenza di fronte al male degli altri, riducendosi ad una dimensione cultuale o ad una pratica devozionistica che negano in sostanza alla radice la rivelazione su cui sono venute strutturandosi. E, allora, narra di questo Dio eretico, che non esita a contraddire se stesso, a buttare la Legge al macero, per prendersi cura del suo nemico. Come dicesse: non mi importa quello che credi (i samaritani, agli occhi dei giudei, e perciò anche di Gesù, credono sbagliato), mi importa quello che tu fai. E, infatti, è su questo che verterà (verte) il giudizio, non su credenze, riti, sacramenti. Tutto questo, semmai, rettamente inteso, deve servire ad orientare l’agire, nell’uscire da noi stessi per farci prossimi a quanti ci interpellano nel loro bisogno.

Oggi la Chiesa fa memoria del Patriarca Abramo, Padre di tutti i credenti nel Dio unico.

Primo dei Patriarchi e fondatore del monoteismo ebraico, confidando nella parola di Dio, emigrò con sua moglie Sara nella terra di Canaan (Gen 12, 1ss). Come segno della sua alleanza con Dio, gli fu ordinato, quando era già vecchio, di circoncidersi (Gen 17,10) e, secondo il racconto biblico, fu dopo questo che Sara diede miracolosamente alla luce un figlio, Isacco (Gen 21,2). Una delle dieci prove di fedeltà a cui Dio sottopose Abramo fu la richiesa che gli offrisse in sacrificio proprio Isacco (Gen 22,2). L’episodio, che nell’esegesi ebraica è designato como la ’Aqedah (la legatura), è ricco di interpretazioni suggestive. Abramo è considerato il “guardiano della Torah”, ancor prima che essa fosse stata rivelata da Dio. A lui si deve la pratica della preghiera ebraica del mattino (Gen 19,27). Benevolo e compassionevole, intercedette presso Dio perché Sodoma fosse risparmiata, nonostante la malvagità dei suoi abitanti, chiedendogli quanti uomini giusti fosse sufficiente trovarvi per evitarle la distruzione. Partito da cinquanta, quando arrivò a dieci, ritenne giusto non insistere oltre (Gen 18, 23 ss). Sembra che il minian, il numero minimo di dieci uomini necessario per il culto pubblico, si fondi proprio su questa tradizione. Abramo morì a 175 anni e fu sepolto nella caverna di Macpela (Gen 25,7ss). Gode di una grande considerazione, oltre che nell’ebraismo, anche nel cristianesimo e nell’islamismo, che vedono in lui la figura perfetta del credente, che fonda gli ideali etici e culturali di queste tre religioni.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Libro di Giona, cap.1,1 – 2,1. 11; Salmo (Gio 3, 2-5.8); Vangelo di Luca, cap.10, 25-37.

La preghiera di questo lunedì è in comunione con le grandi religioni dell’India: Vishnuismo, Shivaismo, Shaktismo.

È tutto, per stasera. Oggi sono cinquant’anni dal sacrificio di Ernesto Che Guevara, (Rosario, Argentina, 14 giugno 1928 – La Higuera, Bolivia, 9 ottobre 1967), rivoluzionario, guerrigliero, scrittore e medico argentino, simbolo della rivoluzione cubana e della lotta per il riscatto del Sud del mondo. Aveva lasciato scritto: “… essere essenzialmente umano, essere tanto umano per approssimarsi al meglio dell’umano, purificare il meglio dell’uomo per mezzo del lavoro, dello studio, dell’esercizio della solidarietà continuata con il popolo e con tutti i popoli del mondo, sviluppare al massimo la sensibilità fino a sentirsi angosciati quando si assassina un uomo in qualsiasi angolo del mondo e sentirsi entusiasta quando da qualche parte del mondo si solleva una nuova bandiera di libertà”. Nel congedarci, cediamo a lui la parola, offrendovi in lettura l’ultima sua lettera-testamento ai figli. Che è, così, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Cari Hildita, Aleidita, Camilo, Celia ed Ernesto, se un giorno dovrete leggere questa lettera, è perché non sarò più tra voi. Quasi non vi ricorderete di me e i più piccoli non mi ricorderanno affatto. Vostro padre è stato un uomo che agisce come pensa ed è certamente stato fedele alle sue convinzioni. Crescete come buoni rivoluzionari. Studiate molto per poter dominare la tecnica che permette di dominare la natura. Ricordatevi che l’importante è la rivoluzione e che ognuno di noi, da solo, non vale niente. Soprattutto siate sempre capaci di sentire nel più profondo di voi stessi ogni ingiustizia commessa contro chiunque in qualsiasi parte del mondo: è la qualità più bella di un rivoluzionario. Arrivederci, bambini miei, spero di rivedervi ancora. Un grande bacio e abbraccio da papà. (Ernesto Che Guevara, Lettera ai figli).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 09 Ottobre 2017ultima modifica: 2017-10-09T22:17:17+02:00da fraternidade
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