Giorno per giorno – 14 Marzo 2017

Carissimi,
“Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. Praticate e osservate tutto ciò che vi dicono, ma non agite secondo le loro opere, perché essi dicono e non fanno. Chi tra voi è più grande, sarà vostro servo; chi invece si esalterà, sarà umiliato e chi si umilierà sarà esaltato” (Mt 23, 2-3. 11-12). La nostra tendenza, in generale, è quella di applicare queste parole di Gesù ai religiosi e ai teologi del suo tempo. In realtà, se l’evangelista si è preso la briga di riportarle, è perché Gesù si dirigeva anche a noi. Che abbiamo deciso di seguirlo. Con esse ci presenta come è Lui, per dirci come dovremmo essere anche noi. Non solo coloro che occupano una qualche funzione nella gerarchia, dato che tra l’altro scribi e farisei erano laici, religiosi, certo, ma laici. E alcuni di loro persino cattivi, come sappiamo esserlo anche noi. Quando, se appena sappiamo un po’ di catechismo e di Bibbia, e frequentiamo i nostri culti, subito ci sentiamo migliori degli altri, pensiamo di conoscere ormai quanto basta, pretendiamo di imporre le nostre convinzioni, ed esigiamo dagli altri ciò che neppure noi riusciamo il più delle volte a fare. Pur senza paramenti speciali, e senza poter accedere al presbiterio, né essere riveriti per strada, o invitati ai banchetti dei potenti, o chiamati maestri, padri, e monsignori, e neppure semplici leader di comunità, ci ricaviamo però la nostra personalissima cattedra da cui dettiamo legge, o la nostra nicchia di potere e di privilegio, a cui qualcuno, fuori di casa o dentro di casa, renda omaggio o presti servizio. Anche solo noi a noi stessi, in mancanza di meglio. Smentendo così il vangelo e venendo meno alla nostra vocazione. Che è, invece, se davvero seguiamo le orme di Gesù, quella di servire. Servire alla vita, alla crescita di essa, a partire dai più piccoli e ultimi, sotto il segno della benedizione, della gratuità e della libertà. Senza inutili esibizionismi, ma con generosità umile e nascosta. Ostinatamente.

Il nostro calendario ci porta oggi le memorie di Fannie Lou Hamer, paladina dei diritti civili dei negri afro-americani, e di Chiara Lubich, promotrice del dialogo interreligioso.

Fannie era nata il 6 ottobre 1917 a Montgomery County, nel Mississippi, ultima dei venti figli di una coppia negra di mezzadri, Jim e Lou Ella Townsend. Della sua infanzia dirà un giorno: “La vita era più che dura, era tremenda! Non c’era mai abbastanza da mangiare e non mi ricordo quanti anni avevo quando mi sono potuta permettere il mio primo paio di scarpe, ma ero già grande. Nostra madre cercava di tenerci i piedi al caldo avvolgendoceli con stracci che legava poi con dei pezzi di corda”. Per molti anni la sua vita non fu diversa da quella di una qualunque povera ragazza negra di quella regione. La svolta si ebbe nel 1962, quando, già quarantacinquenne e madre di famiglia, partecipando ad una manifestazione per i diritti civili, Fannie udì uno degli oratori invitare i negri a registrarsi per il voto. E lei lo fece. Ora, questa scelta, così apparentemente innocua, negli Stati del profondo Sud di quegli anni, significava cercarsi la morte. E si tradusse comunque subito nell’espulsione della sua famiglia dalla terra e più tardi in arresti e brutali pestaggi. Da allora inizia la storia dell’impegno di Fannie nella battaglia per i diritti civili dei negri, nella contestazione della guerra del Vietnam e nella creazione di una coalizione che riunisse tutti i poveri e i lavoratori americani. Instancabilmente e sino alla fine, quando morì per un tumore al seno, il 14 marzo 1977. Un giorno aveva detto: “Dobbiamo renderci conto quanto sia serio il problema oggi negli Stati Uniti, e io penso che il cap.6 della Lettera agli Efesini, versetti 11 e 12, ci aiuti a comprendere ciò che noi stiamo combattendo: ‘Prendete le armi che Dio vi dà, per poter resistere contro le manovre del diavolo. Infatti noi non dobbiamo lottare contro creature umane, ma contro spiriti maligni del mondo invisibile, contro autorità e potenze, contro i dominatori di questo mondo tenebroso’. Questo mi viene in mente, quando penso al mio contributo alla battaglia per la libertà”.

Chiara Lubich era nata a Trento il 22 gennaio 1920 da una famiglia di tipografi. Durante il regime fascista, suo padre, socialista, rimase senza lavoro a causa delle sue idee, sicché la famiglia dovette sopportare anni di gravose difficoltà economiche. Durante la seconda guerra mondiale, l’incontro di Chiara con una donna che aveva perso i suoi quattro figli a causa della guerra, la portò alla convinzione che il Vangelo poteva diventare il meccanismo di una potente trasformazione sociale, se vissuto condividendo le sofferenze e le privazioni dei poveri. Nacque così quella che sarebbe divenuta l’ “Opera di Maria” (meglio conosciuta come Movimento dei Focolari), di cui Chiara e un gruppo di amiche formarono il primo nucleo. Alcuni anni più tardi, nel 1962, Giovanni XXIII diede la prima approvazione al movimento, che venne, via via, chiarendosi e approfondendo quello che sarà il suo specifico carisma: una “spiritualità dell’unità” tra generazioni, culture, chiese, religioni. E, ad aprire cammini nell’ambito del dialogo interreligioso, soprattutto con ebrei, musulmani e buddisti, Chiara Lubich si dedicò fino ai suoi ultimi anni. Il 10 marzo 2008, il peggioramento delle sue condizioni di salute, già precarie a partire dal 2006, richiesero un suo ricovero in ospedale, dove ricevette la visita del patriarca ecumenico di Costantinopoli, Bartolomeo I. Giudicando prossima la fine, il 13 marzo chiese di poter far ritorno nella casa di Rocca di Papa, dove si spense il giorno successivo.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Profezia di Isaia, cap. 1,10.16-20; Salmo 50; Vangelo di Matteo, cap. 23,1-12.

La preghiera del martedì è in comunione con le religioni tradizionali del Continente africano.

Quando aveva dodici anni, una mattina prima di andare a scuola, aveva chiesto come sempre la benedizione al compagno di sua madre e lui gli aveva detto: Dio ti benedica. Vai con Dio. Tornato a casa, il patrigno non c’era. C’era però sua madre, stesa sul letto. Morta. Uccisa a coltellate. Quanto questo avrebbe pesato sulle scelte degli anni seguenti, compreso il tunnel della droga, lo deve sapere Alexandro, dal quale, giunto al termine dei suoi nove mesi nella chácara di recupero, ci siamo congedati oggi. Una bella presenza nel gruppo che ha integrato. Il messaggio che gli abbiamo affidato si chiudeva così: “Caro Alexandro, l’augurio è che tu continui appassionato per la parola di Dio. Parola che per noi cristiani è la stessa persona di Gesù (Dio-salva). Fonte inesauribile di senso e di interpretazione di ogni altra parola, tanto nella Bibbia, quanto nella vita, di ogni avvenimento, di qualunque scelta. In Sua compagnia tutto andrà bene. Grazie per la compagnia e per i contributi preziosi di questi nove mesi. Potrai contare, in tutto ciò che sarà possibile, sulla nostra amicizia e il nostro aiuto”.

Per stasera è tutto. Noi ci si congeda qui, offrendovi in lettura una citazione di Chiara Lubich. Tratta dai suoi “Scritti spirituali” (Città Nuova), è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Abbiamo bisogno di dilatare il cuore sulla misura del Cuore di Gesù. Quanto lavoro! Ma è l’unico necessario. Fatto questo, tutto è fatto. Si tratta di amare ognuno che ci viene accanto come Dio lo ama. E dato che siamo nel tempo, amiamo il prossimo uno alla volta, senza tener nel cuore rimasugli d’affetto per il fratello incontrato un minuto prima. Tanto, è lo stesso Gesù che amiamo in tutti. Ma se rimane il rimasuglio vuol dire che il fratello precedente è stato amato per noi o per lui… non per Gesù. E qui è il guaio. La nostra opera più importante è mantenere la castità di Dio e cioè: mantenere l’amore in cuore come Gesù ama. Quindi per essere puri non bisogna privare il cuore e reprimervi l’amore. Bisogna dilatarlo sul Cuore di Gesù ed amare tutti. E come basta un’ostia santa dei miliardi di ostie sulla terra per cibarsi di Dio, basta un fratello – quello che la volontà di Dio ci pone accanto – per comunicarci con l’umanità che è Gesù mistico. E comunicarci col fratello è il secondo comandamento, quello che viene subito dopo l’amore di Dio e come espressione di esso. (Chiara Lubich, Scritti Spirituali).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 14 Marzo 2017ultima modifica: 2017-03-14T23:04:38+01:00da fraternidade
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