Giorno per giorno – 17 Luglio 2017

Carissimi,
“Chi ama il padre o la madre più di me non è degno di me; chi ama il figlio o la figlia più di me non è degno di me; chi non prende la sua croce e non mi segue, non è degno di me. Chi avrà trovato la sua vita, la perderà: e chi avrà perduto la sua vita per causa mia, la troverà” (Mt 10, 37-39). Pagina difficile questa, che conclude il Discorso della missione e dice tutta la radicalità che è richiesta nella sequela. Prima e al di sopra di ogni altra cosa c’è l’annuncio del Regno, incarnato da Gesù. Che non è interessato alla sua persona, né come Dio né come uomo, tanto è vero che si consegnerà alla morte, accetterà di sparire, ma ha terribilmente a cuore il progetto del Padre per gli uomini suoi figli. Che è tutto ciò che conta per lui, perché in gioco c’è la loro felicità. Al primo posto c’è dunque il Regno e la felicità dei poveri che ne sono i primi beneficiari. Non perché continuino ad essere poveri, ma perché Dio è con loro, con la sua promessa, che, cantata da Maria e dalla chiesa, attende ogni volta di essere creduta, accolta e compiuta: “Ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore; ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili; ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato i ricchi a mani vuote” (Lc 1, 51-53). Per tutto questo vale la pena di farsi carico dell’ostilità e delle persecuzioni del Sistema (la croce), di soffrire l’incomprensione e l’ostilità delle persone care, di accettare la rottura dei rapporti più sacri, di perdere – agli occhi del mondo – la stessa vita.

Oggi noi facciamo memoria di Bartolomeo de las Casas, pastore e difensore della causa dei popoli indigeni e dei negri, Andrei Rublev monaco iconografo, François Varillon, gesuita e guida spirituale.

Bartolomeo, nato a Siviglia l’11 novembre 1484 da Pedro de Las Casas e Isabel de Sosa, entrambi di ascendenza ebraica, quando, diciottenne, risolse di seguire il padre per il Nuovo Mondo, sognava di arricchirsi con i proventi delle piantagioni paterne, come un qualunque colono, sfruttando la mano d’opera schiava. Tuttavia, toccare con mano la crudeltà dei coloni e le indicibili sofferenze inflitte alle popolazioni indigene, fecero maturare una profonda crisi religiosa in lui, che nel frattempo aveva abbracciato lo stato ecclesiastico ed era stato ordinato, verso il 1510, sacerdote. A partire dal 1514, resosi conto del crudele sfruttamento a cui erano sottoposti gli indigeni, vista la corruzione imperante tra i funzionari reali e toccato dalla predicazione profetica del domenicano Antonio di Montesinos, che denunciava gli abusi e le crudeltà della conquista “cristiana”, Bartolomeo mutò radicalmente di vita. Liberati gli indigeni alle sue dipendenze e distribuite le sue terre, divenne da allora l’instancabile difensore dei diritti calpestati di quelle popolazioni oppresse. Nel 1523, entrò nell’ordine domenicano, per mettersi in qualche modo al riparo dalle persecuzioni dei conquistadores, ma anche di buona parte della gerarchia ecclesiastica spagnola. Per nulla intimorito, frei Bartolomeo continuò la sua azione di denuncia, presso il governo centrale, sugli abusi degli spagnoli e le sofferenze degli indigeni. Scrisse la Brevissima Relazione della Distruzione delle Indie con cui intese documentare la tragedia che si svolgeva sotto i suoi occhi. Nominato a sessant’anni vescovo del Chiapas (Messico), rimase solo tre anni in quell’ufficio, invariabilmente osteggiato dai colonizzatori spagnoli e dal suo stesso clero. Tornò in Spagna nel 1547, continuando da lì la sua lotta a favore degli indios, fino alla morte, avvenuta a Madrid, il 17 luglio 1566.

Andrej Rublev nacque in Russia verso il 1360. Divenne monaco nel mostastero di Serpuchov, dove emise la professione religiosa e ricevette l’ordinazione presbiterale. Alla Laura di Radonez, dove visse a lungo, apprese l’arte dell’iconografia da Teofane il Greco e conobbe il suo migliore amico, il bulgaro San Daniele il Nero, con cui convisse e lavorò fino alla morte, sopraggiunta per i due nello stesso anno. A lui si devono i dipinti dell’iconostasi nella cattedrale dell’Annunciazione del Cremlino a Mosca, gli affreschi nella cattedrale della Dormizione di Vladimir, alcune tavole dell’iconostasi della stessa chiesa, gli affreschi della cattedrale del Salvatore nel monastero di Andronik, e la famosa icona della Trinità, ispirata alla scena biblica dell’ospitalità offerta da Abramo ai tre angeli. Dal punto di vista spirituale Rublev fu senza dubbio un esicasta, praticava, cioè, il metodo ascetico della spiritualità ortodossa, che si serve soprattutto della “preghiera di Gesù”. Morì il 29 gennaio (11 febbraio del calendario gregoriano) 1427 (o 1430). Fatto oggetto di venerazione a livello locale, nei secoli XV e XVI, fu canonizzato dalla Chiesa Ortodossa Russa nel 1988. La sua festa è celebrata oggi, 4 luglio (17 luglio del calendario gregoriano).

François Varillon nacque a Bron, alla periferia di Lione, il 28 luglio 1905. A ventidue anni, nel 1927, decise di lasciare la fidanzata, Simona, per entrare nella Compagnia di Gesù. Pronunciò i suoi primi voti nel 1930 e ricevette l’ordinazione presbiterale nel 1937. In seguito fu professore di lettere classiche e di filosofia e poi, per molti anni, assistente ecclesiastico di diversi movimenti dell’Azione cattolica, e, dal 1972 al 1978, direttore della Casa di Ritiri di Châtelard. Morì il 17 luglio 1978. I suoi scritti di spiritualità hanno segnato intere generazioni di cristiani.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Libro dell’Esodo, cap. 1,8-14.22; Salmo 124; Vangelo di Matteo, cap. 10,34-11,1.

La preghiera di questo lunedì è in comunione con le grandi religioni dell’India, Vishnuismo, Shivaismo, Shaktismo.

Oggi compie sessantacinque primavere il Pastore Raimundo Aires, vescovo di questa città per il Ministério Nova Terra della Chiesa di Cristo. Un uomo di Dio come pochi, che onora della sua amicizia noi e un buon numero di voi, e che mettiamo, perciò, nella vostra preghiera bene augurante.

E, per stasera, è tutto. Noi ci congediamo qui, offrendovi in lettura un brano di François Varillon, tratto dal suo libro “Gioia di credere, gioia di vivere” (EDB), che è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Dio crea con la forza del suo contagio suscitatore di vita. E, dal momento che dobbiamo sempre partire dalla nostra esperienza quando riflettiamo – pena l’astrattezza – mi rifarò alla nostra esperienza e vi domanderò: non avete mai subito, fatto vostro il contagio di qualcuno? Posso darvi la mia testimonianza personale. Nella mia vita ho avuto l’enorme fortuna – che malauguratamente non capita a tutti – di avere un maestro, un vero maestro vicino al quale ho vissuto per più di vent’anni, un uomo che era per me il padre, il maestro e l’amico, in meravigliosa armonia. Ho accolto il contagio di quest’uomo, potrei quasi dire che mi ha creato. Non mi ha mai dato un ordine; penso addirittura che non mi abbia mai dato un consiglio positivo, formale; forse un paio di volte, ma di sfuggita, in sordina! Cosa faceva quest’uomo vicino a me? Esisteva, semplicemente. Solo che la sua esistenza era contagiosa, nel senso che il mio desiderio costante era di assomigliargli, di esistere come lui, con la stessa nobiltà d’animo, la stessa grandezza, la stessa cultura. L’esistenza di quest’uomo era contagiosa nel senso che non mi era possibile continuare a essere sistematicamente mediocre al suo fianco. Se avessi voluto essere mediocre e pervertirmi, avrei dovuto sfuggire al suo contagio suscitatore e stimolante. Anche se non avete avuto nella vostra vita un maestro simile, avete sicuramente sperimentato che ci sono dei momenti nella vita in cui ci si dice: se rimango in relazione costante con quest’uomo o con questa donna, non posso essere mediocre. Essere mediocre significa essere una mezza nullità; la mediocrità è una semi-nullità. L’atto creatore di Dio è quest’esistenza pura e semplice. In fondo Dio non fa nulla, e io penso che non si debba dire: Dio fa questo o quello, perché in questo caso il mondo intenderà che egli fabbrica qualcosa; ma creare non è fare qualcosa. Dio è assolutamente semplice. Questa semplicità è qualcosa di terribile, domandatelo ai mistici che ne hanno fatto l’esperienza! Non c’è in Dio un’esistenza e un’azione, come se queste fossero due cose diverse. Il suo atto è identico al suo essere. Egli è; ed è tutto. Dio crea esistendo, nient’altro. Ma quest’esistenza è contagiosa perché è amore, e l’amore è suscitatore di esistenza. (François Varillon, Gioia di credere gioia di vivere).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 17 Luglio 2017ultima modifica: 2017-07-17T22:32:43+02:00da fraternidade
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