Giorno per giorno – 17 Maggio 2017

Carissimi,
“Io sono la vera vite e il Padre mio è il vignaiolo. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo toglie e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può far frutto da se stesso se non rimane nella vite, così anche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci” (Gv 15, 1-2. 4-5). Che bella questa immagine del Dio contadino, che si prende cura della vite, da lui piantata nella vigna della storia e del mondo, che è poi il suo figlio Gesù, il sogno di Dio divenuto realtà, su cui sono innestati tutti coloro che si lasciano alimentare dalla linfa divina dell’amore incondizionato, del servizio gratuito, del dono di sé, fino e oltre la morte. Che ad ascoltare i notiziari, si direbbe che la vite sia rimasta nuda e sola, senza tralci, dato che frutti non se ne vedono. Ma è solo una sensazione superficiale, perché i frutti ci sono, anche se nascosti e non pubblicizzati. Ma potrebbero e dovrebbero essere infinitamente di più, a partire da noi, che abbiamo via via ridotto la portata dei nostri sogni, che erano quelli di testimoniare Lui nelle nostre vite. La preghiera che abbiamo fatto stasera è che il Padre ci poti, sì, di tutte le cose, gli atteggiamenti, i pensieri, i desideri, che non dicono la presenza del Figlio nelle relazioni che viviamo, nelle scelte che compiamo. Perché al scendere di ogni sera, Lui possa guardare giù soddisfatto e dirsi (e dire a Gesú): che bei tralci hai messo su, Figlio mio!

Il calendario ci porta oggi la memoria dei 29 Martiri di Shimabara e Unzen, in Giappone.

Nel secolo XVI il Giappone era nominalmente governato da un imperatore, ma di fatto era diviso in 76 feudi, a capo di ognuno dei quali c’era un daimyô (feudatario). A partire dal 1568, uno di essi, Oda Nobunaga era riuscito a estendere militarmente il suo dominio su alcuni territori vicini, dando così inizio al processo di unificazione dell’Impero del Sol Levante. Sotto il suo governo, i missionari, giunti nel Paese vent’anni prima, ebbero modo di lavorare efficacemente all’evangelizzazione delle popolazioni shintoiste e buddhiste. Le cose cominciarono a cambiare quando, con l’assassinio di Oda, nel 1582, assunse il potere Toyotomi Hideyoshi, un suo generale. Questi, nel 1587, emanò un editto, in seguito ritirato e poi reiterato, che ordinava l’espulsione di tutti i missionari. In ogni caso, nel primo decennio del secolo XVII, sotto il governo dello shôgun Tokugawa Ieyasu, i cristiani riuscirono a vivere tranquilli e persino a incrementare il loro numero. Ma, nel 1614, quando il potere nominale era già nelle mani del figlio Hidetada, affidò a un monaco zen nome Suden la redazione di un editto che, bollando il cristianesimo come “jakyô” (religione malvagia), segnò l’inizio di una feroce persecuzione, che prevedeva il definitivo allontanamento dei missionari, la distruzione delle chiese e il forzato ritorno dei cristiani all’antica religione. Nel 1623 lo shôgun Tokugawa Iemitsu, subentrato solo diciannovenne a Hidetada, iniziò una violenta persecuzione contro chi si ostinava a restare cristiano. Fu in queste circostanze che, nel feudo del daimyô Matsukura Nobushige, nelle date del 21 e 28 febbraio e del 17 maggio 1627, 29 cristiani, tutti laici, uomini, donne e un bambino, imprigionati e torturati nei giorni immediatamente precedenti, vennero messi a morte. Del gruppo facevano parte Paolo Uchibori Sakuemon (sposato), con i tre figli Baldassarre, Antonio (18 anni) e Ignazio (5 anni); Gaspare Kizaemon, Maria Mine, con il marito Gioacchino Mine Sukedayu, Gasparre Nagai Sônan (sposato), Ludovico Shinzaburô, Dionisio Saeki Zenka con suo figlio Ludovico, e il nipote Damiano Ichiyata (sposato), Leo Nakayama Sôkan con suo figlio Paolo, Giovanni Kizaki, Giovanni Heisaku (sposato), Tommaso Shingorô, Alessio Shôhachi, Tommaso Kondo Hyôuemon (sposato) e Giovanni Araki Kenshichi, Paolo Nashida Kyûri, Maria, Giovanni Matsutaki, Bartolomeo Baba Hanuemon, Luigi Sukeuemon, Paolo Onizuka Magouemon, Luigi Hayashida Sôka con la moglie Maddalena e il figlio Paolo.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Atti degli Apostoli, cap. 15, 1-6; Salmo 122; Vangelo di Giovanni, cap.15, 1-8.

La preghiera del mercoledì è in comunione con tutti gli operatori di pace, quale ne sia la religione, la cultura o la filosofia di vita.

Una bomba è esplosa stasera sul governo golpista del presidente illegittimo Michel Temer. I notiziari delle maggiori reti hanno portato la notizia delle registrazioni (autorizzate dal Ministero Pubblico Federale) di telefonate intercorse tra lo stesso presidente (come anche il senatore Aécio Neves, leader, e già candidato alla presidenza, del PSDB, il partito della destra liberista, alle origini del golpe) e Joesley Batista, proprietario della JBS, la maggiore impresa esportatrice di carni del Paese, per ottenere pagamenti che garantissero il silenzio dell’ex-presidente della Camera, Eduardo Cunha, vero archivio ambulante della fitta rete di corruzione operante a livello politico-imprenditoriale, in prigione per reati di questa natura. I pagamenti in questione agli emissari indicati (un deputato nel caso del presidente, un cugino, nel caso del senatore), sono stati debitamente filmati. Queste le prime notizie. Resta da vedere l’impatto che questo scandalo, l’ultimo e maggiore di tutti, avrà (se l’avrà) a livello istituzionale.

Come già in passato, ricordiamo oggi, la scomparsa, avvenuta il 17 maggio 2003, di Luigi Pintor, giornalista, scrittore, politico, “resistente”. Aveva scritto un giorno: “Non c’è in un’intera vita cosa più importante da fare che chinarsi, perché un altro, cingendoti il collo, possa rialzarsi”. Come dev’essergli capitato di fare, una volta o l’altra. Scegliamo di congedarci, lasciando a lui la parola per quello che è oggi il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Ora che lo scrivano ha finito di registrare queste confidenze e le rileggo disordinate in capitoli mi accorgo che così non può andare. Risulta che non solo non ho fatto nulla nella mia vita ma che la concludo con umor nero. Non va bene, la signora Sofia Kirchgessner suonava uno strumento flebile ma non stonava. Perciò per lei scrissero Mozart e Beethoven. Vorrei congedarmi dissipando questa impressione. L’umor nero è diffuso dappertutto e nei paesi altamente sviluppati fa la fortuna degli analisti e della farmacologia. Non nego che mi abbia spesso accompagnato per strada ma l’ho lasciato su una panchina nel parco e ora corteggio la comicità. Contano più che mai le intenzioni. Se fosse per i risultati non rifarei nulla di quello che ho fatto e non fatto. Preferirei di no. Ma se guardo alle intenzioni è un altro discorso. La diceria che di intenzioni è lastricato l’inferno è maligna. Deludenti ed effimeri sono gli esiti. I buoni proponimenti sono invece un polline che non fiorisce mai ma profuma l’aria. Consiglierei una rivoluzione sentimentale. Di tutte le rivoluzioni o riforme, plebee o aristocratiche, proletarie o borghesi, culturali o morali, nessuna è mai stata progettata come sentimentale. Forse perché i sentimenti, intesi come rapporti tra le persone, sono difficili da clonare e sono reputati di genere femminile. Consiglierei una rivoluzione retrattile, per quanto l’aggettivo non si presti alle scritte murali, che ristabilisca i ritegni e i tempi interiori abolendo gli orologi. Qualcosa che permetta di capirsi con i segnali di fumo, i versi gutturali dei gorilla, le carezze e le percosse, i gesti che sfiorano le cose viventi e quelle inanimate e dicono più delle parole articolate di cui meniano vanto. Sarà uno di quegli aneddoti a cui gli ignoranti riducono la storia ma mi par di sapere che una famosa rivoluzionaria considerava un crimine schiacciare inutilmente un insetto. Forse questa mentalità l’ha fatta finire a pezzi in un canale ma mi sembra un buon esempio con il quale mi congedo. Non senza ricordare l’esortazione dell’Anonimo, citata all’inizio, alla quale resto dopotutto affezionato. L’autore aggiunge che se si è pessimisti riguardo all’uomo tanto vale legarsi una pietra al collo e buttarsi a mare. Così è. La sua esortazione somiglia all’augurio di pronta guarigione che si rivolge a un malato incurabile, ma ci sono auguri che è giusto fare anche se non raggiungono lo scopo desiderato. ( Luigi Pintor, La signora Kirchgessner).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 17 Maggio 2017ultima modifica: 2017-05-17T22:31:03+02:00da fraternidade
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