Giorno per giorno – 27 Marzo 2017

Carissimi,
“Vi era un funzionario del re, che aveva un figlio malato a Cafàrnao. Costui, udito che Gesù era venuto dalla Giudea in Galilea, si recò da lui e gli chiedeva di scendere a guarire suo figlio, perché stava per morire. Gesù gli disse: Se non vedete segni e prodigi, voi non credete” (Gv 4, 46-48). Il racconto del funzionario regio, a pensarci bene, parla più per noi che per lui. Della nostra fede più ancora che della sua. Di quando essa è davvero fede e di quando non lo è ancora. Credere infatti ciò che si vede non è ancora (o non lo è più) fede. È constatazione. Come quando vediamo sorgere il sole o cadere la pioggia. La fede, invece, è un salto nel buio. L’uomo del racconto, un pagano, come segno ha solo la parola di Gesù: “Tuo figlio vive” (v.50), e la crede. La parola che Gesù aveva detto alla Samaritana era tutto sommato un segno più credibile, dato che le aveva svelato il suo passato, qui invece la parola è tutta da verificare, eppure l’uomo si fida. Come crederà, subito dopo, ai servi che gli vengono a dire che il figlio vive. Questi servi, potremmo dire che, oggi, rappresentano la chiesa, che si fa portavoce della promessa di Cristo: “Chi crede in me, anche se muore, vivrà, e chiunque vive e crede in me, non morirà in eterno” (Gv 9, 25-26). Su questa parola, inverificabile, si gioca la fede. Dio è il Dio della vita, sempre e per tutti. Siamo disposti a crederlo e farci latori di questo messaggio?

Oggi il calendario ci porta le memorie di Meister Johann Eckhart, teologo e mistico e di José Comblin, profeta scomodo.

Johann Eckhart era nato intorno al 1260 a Hochheim, nei pressi di Gotha (che qualche secolo dopo avrebbe dato il nome ad un programma del partito operaio tedesco e, più conosciuta ancora, alla critica che ne fu fatta). Entrato quindicenne nell’ordine domenicano, Eckhart vi compì i suoi studi filosofici e teologici. Nel 1298 fu nominato priore del convento di Erfurt e vicario provinciale di Turingia. Conseguito, nel 1302, il dottorato in Teologia, all’università di Parigi, l’anno successivo fu eletto provinciale della recentemente istituita provincia di Sassonia e, nel 1307, vicario provinciale di Boemia. Nel 1311 lo troviamo nuovamente a Parigi a insegnarvi teologia; poi, dopo il 1314, professore e predicatore a Strasburgo, Francoforte, e Colonia. In quest’ultima città giunse nel 1320, e lì rimase fino alla morte. La teologia di Eckhart si basava sul principio dell’ unione mistica dell’anima con Dio. Alcune formulazioni tuttavia parvero all’arcivescovo di Colonia suscettibili di una lettura panteista, tanto che Eckhart fu denunciato come eretico. Il domenicano si difese, affermando: “Io posso certo sbagliare, ma non sono eretico. Il primo caso infatti ha a che vedere con la mente, il secondo con la volontà”. Comunque, per amore di pace, non esitò a ritrattare 26 proposizioni. Quando il 27 marzo 1329 il papa avignonese Giovanni XXII ne identificò e condannò 28, nella sua bolla In agro Domini, Meister Eckhart se ne stava già dove il Mistero non è più tale. O, almeno lo è, presumibilmente, di meno.

José Comblin era nato a Bruxelles, in Belgio, il 22 marzo 1923. Ordinato prete nel 1947, divenne dottore in teologia all’Università Cattolica di Lovanio. Giunse in Brasile nel 1958, rispondendo a un appello di Pio XII, che nel documento Fidei Donum, chiedeva missionari volontari per le regioni dove mancavano preti. Dopo un periodo di lavoro, nello stato di São Paulo, dove fu professore in seminario e assistente della JOC (la Gioventù Operaia Cattolica), e un soggiorno in Cile, nel 1964 si recò in Pernambuco, su invito di dom Helder Câmara, nominato arcivescovo di Olinda e Recife. A partire dal 1969 contribuì alla creazione dei seminari rurali, in Pernambuco e nella Paraiba. La metodologia utilizzata era adattata all’ambiente sociale dei seminaristi. Questa esperienza pose le basi per la “Teologia da Enxada” (Teologia della Zappa), che, fondata sulla Bibbia, prevedeva la pratica del lavoro nei campi e lo studio teologico a stretto contatto della realtà di vita dei contadini. Perseguitato per le sue idee dal regime militare, Comblin fu espulso dal Brasile nel 1971. Recatosi in Cile, vi rimase fino al 1980, quando fu espulso dal regime di Pinochet. Di ritorno in Brasile, si stabilì a Serra Redonda (Paraiba), dove fondò un seminario rurale e curò la formazione di animatori delle Comunità ecclesiali di base. La metodologia per i seminari che era stata approvata da Paolo VI, non trovò però l’avallo del Vaticano, sotto il pontificato di Giovanni Paolo II, e questo segnò la fine dell’esperienza. Negli stessi anni, tuttavia, Comblin diede origine ai Missionari dei Campi (1981), alle Missionarie di Ambiente Popolare (1989), ai Missionari di Juazeiro da Bahia (1989), della Paraíba (1994) e del Tocantins (1997). Stabilitosi a Barra, nell’entroterra di Bahia, è morto il 27 marzo del 2011.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Profezia di Isaia, cap.65,17-21; Salmo 30; Vangelo di Giovanni, cap.4, 43-54.

La preghiera di questo lunedì è in comunione con i fedeli del Sangha buddhista.

Oggi, ci ha lasciati irmã Dorly Pereira dos Santos, sorella domenicana dolcissima, che, nonostante l’età avanzata e le precarie condizioni di salute, si è sempre mostrata piena di cura e di attenzioni con chi di noi capitava all’Externato São José, a Goiânia. Pur nella certezza della vita in Dio che ci trasmetteva proprio il Vangelo di oggi, ne sentiremo a lungo la mancanza.

È tutto, per stasera. Noi ci congediamo qui, offrendovi in lettura un brano del sermone “Iusti vivent in aeternumi”, di Meister Eckhart. Che è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Non si deve cogliere o considerare Dio come esterno a noi stessi, ma come nostro bene proprio e come cosa che è in noi stessi; non si deve neppure servire od agire in vista di un perché: né per Dio, né per il proprio onore, né per qualsiasi altra cosa fuori di sé, ma soltanto per ciò che è in sé suo essere proprio e sua propria vita. Molte persone semplici si immaginano che devono considerare Dio come lassù, e loro quaggiù. Non è così. Io e Dio siamo uno. Con la conoscenza accolgo Dio in me, con l’amore penetro in lui. Alcuni dicono che la beatitudine non risiede nella conoscenza ma solo nella volontà. Essi hanno torto, infatti se risiedesse solo nella volontà, non vi sarebbe unità. Agire e divenire sono una cosa sola. Quando il falegname non lavora, la casa non si fa. Quando la scure non agisce, anche il divenire è fermo. Dio ed io siamo uno in questa operazione: egli opera ed io divengo. Il fuoco trasforma in sé ciò che gli è portato, che diventa sua natura. Non è il legno che trasforma in sé il fuoco, ma il fuoco che trasforma in sé il legno. Nello stesso modo noi siamo trasformati in Dio, in guisa tale che lo conosceremo come egli è. San Paolo dice: Così lo conosceremo, io lo conoscerò come lui mi conoscerà, né più né meno, assolutamente nello stesso modo. I giusti vivranno eternamente, e la loro ricompensa è accanto a Dio, del tutto simile. Che Dio ci aiuti ad amare la giustizia in se stessa e Dio senza perché. Amen. (Meister Eckhart, Iusti vivent in aeternum).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 27 Marzo 2017ultima modifica: 2017-03-27T22:00:07+02:00da fraternidade
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