Giorno per giorno – 10 Giugno 2017

Carissimi,
“Gesù diceva alla folla mentre insegnava: Guardatevi dagli scribi, che amano passeggiare in lunghe vesti, ricevere saluti nelle piazze, avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti. Divorano le case delle vedove e ostentano di fare lunghe preghiere; essi riceveranno una condanna più grave” (Mc 12, 38-40). Duro avvertimento di Gesù contro quello che oggi, nella chiesa, diremmo il clericalismo, il desiderio di categorie, gruppi o singoli individui dello stato ecclesiastico, di affermarsi come struttura o elementi di potere, sul piano religioso, ovviamente, di cui si rivendica il controllo, ma, poi, anche e soprattutto, su quello economico, del prestigio, dell’influenza, del condizionamento psicologico, dell’immagine, o della concorrenza o connivenza con gli altri poteri. La parola di Gesù disegna impietosamente queste attitudini, che si mantengono o si rifanno vive anche oggi, in cui le malefatte emergono solo raramente e nei casi piú eclatanti. A fronte di tutto questo Gesù addita l’esempio di una povera vedova, forse proprio una di quelle ridotte sul lastrico dall’avidità degli scribi di allora (o dalle chiese, o congregazioni, fondate ad hoc, o da semplici e insospettabili religiosi, religiose, o guru più o meno improvvisati). La vedova, impoverita, è capace ancora di donare il poco che le resta, che è però tutta la sua vita. Che è quanto farà da lì a poco lo stesso Gesù. Dono di sé ai fratelli nel consegnarsi in obbedienza al Padre. È ciò a cui siamo chiamati anche noi.

Il nostro calendario ecumenico ci porta oggi la memoria di Abraam di al-Fayyoum, pastore, amico e padre dei poveri, e il ricordo dei Martiri ebrei delle milizie cosacche.

Abraam, il cui nome era Boulos (Paolo), nacque a Gilda, nel distretto di Mallawi (governatorato di al-Minya, Egitto), nel 1829 (1545 dell’Era dei Martiri), da genitori cristiani. Ordinato diacono da Anba Yousab, vescovo di Sunabbo, a diciannove anni entrò nel monastero di al-Muharrak, e subito si distinse per la grande umiltà, la purezza e l’amore alla preghiera. Quando Anba Yakoubos, vescovo di al-Meniah, ne udì parlare, lo volle alla sua residenza, e dopo qualche tempo lo ordinò prete, rimandandolo poi in monastero. Lì, nel 1866, i monaci lo elessero quale loro abate. Durante i cinque anni che mantenne questo incarico, fece di tutto per incrementare la vita spirituale dei monaci, migliorare la produzione dei loro terreni agricoli, ma soprattutto per andare incontro alle necessità dei poveri della regione, che, a migliaia, presero a bussare alle porte del monastero. Ma fu proprio questo suo atteggiamento che suscitò l’ira di un gruppo di monaci, che lo accusarono presso Anba Morcos, vescovo di al-Behira, facente le funzioni del patriarca dopo la morte di papa Demetrius II. Questi accolse le proteste dei monaci e depose l’abate. Dal monastero di al-Muharrak, con altri monaci, più vicini alla sua spiritualità, Boulos si trasferì al monastero di al-Baramous, dove era abate Youhanna lo Scrivano, che nel 1874 sarebbe diventato il 112º papa di Alessandria, col nome di Kyrillos V. Nel 1881 Kyrillos consacrò Boulos vescovo di al-Fayyoum e di al-Giza. Il monaco, assunse allora il nome di Abraam e, nel suo servizio episcopale, continuò con lo stile di sempre, semplice e povero, facendo della sua residenza il rifugio dei poveri, alimentandosi alla loro stessa mensa, rifiutando ogni segno di distinzione esteriore. Abba Abraam morì il 10 giugno 1914 (corrispondente al 3 Baouna 1630 dell’era dei martiri). Oltre diecimila persone, cristiane e musulmane, accompagnarono i suoi funerali. La sua tomba, nel monastero della Vergine Maria a al-Elzab, è ancora oggi meta di continui pellegrinaggi.

Il 10 giugno 1648 le milizie dei cosacchi di Bodan Chmielnicki, sotto la guida del comandante Ganja, assediarono la città fortificata di Nemirov, in Polonia, dove avevano trovato rifugio seimila ebrei. Spazzata via ogni resistenza, i cosacchi entrano in città, sterminando tutta la popolazione ebraica. Nemirov rappresenta solo una delle centinaia di comunità ebraiche annientate dalle orde cosacche. Anche se resta difficile avere un quadro preciso sul numero delle vittime, le statistiche oscillano da un minimo di centomila a oltre seicentomila morti. Il tutto nel quadro di una rivolta dei cosacchi (di fede ortodossa), contro il dominio dei polacchi (cattolici), al fine di unificare l’Ucraina con la Russia.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Libro di Tobia, cap.12, 1.5-20;; Salmo (Tb 13, 1-9); Vangelo di Marco, cap.12, 38-44.

La preghiera del Sabato è in comunione con le comunità ebraiche della diaspora e di Eretz Israel.

È tutto, per stasera. Noi ci si congeda qui, offrendovi in lettura uno scritto di Matta el-Meskin, monaco della stessa chiesa di Abraam di al-Fayyoum. Tratto dal libro “La gioia della preghiera” (Qiqajon), è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Voi avete accettato di essere di Dio. Siate suoi, dunque, e non di voi stessi e considerate la morte una meta perché essa è la porta aperta verso Dio. La morte è il nostro ultimo nemico, perché ci separa da Dio. Il Signore Gesù l’ha vinta e noi la attraverseremo con grande serenità, se ora camminiamo sulla via, perché la porta è posta sulla via e quando l’attraverseremo troveremo Dio. Essa sarà l’ultimo evento del tempo perciò già da ora è impotente verso di noi perché non siamo di questo mondo né di questo tempo, se su di noi è sorta la luce dell’eternità e siamo entrati nella sensazione della resurrezione. La tomba non tratterrà lo spirito. Noi lasciamo volontariamente il corpo perché sia battezzato nella polvere della tomba e nella sua tenebra per il secondo battesimo di resurrezione, nel quale perdiamo il corpo di carne con tutte le sue membra ferite dal peccato e toccate da Satana. Si tratta di un battesimo del tempo (cf 1Cor 10,1-2): il nuovo non ci sarà fintantoché ci sarà il tempo. Quando risorgerà il corpo nuovo, i suoi sensi si apriranno all’eternità. Colui che vive ora nella sensazione del battesimo – che è veramente battesimo della morte e del seppellimento del Signore – potrà lasciare facilmente il suo corpo nella tomba sapendo che la tomba è la realizzazione della gioia della resurrezione e la letizia del battesimo. Il nostro spirito parteciperà al corteo funebre dei nostri corpi. Lo spirito non piange per il corpo ma lo consegna alla tomba come il contadino consegna il seme alla terra. Non parlo da me stesso e non dico semplici parole ma spero di incidere nei vostri cuori la consapevolezza della resurrezione. La vostra vita è nascosta in Cristo e fintantoché Cristo è vivo, voi non morrete. Egli è morto una sola volta per tutti affinché noi fossimo per sempre vivi in lui. La nostra vita va avanti nei giorni di gioia come in quelli di dolore fino alla morte, inarrestabile. Il corpo entrerà nella tomba, ma lo spirito la attraverserà e non vedrà alcuna tenebra perché la sua luce sarà Cristo che illumina le tenebre e le tenebre non lo accolgono. Sia in voi questa nuova consapevolezza cristiana e illumini i vostri cuori la verità della resurrezione perché se farete vostra la resurrezione quale opera genuina dello Spirito santo per l’uomo, sorgerà su di voi la vita di Cristo, scompariranno da voi tutti i pensieri e le congetture che nascono dalle passioni del corpo e dalle impressioni del mondo, e terrete in scarsa considerazione ogni cosa. Considererete ogni cosa una perdita e guadagnerete lo Spirito santo che vi guiderà all’altezza della statura perfetta di Cristo, in santità e verità. (Matta el Meskin, La gioia della preghiera).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 10 Giugno 2017ultima modifica: 2017-06-10T23:05:33+02:00da fraternidade
Reposta per primo quest’articolo