Giorno per giorno – 02 Settembre 2017

Carissimi,
“Avverrà come di un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, a ciascuno secondo la sua capacità, e partì” (Mt 25, 14-15). Quell’uomo che è partito per un viaggio, ci dicevamo stasera a casa di dona Josefa, è niente meno che lo stesso Gesù, il quale, andandosene, ci ha lasciato, perché lo custodissimo e lo testimoniassimo, il suo vangelo, la buona notizia dell’amore del Padre e dei fratelli. Che ciascuno è invitato a far fruttificare, a misura delle sue capacità. Ora, cosa abbiamo fatto noi, di questo dono? L’abbiamo trattato come un semplice libro, cui se va bene, come si usa spesso qui, riservare un posto d’onore nella casa, da aprire a caso, per vedere se ci suggerisce qualcosa quando si deve prendere una qualche importante decisione, o per nascondere tra le sue pagine le nostre intenzioni di preghiera, o che altro? Ebbene, se è solo questo, avremo fatto ciò che fece il servitore che nascose il suo talento sotto terra e che meritò il severo rimprovero del suo signore. Far fruttare “quei” talenti, significa essere una testimonianza viva dell’amore manifestatoci nel Signore Gesù, nella sua lotta contro il male, ogni tipo di male, per l’affermazione della vita, del diritto alla vita, a una vita piena per tutti, a partire dai più deboli. È questo ciò che facciamo, ogni giorno, in ogni situazione?

Oggi il nostro calendario ci porta la memoria di Farīd ad-dīn ’Attār, mistico islamico.

Nato a Nishapur (Iran), verso la metà del sec. XII, ’Attār forma, con Sana’i e Rumi, la triade dei grandi poeti-mistici islamici ed emerge come uno dei più grandi maestri del sufismo. Poco sappiamo della sua vita. Era figlio di uno speziale e, probabilmente, trascorse i suoi anni giovanili nella bottega paterna – dove, allontanatosene, farà ritorno più tardi -, alternando il culto delle belle lettere alla cura degli affari. Grande influenza esercitarono su di lui la madre, con la sua profonda religiosità, e i suoi maestri spirituali. Contro una visione legalistica della religione, sostenne l’urgenza di un rapporto più “cordiale” e meno “razionale” con la divinità, adottando un linguaggio che prefigura un rapporto da amante ad Amato ed elaborando un complesso di immagini metafore che si rifanno al modello della relazione amorosa e non a quello del rapporto servo-signore. Morì probabilmente nella città natale verso il 1230, in concomitanza con l’invasione mongola. Di lui è riportata la seguente sentenza: “Dio disse al Suo amico: Vuoi conoscere il segreto? Domanda a Satana”. L’uomo incontrò il diavolo e gli chiese del segreto. “Ricordati solo questo – gli rispose Satana – se non vuoi diventare come me, evita di dire io”.

Oggi ricorre anche l’anniversario della morte di Viktor Emil Frankl, noto come il fondatore della “Terza Scuola viennese di psicoterapia”. Nato il 26 marzo 1905 a Vienna in uma famiglia di ebrei praticanti, Frankl entrò giovanissimo in contatto epistolare con Sigmund Freud, dalle cui idee però si distanziò presto, trovando maggior consonanza in quelle di Alfred Adler, fondatore della scuola di Psicologia individuale comparata. Ma, anche in questo caso, la convivenza si rivelò difficile, al punto che l’appena ventiduenne Frankl si vide espulso dalla Società adleriana. Studente di Medicina a Vienna, dove arriverà a laurearsi nel 1930, il giovane Frankl, ancor prima della conclusione degli studi lavorava già nel reparto di psicoterapia della clinica psichiatrica dell’Università, sotto la guida di Otto Pötzl, ed era invitato a tenere seminari a Berlino, Praga, Budapest. Dopo la specializzazione in Neurologia e Psichiatria nel 1936, per la prima volta espose in maniera esplicita e articolata i principi della sua logoterapia e analisi esistenziale. Per essa, in qualunque situazione data, la vita ha comunque un senso per tutti gli uomini, anche se non lo stesso, e persino le esperienze più drammatiche e tragiche possono essere trasformate in occasioni di maturazione, di crescita e realizzazione, se, di fronte ad esse, si riesce ad assumere il giusto atteggiamento. Dopo l’annessione dell’Austria alla Germani nazista, nel 1938, Frankl rifiutò di espatriare in America per non lasciare soli i genitori. Sposatosi nel 1941 con Tilly Grosser, nel settembre dell’anno successivo, venne fatto prigioniero e trasportato con tutta la famiglia nel lager di Theresienstadt, e in seguito ad Auschwitz, dove moriranno via via, il padre, la madre, il fratello, e la moglie Tilly. Successivamente Frankl venne trasportato a Kaufering III ed a Türkheim (filiali di Dachau). In quelle condizioni di vita estreme, egli vide confermate le sue tesi sulla libertà di scelta e sul senso della vita. Sopravvissuto alle esperienze del lager, sposò nel 1947 Eleonore Katharina Schwindt, da cui ebbe una figlia, Gabriele. Ottenuta la docenza in Neurologia e Psichiatria, svolse attività di ricerca, d’insegnamento e clinica all’università, insegnando negli Stati Uniti e tenendo conferenze in tutto il mondo. Autore di 32 volumi, tradotti in 26 lingue, insignito di 29 lauree honoris causa, Frankl morì a Vienna il 2 settembre 1997, per attacco cardiaco. Il teologo morale Bernhard Häring parlò del suo pensiero come di un modello di particolare rilevanza sia scientifica che pastorale.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
1ª Lettera ai Tessalonicesi, cap.4, 9-11; Salmo 98; Vangelo di Matteo, cap.25, 14-30.

La preghiera del Sabato è in comunione con le Comunità ebraiche della diaspora e di Eretz Israel.

Bene, per stasera è tutto. Noi ci si congeda qui, offrendovi in lettura un brano di Farīd ad-dīn ’Attār tratto dal suo “Il verbo degli uccelli” (Mondadori), che è così, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Un uomo stolto e perennemente ubriaco viveva, a causa del suo vizio, in uno stato di totale abiezione. Tanto era il vino, limpido o torbido, che beveva ogni giorno, che nella sua depravazione aveva finito per perdere l’uso del cervello e delle gambe. Un giorno un sobrio lo vide riverso sul ciglio della strada e ne ebbe pietà: sistemò l’ubriaco dentro un sacco e se lo caricò sulle spalle dirigendosi verso casa. Strada facendo gli venne incontro un altro ubriaco: costui doveva sempre sostenersi a qualcuno nei suoi squallidi giri. Il primo, vedendo il suo compare così mal ridotto, sporse la testa dal sacco e gli disse: “Ehi zio, due bicchierini in meno e potresti camminare con le tue gambe, come io sto facendo!”. Costui, in definitiva, vide l’abiezione dell’altro ma non la propria. Anche noi non ci comportiamo in modo diverso. Se tu avessi notizia dell’autentico amore, i difetti degli altri apparirebberocome virtù ai tuoi occhi. Tu vedi ovunque difetti perché non sei innamorato, ed è chiaro che neppure sei degno di esserlo! (Farīd ad-dīn ’Attār , Il verbo degli uccelli).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 02 Settembre 2017ultima modifica: 2017-09-02T22:57:55+02:00da fraternidade
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