Giorno per giorno – 04 Ottobre 2017

Carissimi,
“Un altro disse: Ti seguirò, Signore; prima però lascia che io mi congedi da quelli di casa mia. Ma Gesù gli rispose: Nessuno che mette mano all’aratro e poi si volge indietro è adatto per il regno di Dio” (Lc 9, 61-62). Stamattuna, per via del compleanno di frei José Roberto, ci si è trovati a celebrare l’eucaristia al convento del Rosario, dai frati domenicani. E questo vangelo delle esigenze della sequela è sembrato essere messo lì apposta, per farci fare un buon esame di coscienza. Vangelo, “buona notizia”, ma mica troppo a buon mercato, ci si è detti. Siamo noi, che persistentemente consci della nostra inadeguatezza o in ritardo, accampando scuse le più diverse, cerchiamo di annacquarlo in vario modo. Eppure Gesù, radicale come era suo costume, era stato categorico con chi aveva deciso di seguirlo o era stato da lui chiamato. E se siamo cristiani, è perché ci siamo sentiti in qualche modo, un qualche giorno, chiamati. Non dovremmo pensare di poter contare su nulla, su nessuna sicurezza materiale, altro che conti in banca, terreni e case, di proprietà o meno, piani di salute (ma, a volte, non ce n’è neppure bisogno), mezzi di trasporto, e quant’altro (quasi tutte cose di cui individualmente o comunitariamente si arriva a usufruire e che per noi sono ormai una sorta di diritto acquisito, meno per gli altri, a cui Lui ci vorrebbe un po’ più uguali). Né dovremmo attardarci per tributare il dovuto rispetto ai “padri” da seppellire, o a “quelli di casa”, ancora vivi, alle patrie, cioè, alle culture, tradizioni, religioni, mossi come dovremmo essere dall’unica vera urgenza e cosa che conti, la testimonianza del Regno, il riconoscerci fratelli di tutti, figli nel Figlio dell’unico Padre. Chissà perché, poi, i confessori, non ci (si) chiedono mai conto di questo tipo di peccati?

La Chiesa celebra oggi la memoria di Francesco d’Assisi, fratello dei poveri. Ad essa noi aggiungiamo quella di Carlo Carretto, piccolo fratello del Vangelo.

Giovanni di Bernardone nacque ad Assisi, nel 1182, nella famiglia di un ricco commerciante che, per la simpatia che aveva per la Francia, dove si recava frequentemente per affari, passò presto a chiamarlo Francesco. Il giovane, che non doveva aver una grande propensione per l’attività paterna, preferì correre appresso alle glorie militari. Non ebbe molta fortuna, dato che, durante una guerra tra Perugia e Assisi, fu fatto prigioniero e questa esperienza lo portò a riflettere sulla vanità della vita che aveva condotto fino ad allora. Nel 1206, in un epoca in cui, sempre più, si affermavano gli ideali della ricchezza e dell’autoaffermazione, Francesco visse il suo personale cammino di Damasco, incontrando i lebbrosi e riconoscendo in essi la presenza di Cristo. Scelse allora di lasciare la famiglia, rinunciando ai suoi beni e proprietà, per sposare “madonna Povertà”. Ben presto altri giovani si unirono a lui, con il solo proposito di vivere il Vangelo, nella radicalità e nella libertà dei figli di Dio, facendosi compagni degli ultimi, fratelli minori, nella convinzione che è nelle categorie minori, nella gente povera, umile ed emarginata, che Dio ha da sempre la sua abitazione. Nel 1211, Chiara, una giovane assisiate affascinata dalla predicazione e dall’esempio di Francesco, diede vita a una famiglia di claustrali povere, immerse nella preghiera per sé e per gli altri. In una Chiesa trionfalista e in pieno regime di cristianità e di crociate, Francesco, esente tuttavia da ogni forma di orgoglio spirituale, preferì essere immagine della tenerezza di Dio con tutti, usando le armi del dialogo, della non-violenza, della pace e dell’amore. A 45 anni, malato e quasi cieco, di fatto emarginato dalla fraternità cui aveva dato vita, portando nel corpo i segni della passione di Cristo, morì, nudo sulla nuda terra, cantando la gioia di servire Cristo e le bellezze del creato. Era la sera del 3 ottobre del 1227.

Carlo Carretto era nato ad Alessandria, il 2 aprile 1910, da famiglia contadina. Militante dell’ Azione Cattolica, professore e, nel 1940, direttore di scuola, fu presto esonerato dall’incarico a causa della sua opposizione al regime fascista. Nel 1946 divenne presidente della G.I.A.C. (Gioventù Italiana di Azione Cattolica). Nel 1953, per il contrasto con i settori cattolici che progettavano un’alleanza con la destra italiana, si dimise dall’incarico. È in questo periodo di ricerca laboriosa e sofferta che maturò la decisione di entrare nella congregazione di Charles de Foucauld, i piccoli fratelli di Gesù. L’8 dicembre 1954 partì per il suo noviziato in Algeria, dove, per dieci anni, condusse una vita eremitica nel Sahara. Fu questa una profonda esperienza di vita interiore e di preghiera, nel silenzio e nel lavoro, che alimenterà tutta la sua vita e azione posteriore. Nel 1965, tornato in Italia si stabilì a Spello (Perugia), dove, poco prima, in un antico convento disabitato era sorta una comunità di piccoli fratelli. Ben presto, la fama di cui fratel Carlo godeva cominciò a richiamare moltissime persone, credenti o no, che erano comunque in ricerca. Da allora la comunità divenne spazio di accoglienza, preghiera e riflessione. Dopo alcuni anni di malattia, la notte del 4 ottobre 1988, festa di Francesco d’Assisi, di cui, pochi anni prima, aveva steso un’appassionata biografia, fratel Carlo entrò nell’abbraccio di Dio.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Libro di Neemia, cap. 2,1-8; Salmo 137; Vangelo di Luca, cap.9, 57-62.

La preghiera del mercoledì è in comunione con quanti, lungo i cammini più diversi, perseguono un mondo di giustizia, fraternità e pace.

Bene, oggi tra l’altro è l’onomastico del Papa venuto dalla fine del mondo. Stamttina l’eucaristia è stata di azione di grazie anche per il dono che lo Spirito ci ha fatto con lui. E che il Signore ce lo conservi a lungo, testimone umile e intrepido della buona notizia del Regno.

È tutto, per stasera. Dalla vita di Francesco d’Assisi, che Carlo Carretto, come attesta il titolo “Io Francesco” (Cittadella), volle scrivere in prima persona, prendiamo questa citazione che, congedandoci, vi offriamo come nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Il leone di Gubbio non è una storiella per far addormentare i bimbi, è la verità più straordinaria per salvare gli uomini, specie oggi che sono sistemati tutti quanti su un immenso deposito di bombe atomiche. Ogni uomo ha nell’altro uomo l’immagine del lupo. Se davanti a lui si fa prendere dalla paura e perde la calma tutto è finito: non resta che sparare. Perciò il vostro pericolo non è la cattiveria degli americani o dei russi. Il vostro pericolo è la paura degli uni per gli altri. Conosco abbastanza i russi e gli americani per pensare che non hanno nessuna voglia di fare una ecatombe. Ma conosco abbastanza l’uomo e so che se è preso dalla paura tenterà di schiacciare il bottone della distruzione per paura che sia l’altro a schiacciarlo per primo. Ora che l’uomo col suo ingegno è giunto ad avere ciò che desiderava e che con la tecnica ha tolto il limite in cui si trovava prima, è affiorata la verità, l’unica verità: il male, la violenza stanno nella paura dell’altro. Se l’uomo farà la guerra è perché ha paura di qualcuno. Togliete la paura, ristabilite la fiducia e avrete la pace. La non violenza sta nella distruzione della paura. Ecco perché vi dico ancora, io Francesco: imparate a vincere la paura come ho fatto io quella mattina andando incontro al lupo con un sorriso. Vincendo me, ho vinto lui. Domando i miei cattivi istinti, ho domato i suoi, sforzandomi di aver fiducia in lui, ho trovato che lui aveva fiducia in me. Il mio coraggio aveva stabilito la pace. (Carlo Carretto, Io Francesco).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 04 Ottobre 2017ultima modifica: 2017-10-04T22:07:20+02:00da fraternidade
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