Giorno per giorno – 31 Marzo 2017

Carissimi,
“Gesù, mentre insegnava nel tempio, esclamò: Certo, voi mi conoscete e sapete di dove sono. Eppure io non sono venuto da me e chi mi ha mandato è veritiero, e voi non lo conoscete. Io però lo conosco, perché vengo da lui ed egli mi ha mandato. Allora cercarono di arrestarlo, ma nessuno riuscì a mettergli le mani addosso, perché non era ancora giunta la sua ora” (Gv 7, 28-30). Oggi, come allora, c’è chi pretende di sapere tutto su Gesù, proponendo su di lui informazioni più o meno fantasiose, tralasciando tuttavia ciò che lui, in questo passo di vangelo, ritiene l’essenziale, cioè il suo essere inviato da Chi, conosciuto da lui come da nessun altro, per esserne l’origine, veracemente ne fonda l’autorevolezza. Ora, noi, la sua autorità, la sua verità, la sua missione, siamo liberi di riconoscerla e accoglierla, per farne l’orientamento della nostra vita, o di rifiutarla, preferendole altre scelte, più facili per noi, meno esposte ai rischi che egli affrontò, perché più consone alle proposte del Sistema del dominio, contrarie alla logica del Regno di fraternità, solidarietà e pace, che Gesù è venuto a inaugurare. A noi la scelta.

Oggi la Comunità fa memoria di Maria Skobtsova e Yuri Skobtsov, martiri ortodossi della carità, sotto il totalitarismo nazista.

Elizaveta Jurevna Pilenko era nata l’8 dicembre 1891 a Riga, in Lettonia, in una ricca famiglia dell’aristocrazia russa. Quando nel 1906, la madre Sofia, rimasta vedova del marito Yuri, si trasferì con la famiglia a San Pietroburgo, la giovane Liza prese a frequentare i circoli intellettuali radicali, facendosi presto conoscere per la sua passione politica e per il suo talento poetico. Nel 1910, a sorpresa, sposò Dmitriy Vladimirovich Kuz’min-Karavaev, un giovane bolscevico (che in seguito diventerà cattolico e sarà ordinato prete), da cui si separò nel 1913. Da una relazione passeggera, avuta poco dopo, nel corso di una vacanza ad Anapa, sul mar Nero, nacque la sua prima figlia, Gaiana. Militante del Partito socialista rivoluzionario, fu in questa stessa città che, nel 1918, delusa dagli sviluppi della rivoluzione, si trasferì e, lì, dove la famiglia paterna era ben conosciuta per avervi dei possedimenti, fu nominata vice-sindaco. Quando la città fu occupata dalle forze anticomuniste dell’Armata Bianca, la giovane fu denunciata e processata come collaboratrice dei bolscevichi, ma riuscì a dimostrare la sua innocenza. Un amico del suo avvocato, il giovane ufficiale cosacco Daniek Skobtsov s’innamò di lei e la sposò poco dopo. Quando i bolscevichi presero di nuovo il sopravvento, la nuova famiglia si spostò, dapprima, in Georgia, dove, il 27 febbraio 1921, nacque il secondogenito, Yuri, poi a Costantinopoli e in Serbia, dove, il 4 dicembre 1922, nacque Anastasia, e infine a Parigi, nel 1923. La morte improvvisa per meningite della figlia più piccola, il 7 marzo 1926, segnò profondamente la madre e la avviò ad un processo di profonda conversione. Liza cominciò a dedicarsi ai più indigenti tra i rifugiati russi, visitandoli in prigione, negli ospedali, nei manicomi o nelle periferie degradate della città. Diceva: “Ogni persona è l’autentica icona del Dio incarnato nel mondo”. Conobbe e frequentò anche i maggiori rappresentanti dell’ortodossia russa in esilio, come Bulgakov, Berdjaev e il metropolita Evlogij. Fu quest’ultimo che le consigliò di diventare monaca. Dopo aver chiesto ed ottenuto, nel 1927, il divorzio dal secondo marito, Liza emise i voti monastici, nel 1932, assumendo il nome di Maria (in ricordo della penitente Maria Egiziaca). Fondò allora il suo monastero, nella rue de Lourmet, a Parigi, dove, vivendo in assoluta povertà, si dedicò all’accoglienza dei più bisognosi tra i suoi fratelli, alla preghiera, e alla riflessione, portata avanti con i suoi compagni di fede, su come rinnovare la vita dell’Ortodossia. Il figlio Yuri, che aveva abitato inizialmenteto con il padre, raggiunse a questo punto la madre. Divenuto lettore e poi suddiacono, officiava le liturgie nella cappella che, nella casa-ospizio materna era stata dedicata alla Protezione della Madre di Dio, partecipando inoltre a tutte le attività della madre a favore dei poveri (che lui chiamava la sua liturgia fuori del tempio) e, successivamente, durante l’occupazione nazista, a favore degli ebrei. È in questo contesto che il giovane venne arrestato dalla Gestapo, l’8 febbraio 1943. Due giorni dopo venne arrestata la madre e le altre persone coinvolte negli aiuti agli ebrei. Madre Maria venne inviata nel campo di concentramento di Ravensbruck. Lì trascorse due anni in condizioni indescrivibili di crudeltà e disumanità, consolando, incoraggiando e testimoniando fino alla fine la civiltà dell’amore tra le sue compagne di sventura. Morì nella camera a gas il 31 marzo 1945. Il figlio Yuri l’aveva preceduta. Dopo un soggiorno a Dachau, dal 16 dicembre 1943 al 25 gennaio 1944, fu inviato a Buchenwald, per lavorare nelle officine sotterranee Dora. Dieci giorni dopo il suo arrivo in questo campo, colpito da un’acuta forma di foruncolosi, fu mandato in infermeria, che però non funzionava ancora. Aggravatesi ulteriormente le sue condizioni, lo inviarono ad una destinazione ignota, quella finale. Prima dell’arresto aveva scritto: “Non esiste un problema ebraico, esiste un problema cristiano. Se noi fossimo davvero cristiani, avremmo indossato tutti la stella gialla. È giunto il tempo di confessare. La maggior parte cadranno nella prova, ma il Salvatore ha detto: Non abbiate paura, piccolo gregge”. Madre Maria e suo figlio Yuri sono stati canonizzati dal Santo Sinodo del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli il 6 gennaio 2004, assieme ai loro compagni d’avventura, padre Dimitri Klépinine e Ilya Fondaminsky.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Libro della Sapienza, cap.2, 1a. 12-22; Salmo 34; Vangelo di Giovanni, cap.7, 1-2. 10. 25-30.

La preghiera del Venerdì è in comunione con i fedeli dell’Umma islamica che confessano l’unicità del Dio clemente e misericordioso.

Bene, noi ci congediamo qui, lasciandovi ad un brano di Mère Marie Skobtsova, tratto dal suo “Le sacrement du frère” (Les Éditions du Cerf et Le Sel de la Terre). Che è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Siamo chiamati a incarnare, in modo vivace e creativo, i fondamenti della nostra Chiesa: la “cattolicità” e la divino-umanità. Siamo chiamati a opporre il mistero della vera comunione alle false relazioni tra le persone. È, infatti, questa l’unica via in cui si può esprimere l’amore di Cristo, l’unica via della vita. Fuori di essa, c’è solo la morte per fuoco e cenere, la morte provocata dai molteplici odii che dividono oggi l’umanità tra classi, nazioni, razze… A tutte le forme di totalitarismo di ordine mistico, dobbiamo opporre un’unica realtà: la persona, l’immagine di Dio nell’uomo. A tutte le forme di individualismo passivo nella democrazia, dobbiamo opporre la “cattolicità”, la sobornost. Rassicuratevi. Non vi è in questo nulla di sistematico. Noi desideriamo soltanto vivere come ci insegna il secondo comandamento di Cristo, che deve determinare ogni nostro atteggiamento verso gli uomini in questa vita sulla terra. Vogliamo cercare di vivere in modo tale che gli estranei possano presentire nel cammino cristiano l’unica possibilità di salvezza, la bellezza suprema, la verità che supera qualsiasi negazione. Riusciremo a incarnare le nostre speranze? Non lo sappiamo. Al limite, è opera di Dio. Ma con la volontà del Signore, il suo aiuto e la sua grazia, ciascuno di noi è chiamato a impegnarsi con tutte le sue forze, a non temere lo sforzo più duro, a dare la sua anima per i suoi amici. Sì, ognuno di noi è, asceticamente e in un sacrificio di amore, chiamato a seguire il Cristo fino al Golgota che gli è destinato. (Mère Marie Skobtsov, Le sacrement du frère).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 31 Marzo 2017ultima modifica: 2017-03-31T22:05:16+02:00da fraternidade
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