Giorno per giorno – 20 Maggio 2017

Carissimi,
“Se il mondo vi odia, sappiate che prima di voi ha odiato me. Se foste del mondo, il mondo amerebbe ciò che è suo; poiché invece non siete del mondo, ma io vi ho scelti dal mondo, per questo il mondo vi odia” (Gv 15, 18-19). La parola “mondo”, nel vangelo, designa due cose diverse: il mondo come oggetto della creazione, del dono, della cura e dell’amore di Dio (che noi siamo chiamati ad imitare), e il mondo come espressione del sistema, eretto a idolo, che si oppone a Lui, basato sul potere, la competizione, la contrapposizione, l’accumulazione, il privilegio di pochi, e, quindi, sullo sfruttamento, l’esclusione, l’inimicizia, la violenza, la guerra. Stasera, ci dicevamo, che queste due diverse designazioni non operano soltanto al nostro esterno, ma si confrontano, ad ogni momento, dentro di noi, cercando di orientare e decidere delle nostre azioni e scelte. Nel concreto della nostra vita, forse non conosceremo, in prima persona, le persecuzioni che colpiscono quanti (e sono tanti) si impegnano, su vari fronti di lotta, perché tutti vedano realizzata la promessa del Padre che li riguarda di un’esistenza sotto il segno della benedizione. Conosciamo, però, le “solleticazioni” (proprio come nelle tentazioni di Gesù), provenienti dagli agenti del sistema, sotto forma di proposte politiche, influenze culturali, falsificazioni del dato religioso, manipolazione dell’informazione, che si propongono di renderci elementi docili e passivi, utili per la sua perpetuazione. Forme che, proprio perché apparentemente allettanti, e perciò convincenti, sono più pericolose delle persecuzioni vere e proprie. Beh, l’importante è saperlo. Perché ci si possa premunire, resistere, e proporre, nelle condizioni date, un diverso modo di stare al mondo.

Oggi noi si fa memoria di Pietro di Cordova, missionario difensore degli indigeni, Michael e Margaretha Sattler e compagni, martiri anabattisti, e Paul Ricoeur, cristiano e filosofo.

Nato a Cordova, in Spagna, nel 1460, il giovane Pietro entrò nell’Ordine dei Predicatori e fece parte con Antonio di Montesinos e Bernardo di Santo Domingo, del primo gruppo di domenicani inviato a evangelizzare l’isola Española (l’attuale Repubblica Dominicana), dove giunse nel settembre del 1511. La difesa della popolazione indigena fu il grande compito che questi frati coraggiosi si diedero, da subito, comprendendo bene che non è possibile predicare l’Evangelo, senza denunciare l’ingiustizia e l’oppressione che regnano nella società. Fu così che, a pochi mesi dal suo arrivo sull’isola, la comunità decise di denunciare pubblicamente la situazione drammatica che si presentava ai suoi occhi. Insieme i frati redassero l’omelia della IV domenica di Avvento (21 dicembre 1511), delegando poi il padre Antonio de Montesinos a pronunciarla davanti alla popolazione e alle autorità. Quando l’ammiraglio Diego Colombo, vicere dell’isola, figlio del più celebre Cristoforo, si precipitò per fare le sue rimostranze dal superiore del convento, che era appunto Pietro di Cordova, questi gli rispose fermo e tranquillo: “Signore, mi permetta di ricordarle che noi, avendo posto le nostre parole e le nostre azioni al servizio del Re dei re, non possiamo che conformarci a ciò che è giusto, assolutamente giusto, e d’accordo con le leggi divine. Nulla, né nessuno, per quanto potente, riuscirà a piegare la nostra energia e distogliere da esse i nostri sforzi”. Si deve a Pietro di Cordova la redazione del primo catechismo destinato agli indigeni. Il frate morì a 38 anni, di tubercolosi, conseguenza della grandi penitenze cui si era sottoposto in vita.

Michael Sattler era nato nel 1490 a Stauffen, nella regione tedesca del Baden Württenberg. Entrato nel monastero benedettino di San Pietro, nella Foresta Nera, vi aveva compiuto gli studi ed emesso i voti religiosi, ed in seguito era stato eletto priore. Erano gli anni della Riforma e Michael, turbato dalla corruzione che vedeva diffusa nella chiesa e dalle miserabili condizioni di vita dei contadini della regione, e questionato dalla rilettura che Lutero faceva della proposta cristiana, decise di lasciare lo stato religioso. Recatosi a Zurigo nel 1525, apprese e cominciò ad esercitare il mestiere di tessitore. Venuto nel frattempo in contatto con gli anabattisti della zona, chiese di far parte del loro gruppo e di essere ribattezzato. A Strasburgo, l’anno seguente, conobbe e sposò Margaretha, la donna che ne avrebbe condiviso il destino fino alla morte. Il 24 Febbraio 1527, nella cittadina svizzera di Schleitheim, Sattler stilò, per conto della sua chiesa, i Sette articoli di Schleitheim, il documento che sintetizza i fondamenti dell’anabattismo. Poco dopo la conclusione della riunione di Schleitheim, Sattler, la moglie ed altri 18 anabattisti furono arrestati e trasferiti a Rottenburg, nel Baden Württenberg, per esservi processati. Erano ora nelle mani del re cattolico Ferdinando, che aveva dichiarato “il terzo battesimo” (cioè, l’annegamento) il miglior antidoto per l’Anabattismo. Fu imbastito un processo, basato su nove capi d’accusa. Alcuni di essi il Sattler dimostrò falsi, mentre per gli altri, giustificò le sue posizioni, in quanto biblicamente fondate. Dopo soli tre giorni, comunque, gli imputati furono giudicati colpevoli e condannati a morte. Riportiamo qui di seguito il resoconto del martirio di Sattler: “La tortura cominciò al mercato dove un pezzo di lingua di Sattler fu tagliato via. Pezzi di carne furono strappati dal suo corpo e a due riprese con tenaglie roventi, e quindi venne portato su una carretta. Lungo la strada verso il luogo dell’esecuzione le tenaglie strapparono la sua carne ancora altre cinque volte. Alla piazza del mercato ed al luogo dell’esecuzione, ancora in grado di parlare, l’incrollabile Sattler pregava per i suoi persecutori. Dopo essere stato legato ad una scala con funi e spinto nel fuoco, egli ammoniva il popolo, i giudici ed il sindaco a pentirsi ed a convertirsi. Poi pregava: Onnipotente ed eterno Dio, tu sei la via e la verità; io voglio fino ad oggi testimoniare la verità e suggellarla con il mio sangue. Appena le funi intorno ai suoi polsi si furono bruciate, Sattler alzò l’indice delle sue mani per dare ai fratelli il promesso segnale che la morte di un martire era cosa sopportabile. Poi la folla, lì riunita, sentì uscire dalle sue labbra bruciate le ultime parole: Padre, raccomando il mio spirito nelle tue mani”. Era il 20 maggio 1527. Con lui furono giustiziati altri tre anabattisti. La moglie di Sattler, Margaretha, fu uccisa mediante annegamento nel fiume Neckar, due giorni dopo.

Paul Ricoeur era nato il 27 febbraio 1913 a Valence (Drôme) in una famiglia di antica tradizione protestante. Rimasto orfano dei genitori ancora bambino (la madre morì poco dopo averlo dato alla luce, il padre nel 1915, al fronte, durante la Prima Guerra mondiale), fu allevato, assieme alla sorella, dai nonni, a Rennes. Nel 1935 sposò Simone Lejas, un’amica d’infanzia, che gli darà cinque figli. Prigioniero di guerra per cinque anni nei lager tedeschi a partire dal 1940, al ritorno in patria fu tra gli animatori della rivista Esprit, tribuna dell’esistenzialismo cristiano, e amico di Emmanuel Mounier, suo fondatore. Insegnò in seguito all’Università di Strasburgo, poi alla Sorbona e presso la nuova Università di Nanterre e, a partire dal 1970, negli Stati Uniti, alle università di Chicago, Yale e Columbia, oltre che a Lovanio (Belgio), Ginevra (Svizzera) e Montréal (Canada). Morì il 20 maggio 2005, nella sua abitazione di Châtenay-Malabry (Hauts-de-Seine). Ebbe a definire l’uomo “la Gioia del Sì nella tristezza del finito”. E propose un’antropologia da cui emerge un uomo fragile, “sproporzionato” e continuamente sul baratro tra il Bene e il Male, capace di peccato e fallimenti. E tuttavia, “per quanto radicale sia il male, esso non è così profondo come la bontà. Qualunque sia il male commesso, in ogni uomo esiste una particella di bontà da tirar fuori. La religione non è fatta per condannare; è una parola che dice: ‘Tu vali più delle tue azioni’. Si può liberare il fondo di bontà che è in ciascuno di noi se si accetta d’essere strutturati dai grandi simboli che sono alla base delle grandi religioni”.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Atti degli Apostoli, cap.16, 1-10; Salmo 100, Vangelo di Giovanni, cap.15, 18-21.

La preghiera del Sabato è in comunione con le comunità ebraiche della diaspora e di Eretz Israel.

È tutto, per stasera. Noi ci si congeda qui, lasciandovi al brano di un articolo di Paul Ricoeur, apparso in Revue du Christianisme social n.5 (1946), e pubblicata, in traduzione italiana, con il titolo “Il cristiano e la civiltà occidentale” nel libro “La logica di Gesù” (Edizioni Qiqajon Comunità di Bose). È, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Se il cristianesimo ricrea le civiltà nella misura in cui esse inventano dei valori, il cristiano nella società è colui che sa di essere in prima linea in questo ministero del battesimo delle istituzioni pagane. Il compito è sempre quello di assumere i valori dell’epoca, svincolarli dal contesto pagano, convertirli in qualche modo secondo il battesimo di sepoltura con Cristo e di resurrezione con lui, di santificarli come avviene per il corpo. Il giusto e l’ingiusto trovano fondamento nella fede nell’atto stesso in cui questa li mette in discussione e li ricrea. E oggi il nostro compito di cristiani è quello di discernere i nuovi valori di giustizia e di libertà che le condizioni tecniche del mondo moderno attualmente permettono e suscitano, di riconoscerli ovunque siano, e di ripensarli e riviverli in un contesto di fede. Il fatto che i nuovi valori – supponendo che si tratti davvero di valori – siano nati all’ombra dell’ateismo non sembra determinante, così come non lo era il fatto che il valore dell’ospitalità fosse fiorito sotto l’egida del politeismo pagano. I valori morali, i valori di civiltà in sé sono “neutri”, come un corpo da santificare. Così come la chiesa battezza dei bambini che non ha messo al mondo, essa battezza anche delle civiltà che promuovono valori appartenenti a un altro piano dell’esistenza umana e della creazione rispetto al disegno di salvezza; ma essa accoglie quei bambini perché in ultima analisi li crea per una via diversa da quela della predicazione e del sacramento, cioè attraverso il movimento, la vita e l’essere. Per questo nella pienezza dell’uomo divenuto perfetto, la scienza, l’arte, la civiltà vengono ricapitolate e portate a compimento nell’unità. A un livello più profondo della loro neutralità e della loro autonomia, i valori legati alla storia sono radicati nella creazione, come ogni logos razionale o storico nel Logos creatore, che è una persona della Trinità. Proprio per questo, inversamente, i valori morali si deteriorano quando viene loro a mancare un orizzonte religioso ed escatologico. È dunque in primo luogo una parola di coraggio e di audacia che devo intendere: il mio secolo non è straordinario, ci sono sempre greci e barbari da battezzare ed è il greco e il barbaro in me che devono essere convertiti. (Paul Recoeur, La logica di Gesù).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 20 Maggio 2017ultima modifica: 2017-05-20T22:34:48+02:00da fraternidade
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