Giorno per giorno – 29 Luglio 2017

Carissimi,
“Gesù entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo accolse nella sua casa. Essa aveva una sorella, di nome Maria, la quale, sedutasi ai piedi di Gesù, ascoltava la sua parola; Marta invece era tutta presa dai molti servizi” (Lc 10, 38-40). Forme diverse dell’ospitalità. Trasferita all’oggi la scena potrebbe comprenderne una terza, chissà, il fratello Lazzaro che smanetta al cellulare, in attesa dell’ora di pranzo. Ma restiamo al Vangelo. L’episodio si svolge a Betania (Bet-anaw = Casa del povero), dove la dimora dei tre fratelli costituiva un punto d’appoggio e di accoglienza, quando Gesù e i suoi vi erano di passaggio. Che è poi come è o dovrebbe essere la Chiesa (e noi che ne facciamo parte), tanto nelle sue liturgie, quanto nelle sue attività fuori del tempio. Stasera, ci chiedevamo quanti dei “riti” che scandiscono la nostra vita quotidiana, compresi i nostri culti, siano davvero accoglienza e ascolto del più povero tra noi, dei poveri che attraversano le nostre vite, del Povero che è Lui che li riassume tutti, e non invece un perderci in mille servizi diversi (con le relative norme morali e liturgiche), che mirano a soddisfare prevalentemente le esigenze dell’io (anche e soprattutto religioso), deciso a mettersi in mostra e sempre pronto a fare paragoni e a misurare i meriti. Un po’ stizzito, ovviamente, se si accorge del fatto che il buon Dio presta più attenzione all’insignificante Abele che se ne sta a pascolare il gregge, che non a Caino, reduce dalla fatiche dei campi. O che si compiace più del comportamento umile del pubblicano, che delle benemerenze puntualmente vantate dal religioso di turno. Che è l’atteggiamento, nel nostro caso, di Marta: guarda como sono brava io, qui tutta sola a lavorare, potresti magari dire a mia sorella di darmi una mano! L’attenzione centrata su di sé, più che tesa ad accogliere e ad ascoltare l’Ospite, e gli ospiti che significa. Le nostre chiese e case accolgono ancora ospiti? O li cacciano via: non c’è posto per voi. Andate altrove. Tornatevene a casa vostra? E neanche immaginano di cacciare Gesù. Perdute come sono in molti affari.

Oggi il calendario ci porta la memoria di Marta, Maria e Lazzaro, amici e ospiti del Signore; cui noi aggiungiamo quella di William Wilberforce, politico abolizionista, e quella di Yves Lescanne, amico dei “nanga mbôkô”, martire della strada, in Camerun.

Marta, Maria e Lazzaro erano i tre fratelli di Betania, a cui, secondo il Vangelo, Gesù voleva molto bene (cf Gv 11,5) e nella cui casa il Maestro soleva ospitarsi (cf Lc 10,38ss.): esempio di fede, di accoglienza pronta, di servizio generoso, di disponibilità all’ascolto. Sant’Agostino, parlando di loro, scrisse: “Nessuno di voi dica: Beati quanti ebbero la sorte di ospitare il Signore in casa loro […], perché, di fatto, voi potete avere un uguale privilegio, dato che lo stesso Signore affermò: – Ogni volta che farete ciò ad uno dei più piccoli tra i miei fratelli, è a me che l’avrete fatto” (Agostino, Discorso 103).

William Wilberforce era nato il 24 agosto 1759 a Hull, in Inghilterra nella famiglia del ricco commerciante Robert Wilberforce. Rimase orfano di padre all’età di nove anni e, diciassettenne, fu inviato a studiare al St. John’s College a Cambridge. Dove però, agli studi seri, preferì di gran lunga l’allegro e dissipato mondo che gli si offriva fuori dalle mura. Senza tuttavia particolari eccessi, tanto che riuscì, bene o male, a laurearsi. Non avendo granché voglia di seguire le orme paterne, quasi per scherzo decise di darsi alla politica. Fu così che, nel 1780 a soli ventun anni, si candidò e fu eletto alla Camera dei Comuni. Quello scherzo si sarebbe tradotto poi in serio impegno politico e sarebbe durato cinquant’anni. Il 15 aprile 1797, conobbe Barbara Ann Spooner, e la sposò sei settimane più tardi. Insieme ebbero sei figli. Nel frattempo, la sua vita di fede aveva conosciuto una svolta decisiva. Era successo che, dopo aver trascorso la sua giovinezza senza particolari interessi in materia di religione, durante un viaggio in Francia e in Italia con Isaac Milner, suo antico compagno di università, prese a leggere la Bibbia e a trovar tempo per la preghiera. Sicché al ritorno in patria, nel 1785, maturò la decisione di un cambiamento radicale nella sua vita, che ebbe riflessi profondi anche nella sua attività politica. Nel 1787 presentò alla Camera dei Comuni una mozione per l’abolizione del commercio degli schiavi. La battaglia sarebbe durata vent’anni, ma la sua costanza fu premiata: il 25 marzo 1807 lo Slave Trade Act entrò in vigore. Certo, abolito il commercio, restava però la schiavitù. E Wilberforce continuò per molti anni le sue campagne, volte ad eliminarla. Il 26 luglio 1833, già sul letto di morte, ebbe la gioia di sapere approvata la legge che l’aboliva definitivamente. Dopo tre giorni, la mattina del 29 luglio, William Wilberforce si spense.

Di Yves Lescanne sappiamo solo che era nato in Gironda, il 20 marzo 1940, ed era un “piccolo fratello del Vangelo”, la stessa famiglia di Carlo Carretto, di Arturo Paoli e dei nostri amici Yves, Gianluca, Alberto, Franco e Gabriele, della fraternità di Spello. Che ha le sue radici nella spiritualità di Charles de Foucauld. Yves viveva in Camerun, dove a partire dagli anni 70 aveva cominciato a occuparsi dei “nanga mbôkô”, i ragazzi di strada di Yaoundé, poi dei minori in carcere e di quelli che, scontata la pena, ne uscivano. Aveva così posto le basi della missione di quella fraternità. Quanti erano ragazzini allora lo ricordano duro e determinato a difenderli, ad aiutarli a ritrovare dignità e speranza, fino a rischiare spesso la vita per loro. Confidò una volta: “Forse soffriamo più noi a generare questi figli dal nostro cuore che le loro mamme dal ventre”. E ancora: “Questi problemi si risolvono in ginocchio”. Fu ucciso a colpi di scure la notte del 29 luglio 2002, a Maroua, nell’estremo nord del Camerun, da uno dei “nanga mbôkô” che la comunità aveva aiutato a trovare un lavoro, ma che poi aveva preso altre strade.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono propri della memoria che celebriamo e sono tratti da:
1ª Lettera di Giovanni, cap. 4,7-16; Salmo 34; Vangelo di Luca, cap. 10, 38-42.

La preghiera del Sabato è in comunione con le comunità ebraiche della diaspora e di Eretz Israel.

Quattro anni fa, in questo giorno, scompariva nel nulla il gesuita P. Paolo Dall’Oglio, rapito, a Raqqa, in Siria, forse da un gruppo di estremisti islamici vicino ad al-Qāʿida. Il religioso, fortemente impegnato nel dialogo interreligioso con il mondo islamico, è noto per aver rifondato, in Siria, negli anni Ottanta, la comunità monastica cattolico-siriaca Mar Musa (Monastero di san Mosè l’Abissino), erede di una tradizione cenobitica ed eremitica risalente al VI secolo. Nel congedarci, scegliamo di lasciare a lui la parola, offrendovi una sua citazione tratta dal libro di Guyonne de Montjou “Mar Musa. Un monastero, un uomo, un deserto” (Paoline). Che è, così, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Un monastero deve essere un asilo di consolazione per le anime malate e stanche. Siamo dei poveracci. Siamo stati curati dalla tenerezza di Dio e dall’amore comunitario. A nostra volta, vogliamo donare gratuitamente queste cose. Il nostro monastero, lungi dall’essere dedicato ai “superuomini” e alle “superdonne”, si occupa delle anime ferite. Quante volte bisogma chiedere a Dio di diventare vettori della sua grazia e così ottenerla per noi stessi? Quante preghiere gli ho rivolto perché mi mandasse religiosi e religiose in abbondanza? Oggi siamo poco numerosi, appena una decina, realisti sulla povertà dei nostri mezzi. A volte accettiamo il fatto di non poter fare altro che pregare. Il rimedio migliore alla disperazione, alla stanchezza o all’orgoglio sta nel gettarci perdutamente nel fiume dell’Amore, gettarci nel flusso che scorre dentro di noi, che ci attraversa. L’unica medicina è superare noi stessi incessantemenete, per trovare la fonte d’acqua viva. (Paolo Dall’Oglio, in Guyonne de Montjou, Mar Musa. Un monastero, un uomo, un deserto).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 29 Luglio 2017ultima modifica: 2017-07-29T16:42:10+02:00da fraternidade
Reposta per primo quest’articolo