Giorno per giorno – 15 Maggio 2017

Carissimi,
“Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui. Chi non mi ama, non osserva le mie parole; la parola che voi ascoltate non è mia, ma del Padre che mi ha mandato” (Gv 14, 23-24). Stasera, ci chiedevamo se i nostri compartamenti, gesti, parole, manifestano davvero che noi si sia abitati dalla relazione di amore che unisce il Padre e il Figlio, che è poi il loro Spirito, quello che, secondo le parole dello stesso Gesù, è come il vento che “soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai da dove viene né dove va” (Gv 3, 8), e ci scopre il legame di fraternità che ci unisce, ben oltre ai vincoli di sangue, razza, patria e religione, a tutta l’umanità. In un tempo, in cui, si rendono più evidenti che mai, anche per la facilità di accesso alle reti di comunicazione, le correnti di diffidenza, chiusura, intolleranza, odio, che tendono via via a moltiplicarsi, condizionare, affermarsi, qual è la testimonianza che noi siamo in grado di offrire?

Oggi è memoria di Isidoro e Maria, santi contadini, di Pacomio, padre del monachesimo, e di Michel Kayoya, martire nel Burundi.

Di Isidoro, sappiamo proprio poco. Nacque in una famiglia contadina e fece sempre il bracciante. Gli piaceva lavorare la terra, ma trovava il tempo, ogni giorno, di ritagliarsi i suoi spazi di gratuità, partecipando alla Messa e dedicandosi alle sue devozioni. Con un certo spasso dei suoi compagni di lavoro.Ma lui li lasciava dire. Incontrò la donna che faceva per lui, una tale Maria, che sposò e da cui ebbe un figlio, morto da piccolo. Vissero insieme il resto della vita, lui lavorando duro fuori casa, e lei dentro. E il denaro che si sudavano, poco, bastava comunque per tanti. Se un povero bussava alla porta, per loro era sempre il Povero. E non se ne andava mai via a mani o con la pancia vuote. E loro erano pieni di allegria. Un giorno poi lui, uno dei piccoli amati da Dio, morì. Era il 15 maggio 1130.

Pacomio era nato nell’Alto Egitto, l’anno 287, da genitori pagani. A vent’anni era stato arruolato a forza nell’esercito imperiale e, durante un trasferimento, era finito in carcere a Tebe con tutte le reclute. Fu in quell’occasione che il giovane venne per la prima volta a contatto con dei cristiani: gente che di notte portava ai prigionieri del cibo. Chi vi manda?, chiedevano loro. Il Dio del cielo, rispondevano. E Pacomio pregò allora quel Dio di liberarlo, che lo avrebbe servito per la vita intera. Quando fu congedado, si recò a Khenoboskion e si aggregò ad una piccola comunità cristiana, dove fu istruito nei santi misteri, al fine di ricevere il battesimo. Visse lì per un certo tempo, dedicandosi al servizio della gente. Conobbe un vecchio anacoreta, Palamone, e lo scelse come guida spirituale. Infine gli giunse un’illuminazione: perché non dar vita a una comunità alternativa? C’erano altri cristiani e cristiane che si erano allontanate dalle città, insoddisfatte dello stile di vita che le caratterizzava. Forse valeva la pena di mettersi insieme e provare a se stessi e agli altri che “un altro mondo era possibile”. Si stabilirono nel villaggio abbandonato di Tabennesi e cominciarono ad organizzarsi in una vita di preghiera, lettura della Parola di Dio e lavoro manuale. Nasceva così il monachesimo cenobitico. Al vescovo Atanasio che gli chiese un giorno: Ma insomma chi diavolo siete?, Pacomio rispose: siamo semplici cristiani. Perdinci, ma se è vero che il monaco è un semplice cristiano, allora ogni cristiano è un monaco. Corretto! Ma nell’uno e nell’altro caso, vale la pena di aggiungere: se si prende sul serio. Pacomio morì nel 346, durante un’epidemia di peste, dopo aver servito i suoi sino alla fine.

Michel Kayoya era nato nel 1934 a Kibumbu, in Burundi. Entrato in seminario, dopo gli studi filosofici, nel 1958 venne mandato in Belgio a studiare teologia. Nel 1963 fu ordinato sacerdote. Nominato vice parroco a Rusengo, si impegnò nei movimenti di Azione Cattolica e assunse la responsabilità delle cooperative. Dal 1967, per tre anni, fu rettore del seminario minore di Mugera; nel 1970 fu chiamato a ricoprire l’ufficio di economo generale della Diocesi di Muynga. Nel mese di aprile 1972, le autorità ecclesiastiche l’obbligarono a lasciare il luogo. Il 15 maggio venne ucciso dai Tutsi nel corso del massacro che costerà la vita ad altre 200 mila persone. Il cadavere fu gettato in una fossa comune. Era sostenitore di un umanesimo che ha alla base il rispetto: “Rispetto del povero, rispetto del piccolo, rispetto del vecchio, rispetto dell’invalido”. Il contrario della civiltà occidentale. A chi gli chiedeva conto del perché fosse cristiano, rispondeva: “Ho deciso di restare cristiano non per paura di impegnarmi, non per paura di lottare. Come cristiano sentivo in me una gioia, un motivo di impegno superiore ed un’energia nuova per consacrarmi alla causa dei miei fratelli, gli uomini. Ero cristiano, volevo che nella lotta contro la fame, la carestia, l’ingiustizia, il disonore, il mio popolo si tessesse un’eternità vera”.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Atti degli Apostoli, cap. 14, 5-18; Salmo 115; Vangelo di Giovanni, cap. 14, 21-26.

La preghiera di questo lunedì è in comunione con le grandi religioni del subcontinente indiano: Vishnuismo, Shivaismo, Shaktismo.

È tutto, per stasera. Noi ci si congeda qui con un brano della “Vita di Pacomio e Teodoro” . Che è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Un giorno, mentre Pacomio stava a letto ammalato, gli si preparò un po’ di buon ragù, perché ne mangiasse, data la malattia. Quando vide quella salsa, disse a Teodoro: “Portatemi una brocca d’acqua”. Il padre versò acqua nel ragù e lo mescolò, finché l’olio che vi si trovava non fu scolato via. Poi disse a Teodoro: “Versami acqua sulle mani, perché me le lavi”. Lavatesi le mani, versò acqua sui piedi di Teodoro, che domandò: “Che cosa hai fatto, padre mio?”. Nostro padre Pacomio rispose: “Versando acqua su questo piatto di legumi, ho eliminato la dolcezza del suo sapore, perché non provocasse in me alcun appetito della carne; tu mi hai versato acqua sulle mani; io a mia volta ti ho lavato i piedi. L’ho fatto per non essere condannato. Tu infatti mi hai servito, mentre dovevo essere io stesso il servitore di tutti”. (Vita di Pacomio e Teodoro).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 15 Maggio 2017ultima modifica: 2017-05-15T22:27:46+02:00da fraternidade
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