Giorno per giorno – 22 Settembre 2017

Carissimi,
“Gesù se ne andava per le città e i villaggi, predicando e annunziando la buona novella del regno di Dio. C’erano con lui i Dodici e alcune donne che erano state guarite da spiriti cattivi e da infermità: Maria di Magdala, dalla quale erano usciti sette demoni, Giovanna, moglie di Cusa, amministratore di Erode, Susanna e molte altre, che li assistevano con i loro beni” (Lc 8, 1-3). Chiesa itinerante, che attraversava città e villaggi, non per minacciare castighi e predire catastrofi, quando non l’imminente fine del mondo (ogni tanto, come anche questa volta, qualche chiesa ci casca: sarà proprio domani!), ma la bella notizia che il regno di Dio, con Gesù, si è definitivamente, installato nel mondo. E noi sappiamo in cosa consiste: nel modo di essere e di agire di Gesù, appunto, senza che più nessuno possa ingannarci (anche se tenteranno di farlo, sino alla fine). Stasera, nella chiesetta dell’Aparecida, ci chiedevamo, se noi davvero siamo questi allegri banditori del regno, e non, sperabilemente, i, magari anche devoti, temporaneamente banditi da esso. Forse, perché, al contrario di quanto era successo alla Maddalena, Gesù non è ancora riuscito ad espellere tutti quanti i diavoletti che ci portiamo dentro. Che ci impediscono di camminare sciolti e liberi alla sua sequela, pronti sempre e soltanto a servirci generosamente gli uni gli altri, e, insieme, i nostri fratelli e sorelle in umanità. Il che, comunque, non ci deve preoccupare troppo, dato che anche i Dodici ne dovettero subire l’azione fino al giorno della morte del loro Maestro, se è vero, com’è vero, che non avrebbero smesso di litigare per sapere chi avrebbe conquistato più potere. Certo, loro, poi, l’hanno capita. Noi, dopo duemila anni, mica sempre. Succede, qualche volta, e spereremmo sempre meno, ai vertici, tra porporati, magari un po’ frustrati, ma anche alla base, nelle sacrestie. Beh, il vangelo sta lì a ripetercelo: i beni che abbiamo, siano materiali, culturali, spirituali, ci sono dati, non per conquistare un posto al sole, ma per essere condivisi e posti al servizio della comunità. Come preludio di una società nuova, tornata ad essere fraterna, come nel sogno di Dio.

Oggi, il calendaio ci porta le memorie di Eugenio Lyra, martire della lotta per la giustizia; e quella di Guruk Nānak, mistico e fondatore del Sikhismo.

Eugenio Lyra era nato l’8 gennaio 1947, nello Stato di Bahia. Dopo gli studi medi, desiderando diventare avvocato, si iscrisse alla Facoltà di Diritto, dove si laureò nel 1970. L’anno successivo si sposò con Lucia, sua compagna di studi, prima e, ora, di professione, ed insieme aprirono uno studio a Salvador. Iniziò allora la collaborazione con diversi sindacati, che portò il giovane avvocato a viaggiare spesso in diverse città del’entroterra bahiano. Nel 1976, la coppia maturò la decisione di traferirsi a Santa Maria da Vitória, a mille e quattrocento chilometri dalla capitale. Là fissò la sua residenza, fornendo assistenza legale ai lavoratori e lottando per la restituzione delle terre ai contadini che ne erano stati espropriati illegalmente dai grileiros. In una situazione di estrema tensione, che vedeva lo Stato di Bahia ai primi posti per numero di assassini e di episodi di violenza nei campi, questa scelta procurò presto al giovane avvocato numerosi nemici, che cercarono a più riprese di intimidirlo con minacce e persecuzioni. Pochi giorni prima della deposizione che si apprestava a fare nell’ambito della Commissione Parlamentare di Inchiesta sulla sottrazione di terre ai danni dei piccoli proprietari terrieri, con una documentazione, che incriminava senza ombra di dubbio i potentati locali e additava la loro impunità davanti alla legge, Eugenio Lyra fu ucciso dal pistoleiro Wilson Gusmão, il 22 settembre 1977. L’assassinio era stato commissionato per quarantamila cruzeiros dal fazendeiro Valdely Rios, dall’avvocato Alberto Nunes, e da Abílio Antunes, Cantídio de Oliveira e João da Costa da Silva, con la complicità del delegato di polizia, Eymar Portugal Sena Gomes. Lyra lasciò la giovane moglie incinta e una bimba, Mariana, che sarebbe nata quattro mesi più tardi. Morì, martire della causa del Regno, perché rifiutò di divenire complice dell’arbitrio e della violenza generate da un sistema di dominazione, d’ingiustizia e d’impunità.

Guru Nānak era nato il 15 aprile 1469 a Rāi Bhōi dī Talwandī (oggi Nankana Sahib, nei pressi di Lahore, in Pakistan), figlio di Mehta Kalyan Das Bedi e di Tripta Devi. Dimostrò sin da ragazzo una forte inclinazione alla vita meditativa, preferendo a tutto la compagnia di asceti indù e musulmani. Si dice che egli abbia incontrato a Benares il mistico Kabir, che avrebbe avuto non poca influenza sui suoi sviluppi futuri. All’età di diciotto anni sposò Mata Sulakhanī, da cui ebbe due figli: Lakhmī Dās e Srī Cand. Durante la giovinezza Nānak visse nella città di Sultānpur, dove lavorò come magazziniere alle dipendenze del nababbo Daulat Khān Lodī, ma, trentenne, in seguito ad un’esperienza mistica, lasciò ogni cosa e, assieme ad un suonatore musulmano di nome Mardāna, intraprese un lungo viaggio che lo portò a diversi luoghi santi sia indù che musulmani. Lungo il cammino impartiva col canto i propri insegnamenti. Predicava il superamento della troppo facile esteriorità a cui si riduce la pratica religiosa nelle diverse tradizioni, ed esortava a preferire un culto devozionale rivolto nell’intimo del cuore al Signore supremo, che egli diceva essere l’anām , il “senza-nome”, dato che sono infiniti i nomi con cui gli uomini si sono rivolti a Lui. Ma, proprio per questo, egli è anche semplicemente Nām, il “Nome, o anche Sat-nām, il “Vero Nome”, che si dà a conoscere attraverso l’ordine divino del creato (Hukam), la Parola interiore (Sabad), il Maestro (Guru) – che è in primo luogo il Signore stesso con le sue ispirazioni, ma anche chi è chiamato ad esserne interprete -, la Verità (Sac). Solo la Parola di Dio, la sua Grazia, consente all’uomo di liberarsi dalla prigione del suo egoismo (haumai). Verso il 1520, Guru Nānak ricevette in donazione una terra sulle rive del fiume Rāvi, dove fece costruire un villaggio che chiamò Kartārpur (“città del Creatore”), nel distretto di Narowal, in Punjab (Pakistan). Lì trascorse i suoi ultimi anni di vita, allontanandosi solo per brevi viaggi, al fine di visitare esponenti di altre correnti religiose. Il grande numero di discepoli che vi affluì costituì la prima comunità Sikh. Un discepolo di nome Lahnā ricevette da Guru Nānak il nuovo nome di Angad e fu da lui designato come suo successore. Compiuta la sua missione Guru Nānak si spense il 22 settembre 1539.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflezzione sono tratti da:
1ª Lettera a Timoteo, cap.6, 2c-12; Salmo 49; Vangelo di Luca, cap.8, 1-3.

La preghiera del Venerdì è in comunione con i fedeli dell’Umma islamica, che confessano l’unicità del Dio clemente e misericordioso.

Ieri sera, al tramonto, i nostri fratelli mussulmani hanno celebrato il loro Capodanno 1439. Sono entrati, infatti, nel 1° giorno del mese di Muharram, anniversario dell’Egira. Così è chiamata la fuga del profeta Mohammed e dei suoi compagni dalla Mecca verso Yathrib, chiamata in seguito Medina (da Madinatu-n-Nabi, città dell’Inviato), avvenuta il 16 luglio 622. Tale data fu scelta in seguito come punto di partenza del calendario islamico (detto “egiriano”), che venne fatto coincidere con il 1° giorno del mese di Muharram dell’anno 1. Trattandosi di un calendario lunare (di soli 354 giorni), comporta, ogni anno, uno sfasamento di 11-12 giorni rispetto al nostro calendario solare.

Noi ci si congeda qui, offrendovi in lettura un canto di Guru Nānak, che troviamo nel libro “Canti religiosi dei Sikh” (Rusconi), edito a cura di Stefano Piano, e che è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Io sono un peccatore depravato, un grande ipocrita; / Tu sei senza macchia e senza forma. / Se gusto l’ambrosia del tuo Nome, immerso in quell’essenza sublime, / in Te cerco rifugio, o Signore! // O Creatore, di me meschino Tu sei la speranza ! / Nel lembo della mia veste è l’onore e la grande ricchezza del Nome, / giacché sono immerso nella divina Parola! / Tu sei perfetto, io sono imperfetto e meschino, / Tu sei profondo e io superficiale. / Di giorno, di notte e all’aurora il mio cuore / è pieno d’amore per Te, o Dio, / e la mia lingua mormora sempre il tuo Nome! // Nel segreto della Parola ho conseguito la verità, / poiché Tu sei il Vero e io sono fatto di Te! / Coloro che giorno e notte sono assorti nel Nome sono puri, / mentre coloro che rimuoiono e rinascono sono falsi. // Non vedo nessun altro: chi altri potrei lodare? / Nessuno eguaglia il Signore. / Questa è la preghiera di Nānak: io sono lo schiavo degli schiavi del Signore; / seguendo il consiglio del Guru io L’ho conosciuto. (Guru Nānak, Hau pāpī patit param pākhandī).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 22 Settembre 2017ultima modifica: 2017-09-22T22:12:49+02:00da fraternidade
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