Giorno per giorno – 14 Giugno 2017

Carissimi,
“Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non son venuto per abolire, ma per dare compimento. In verità vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà dalla legge neppure un iota o un segno senza che tutto sia compiuto” (Mt 5, 17-18). La Legge e i Profeti erano, al tempo di Gesù, ciò che per noi è l’Antico Testamento. A quanti pensassero che, con la sua venuta, le antiche Scritture avessero perso di valore, egli dice dunque che, al contrario, è proprio a partire da esse che noi intendiamo il senso del suo presentarsi nella storia, di cui, a sua volta, egli rappresenta il compimento nella forma del disegno di salvezza di Dio. Anche i precetti della Legge devono essere letti, interpretati e vissuti alla luce dell’evento di Gesù, che ci introduce nella dinamica del Regno. Ben oltre le formulazioni che possano aver assunto in passato (“È stato detto, ma io vi dico”), essi diventano suscettibili di una perenne attualizzazione, che ne esprime tutta la carica dirompente, capace di farci testimoni, non di un asservimento avvilente alla lettera che uccide, ma della libertà dello Spirito che, sempre e solo, vivifica.

Oggi noi si fa memoria di Mauricio Silva Iribarnegaray, prete-spazzino municipale, piccolo fratello del Vangelo, martire in Argentina, e di Cosme Spessotto, martire in El Salvador.

Kléber Silva Iribarnegaray era nato il 20 settembre 1925 a Montevideo (Uruguay), quarto di cinque figli di un’umile famiglia contadina. Dopo la morte del padre, avvenuta in coincidenza della nascita dell’ultimo figlio, il giovane Kléber (cui avevano nel frattempo sostituito il nome con quello di Mauricio per provvedergli un santo in paradiso), lavorò alcuni anni per sostenere la già debole economia famigliare. Poi, però, decise di raggiungere in seminario dai salesiani il fratello minore, Jesús Ramón, e nel 1948 cominciò i suoi studi di teologia a Córdoba (Argentina). I suoi compagni lo descrivono come un giovane alto, dall’apparenza forte e sana, sempre allegro e comunicativo, molto esigente con se stesso, dall’interiorità profonda, amante della lettura e dello sport, appassionato di chitarra. Ordinato prete nel 1951, fu inviato come missionario nella Patagonia argentina. Quando però la madre si ammalò, nel 1960, risolse sia pure a malincuore di lasciare la congregazione salesiana, al fine di aiutarla economicamente. Chiese e ottenne, ancora una volta assieme al fratello Jesús, lui pure salesiano, di passare al clero dell’arcidiocesi di Montevideo, dove fu destinato alla parrocchia di san Giovanni Battista, a Pocitos. Superata la difficile congiuntura famigliare, i due fratelli decisero di tornare ad una vita comunitaria. Attratti dalla spiritualità di Charles de Foucauld, entrarono nel 1970 nella fraternità dei Piccoli fratelli del Vangelo a Fortin Olmos, nella provincia di Santa Fé, dov’era superiore Arturo Paoli. Dopo il noviziato, Mauricio lavorò per un po’ con la gente delle discariche di Rosario, con quanti, cioè, traggono dalla spazzatura i loro mezzi di sostentamento. In seguito, a Buenos Ayres, si impiegò come netturbino. La mattina del 14 giugno 1977, alle cinque e mezza, uscì come al solito per recarsi al lavoro. Poco prima, nella cappella, aveva pregato e meditato un testo della Lettera a Filemone, in cui Paolo accenna alle catene portate a causa del Vangelo. Alle otto e mezza, tre uomini in divisa, scesi da una Ford Falcón bianca, avvicinarono Maurizio che stava svolgendo le sue funzioni all’angolo di Terrero e Magariños Cervantes, nella Capitale Federale, parlottarono con lui e lo scortarono fino all’auto. Da allora Mauricio sparì nel nulla, seguendo la sorte di altre migliaia di argentini.

Cosme Spessotto era un francescano italiano, missionario in El Salvador. Fu per 27 anni parroco e vicario episcopale della diocesi di San Vicente. La mattina del 14 giugno 1980, fu assassinato da quattro individui armati, che penetrarono in chiesa mentre pregava. Pochi giorni prima aveva lasciato scritto: “Prevedo che, da un momento all’altro, alcuni fanatici potrebbero uccidermi. Chiedo al Signore che, al momento opportuno, mi dia la forza per difendere i diritti di Cristo e della Chiesa. Morire martire sarebbe una grazia che non merito. Lavare, con il sangue versato da Cristo, tutti i miei peccati, difetti e fragilità della vita passata, sarebbe un dono gratuito del Signore. Perdono in anticipo e chiedo al Signore la conversione degli autori della mia morte. Ringrazio tutti i miei fedeli che con le loro espressioni e manifestazioni di stima, mi hanno animato a dar loro quest’ultima testimonianza di vita. Possano anche loro essere buoni soldati di Cristo. Spero di continuare ad aiutarli dal cielo”.

I testi che la litugia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
2ª Lettera ai Corinzi, cap. 3. 4-11; Salmo 99; Vangelo di Matteo, cap.5, 17-19.

La preghiera del mercoledì è in comunione con quanti ricercano l’Assoluto della loro vita, nella testimonianza per la pace, la fraternità e la giustizia.

È tutto, per stasera. Prendendo spunto dalla memoria di Mauricio Silva, scegliamo di congedarci offrendovi in lettura una pagina di Arturo Paoli, che fu suo maestro di noviziato. Tratta dal suo libro “Il grido della terra” (Cittadella Editrice), è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Mi sono domandato tante volte se il mondo dell’opulenza, che non ha più gioventù, arriverà ad annulare la gioventù del terzo mondo e particolarmente questa gioventù latinoamericana, o se la gioventù latinoamericana riuscirà a trasmettere la sua vitalità al mondo dell’opulenza. La società dei consumi può piangere l’assenza di gioventù, ma la dovrà sempre escludere. Le tre funzioni per cui i giovani sono giovani: essere la coscienza del popolo, mantenere e difendere una proposta politica e culturale in obbedienza alla storia che prescinda totalmente dall’interessa immediato di certi gruppi, la critica della religione come una delle occupazioni dell’uomo e la scoperta della religione come verità di fondo e come meta della storia umana, questo non lo può accettare la società capitalista. Il capitalismo è congelazione di capitali con la finalità di dare sicurezza a determinati gruppi, e quindi è negazione radicale dei beni come mediatori di amore e di comunione. E deve proporre una religione che non punti sull’amore e sulla comunione ma sul culto, sull’adorazione solitaria, sulla glorificazione di un Dio che sta fuori e al di sopra. Deve puntare tutte le sue risorse educative sulla competenza e sull’elitismo; deve creare dei miti antistorici in cui investire la voglia di vivere della gioventù. […] Bisogna amare la funzione della gioventù, cioè non amare i giovani come espressione biologica ed estetica, ma amare i giovani rispettando la loro area specifica di azione e difendendo la loro fragilità per non togliere forza e decisione alla loro azione necessaria. A questo dovrebbe convergere la società religiosa, la scoperta politica, la comunità familiare. Gesù non ha adulato i giovani; il suo amore è duro, impegnativo. Li invita a “odiare il padre e la madre” (v. Lc 14, 26), a non partecipare alla sepoltura del padre (Mt 8, 22), a vendere tutti i beni (Mc 10, 25) e a distribuirli per mettere mano al Regno. Così li ha amati, perché ha dato loro una responsabilità che è insostituibile. Non si può parlare ai giovani se non con il cuore puro e disposto ad accettare la distruzione di piani che – se ci pensiamo bene su – non sono di vera liberazione, di ricerca di cieli nuovi e nuove terre, ma sono la monotona proposta di Satana nel deserto della tentazione. (Arturo Paoli, Il grido della terra).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle dlela Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 14 Giugno 2017ultima modifica: 2017-06-14T23:12:02+02:00da fraternidade
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