Giorno per giorno – 19 Luglio 2017

Carissimi,
“Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così è piaciuto a te” (Mt 11, 25-26). Stasera ci chiedevamo dove mai ci mettiamo noi, in relazione alle cose di cui Gesù è portatore. Se ci lasciamo dominare dal dubbio, se le respingiamo con sufficienza, se, peggio ancora, le manipoliamo con furbizia, o se invece ce ne lasciamo conquistare e ci mettiamo in cammino con gli ultimi, i piccoli della terra, per fare del segreto del Regno, l’esperienza della tenera dedizione dell’Abba e perciò anche, necessariamente, della cura solidale dei fratelli, la verità della nostra vita e l’economia della storia. Decideremo di essere anche noi motivo dell’esultanza di Gesù, o preferiremo essere causa della sua tristezza?

Oggi è memoria di Arsenio il Grande, monaco e eremita, e di Macrina la Giovane, monaca “domestica” e contemplativa. In America Latina noi ricordiamo anche la figura di Tupac Amaru, martire della resistenza indigena in Perù.

Arsenio nacque a Roma intorno al 354 da una nobile famiglia. Nel 383 l’imperatore Teodosio lo chiamò alla corte di Costantinopoli per affidargli l’educazione dei figli Arcadio e Onorio. Dopo aver svolto tale funzione per undici anni, Arsenio entrò in una profonda crisi spirituale e ottenne dall’imperatore di potersi ritirare nel deserto egiziano. Recatosi ad Alessandria d’Egitto, si unì alla comunità degli anacoreti di Scete, in pieno deserto. Qui trascorse quasi quarant’anni, vivendo in solitudine, dedicandosi alla preghiera, alla meditazione e al lavoro manuale. Quando nel 434 Scete fu invasa da una tribù libica, Arsenio si spostò a Troe, presso Menfi, dove visse fino al 450 circa. Raccontano di lui, che dopo molti anni di servizio al Signore, gli altri monaci lo udirono un giorno gridare a Dio: “O Dio, non mi abbandonare; non ho fatto niente di buono ai tuoi occhi, ma nella tua bontà concedimi di cominciare”. Al suo ultimo giorno di vita, poi, a quanti, vedendolo piangere, gli chiedevano se avesse paura, rispose: “Il timore che provo ora mi ha sempre accompagnato da quando mi sono fatto monaco”. Detto questo, morì. Deve aver scoperto solo allora che non era il caso di tanto timore. Ma, al buon Dio, gli sarà piaciuto anche così, come tutti gli piacciamo, comunque noi siamo.

Macrina appartenne ad una famiglia di santi. Il nome le fu dato in onore della nonna paterna, Macrina l’Anziana, pure lei santa (di cui si fa memoria il 14 di gennaio). Così come santi furono i genitori, Basilio e Emmelia e altri tre fratelli, Basilio, Gregorio e Pietro. Nata a Cesarea, in Cappadocia, nell’ano 325, poco dopo la morte del padre, avvenuta nel 340, decise di non allontanarsi mai dalla madre, per prendersi cura con lei dell’educazione dei fratelli, giungendo ad esercitare una profonda influenza sulla loro crescita spirituale. Pur avendo ereditato dal padre una considerevole fortuna, abituò la famiglia a evitare ogni tipo di lusso e di privilegio, vivendo con estrema semplicità. Alla morte della madre, fondò un convento nella tenuta della famiglia. Nel 379, Gregorio, uno dei maggiori teologi di tutti i tempi, andò a visitare la sorella e la incontrò inferma, distesa su un semplice letto di tavole. Restarono per ore a parlare sul senso della vita, sulla morte e sulla vita futura. Finché lei esalò l’ultimo respiro.

Tupac Amaru, cacicco inca di Tangasuca (Perù), si ribellò all’oppressione spagnola, rivendicando uguaglianza di diritti per i suoi fratelli indigeni. Nel 1781, fu sconfitto, decapitato e squartato nella piazza di Huacaypata, assieme alla sua sposa, Micaela Bastidas.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Libro dell’Esodo, cap.3, 1-6. 9-12; Salmo 103; Vangelo di Matteo, cap.11, 25-27.

La preghiera del mercoledì è in comunione con tutti gli operatori di pace, quale ne sia il cammino spirituale o la filosofia di vita.

Tre anni fa come oggi moriva Rubem Alves (Boas Esperanças, Minas Gerais, 15 settembre 1933 – Campinas, São Paulo, 19 luglio 2014), uno degli educatori più celebri e rispettati in Brasile e non solo. “Pensatore instancabile e naturalmente stimolato dalla vita, ha sempre voluto che gli altri vedessero la bellezza del mondo attraverso i suoi occhi. Per questo ha inteso condividere le sue idee e il suo sguardo attraverso libri e conferenze. Ha sempre desiderato che gli occhi dei bambini, ancora sotto l’incanto della vita, fossero luce ispiratrice per adulti ed educatori. Ha operato in diverse aree ed è stato acclamato come educatore, teologo, filosofo, psicoanalista e autore di libri per bambini e adulti. Ha rotto a tutti gli effetti con le regole accademiche di scrittura, indirizzandosi a quanto gli dettava il cuore. Le sue opere (oltre 140) toccano l’anima dei suoi lettori e si rivelano spesso in grado di trasformarli, generando maggior sensibilità e umanesimo, stimolando curiosità e intelligenza, sostendendo che il Supremo lo si ritrova nelle cose più semplici e incoraggiando, chi lo voleva, a pensare autonomamente”.

Ed è a Rubem Alves che, nel congedarci, cediamo la parola, offrendovi in lettura un brano del suo libro “O amor que acende a lua” (Papirus). Che è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Ciò che le persone desiderano di più è qualcuno che le ascolti in maniera calma e tranquilla. In silenzio. Senza dare consigli. Senza dire: “Se io fossi te…”. Si ama non la persona che parla bene, ma la persona che ascolta bene. Il discorso è bello solo quando nasce da un ascolto lungo e silenzioso. È nell’ascolto che l’amore nasce. Ed è nel non-ascolto che finisce. Non ho imparato questo nei libri. L’ho imparato prestando attenzione. Tutti riuniti allegramente nel ristorante: padre, madre, figli, una conversazione allegra. A capotavola la nonna, con la sua testa bianca. Silenziosa. Come se non esistesse. Non è per non aver nulla da dire che non parlava. Non parlava per non avere chi volesse ascoltarla. Il silenzio dei vecchi. Al tempo di Freud le persone cercavano i terapeuti per curarsi della sofferenza delle repressioni sessuali. Ho imparato che oggi le persone cercano i terapeuti a causa della sofferenza di non avere chi le ascolti. Non chiedono di essere curate da una qualche malattia. Chiedono di essere ascoltate. Vogliono una cura per il dolore della solitudine. (Rubem Alves, O amor que acende a lua).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 19 Luglio 2017ultima modifica: 2017-07-19T22:35:06+02:00da fraternidade
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