Giorno per giorno – 05 Giugno 2017

Carissimi,
“Un uomo piantò una vigna, vi pose attorno ad una siepe, scavò un torchio, costruì una torre, poi la diede in affitto a dei vignaioli e se ne andò lontano. A suo tempo inviò un servo a ritirare da quei vignaioli i frutti della vigna. Ma essi, afferratolo, lo bastonarono e lo rimandarono a mani vuote” (Mc 12, 1-3). La vigna era, a quel tempo, Israele, poi, lungo i secoli, ogni società, paese, chiesa. Persino, a volerlo, la nostra casa, quella piccola, in cui abitiamo, e quella grande, la nostra dimora comune, la terra e la natura che ci circonda. E il padrone della vigna è Lui, Dio, che ha affidato alle nostre cure lo spazio e le persone con cui conviviamo. I frutti, poi, sono ciò che egli si aspetta da noi, che si viva in fraterna armonia, aperti all’accoglienza dell’altro, pronti a spenderci solidarmente per lui e con lui nella cura assennata e rispettosa dell’ambiente. I servi che egli invia, ad ogni momento, sono in realtà i nostri simili, nei quali è Dio stesso che, sotto mentite spoglie, si rende presente per ricevere da noi ciò che abbiamo ricevuto da Lui: frutti di vita. Noi, invece, spesso, vogliamo tenere i frutti solo per noi e questo spiega le violenze, gli insulti, quando non le uccisioni (o l’indifferenza davanti a tutto questo), che riserviamo agli altri. Noi. Gente che spesso si dice di chiesa. Dimentichi del fatto che in queste violenze e morti, la vera vittima è il Figlio, in cui noi fingiamo di credere e di venerare. Ma quando si uccide il Figlio – le relazioni nuove che segnalano il regnare di Dio tra noi nello zelare per il benessere e la felicità di tutti – subentra inevitabilmente una anche più rovinosa e generalizzata disgrazia, preludio dell’autodistruzione. A meno che. A meno che si riscopra che Dio vuole gli ultimi – la pietra scartata – come testata d’angolo. E questo – la felicità di poveri – diventi priorità delle nostre agende politiche, ecclesiali, famigliari.

Il nostro calendario ecumenico ci porta oggi la memoria di André Trocmé, profeta di pace e nonviolenza.

André Trocmé era nato il 7 aprile 1901 a Saint-Quentin (Francia), da genitori calvinisti. La drammatica esperienza della prima guerra mondiale, con i suoi orrori e assurdità, ebbe una risonanza ancora più grande nella sua famiglia che, di origine franco-tedesca, vide la fitta rete di parentela schierata su fronti opposti. Questo contribuì a maturare nel nostro giovane una forte vocazione pacifista. Dopo gli studi al Seminario di Parigi, Trocmé si recò negli Stati Uniti per completare i suoi studi teologici. Lì incontrò Magda Grilli (1901-1996), una ragazza fiorentina, che egli sposò nel 1926, e da cui ebbe in seguito quattro figli, Nelly, Jean-Pierre, Jacques, e Daniel. Ordinato pastore, svolse per otto anni il suo ministero a Maubeuge e Sin-le-Noble, due cittadine nel nord della Francia. Lì cominciò a predicare l’evangelo della pace e della nonviolenza che, all’epoca e in quell’ambiente, suonava come parola piuttosto ostica e inusuale. Nel 1934 gli fu affidata la cura pastorale di Le Chambon-sur-Lignon, che negli anni successivi sarebbe divenuta un polo di attrazione per un gran numero di rifugiati francesi ed ebrei che sfuggivano la persecuzione nazista. Nel febbario 1943, lui e il suo collega pastore, Edouard Theis, furono arrestati e inviati in campo di concentramento, ma inaspettatamente, dopo quattro settimane, vennero rilasciati. Alla fine della guerra si calcolò che la rete di solidarietà creata dai due pastori con la popolazione locale era riuscita a salvare almeno cinquemila ebrei. Trocmé dedicò gli anni successivi alla lotta per la pace e la riconciliazione. Dal 1948 al 1960, fu segretario europeo di Fellowship of Reconciliation, la maggior organizzazione pacifista interreligiosa esistente. La sua Casa della Riconciliazione, un centro internazionale per la pace operante a Versailles, fece di lui uno dei leader più significativi della lotta nonviolenta, assieme a Martin Luther King, Jr., Toyohiko Kagawa, e Gandhi. André Trocmé morì a Ginevra il 5 giugno 1971, poche settimane prima dell’attribuzione da parte dello Yad Vashem del titolo di Giusto tre le nazioni, per l’attivitá di salvataggio della popolazione ebrea durante la Seconda Guerra Mondiale.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Libro Di Tobia, cap.1, 3; 2, 1-8; Salmo 112; Vangelo di Marco, cap.12, 1-12.

La preghiera di questo lunedì è in comunione con le religioni del subcontinente indiano: Vishnuismo, Shivaismo, Shaktismo.

Dal 1972 l’Onu ha fatto di questa data la Giornata Internazionale dell’Ambiente. Cominciamo col non sprecare acqua, col spegnere una luce di troppo, col ritrovare il gusto di andare a piedi o in bicicletta, col piantare un albero, se abbiamo un pezzettino di terra, col prenderci cura della raccolta differenziata dei rifiuti, con l’appoggiare i movimenti ecologisti, con il sollecitare una politica ambientalista dai nostri partiti, governi, amministrazioni. “Il tuo pianeta ha bisogno di te!”. Cioè di noi.

È tutto, per stasera. E, prendendo spunto dall’odierna Giornata Internazionale dell’Ambiente, vi proponiamo, nel congedarci, una pagina della recente “Lettera Enciclica Laudato si’. Sulla cura della casa comune” di papa Frncesco. Che è, cosí, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Sarebbe sbagliato pensare che gli altri esseri viventi debbano essere considerati come meri oggetti sottoposti all’arbitrario dominio dell’essere umano. Quando si propone una visione della natura unicamente come oggetto di profitto e di interesse, ciò comporta anche gravi conseguenze per la società. La visione che rinforza l’arbitrio del più forte ha favorito immense disuguaglianze, ingiustizie e violenze per la maggior parte dell’umanità, perché le risorse diventano proprietà del primo arrivato o di quello che ha più potere: il vincitore prende tutto. L’ideale di armonia, di giustizia, di fraternità e di pace che Gesù propone è agli antipodi di tale modello, e così Egli lo esprimeva riferendosi ai poteri del suo tempo: «I governanti delle nazioni dominano su di esse e i capi le opprimono. Tra voi non sarà così; ma chi vuole diventare grande tra voi, sarà vostro servitore» (Mt 20,25-26). Il traguardo del cammino dell’universo è nella pienezza di Dio, che è stata già raggiunta da Cristo risorto, fulcro della maturazione universale. In tal modo aggiungiamo un ulteriore argomento per rifiutare qualsiasi dominio dispotico e irresponsabile dell’essere umano sulle altre creature. Lo scopo finale delle altre creature non siamo noi. Invece tutte avanzano, insieme a noi e attraverso di noi, verso la meta comune, che è Dio, in una pienezza trascendente dove Cristo risorto abbraccia e illumina tutto. L’essere umano, infatti, dotato di intelligenza e di amore, e attratto dalla pienezza di Cristo, è chiamato a ricondurre tutte le creature al loro Creatore. Insistere nel dire che l’essere umano è immagine di Dio non dovrebbe farci dimenticare che ogni creatura ha una funzione e nessuna è superflua. Tutto l’universo materiale è un linguaggio dell’amore di Dio, del suo affetto smisurato per noi. Suolo, acqua, montagne, tutto è carezza di Dio. La storia della propria amicizia con Dio si sviluppa sempre in uno spazio geografico che diventa un segno molto personale, e ognuno di noi conserva nella memoria luoghi il cui ricordo gli fa tanto bene. Chi è cresciuto tra i monti, o chi da bambino sedeva accanto al ruscello per bere, o chi giocava in una piazza del suo quartiere, quando ritorna in quei luoghi si sente chiamato a recuperare la propria identità. Dio ha scritto un libro stupendo, “le cui lettere sono la moltitudine di creature presenti nell’universo”. (Papa Francesco, Lettera Enciclica Laudato si’. Sulla cura della casa comune, 82-85)

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 05 Giugno 2017ultima modifica: 2017-06-05T22:24:09+02:00da fraternidade
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