Giorno per giorno – 13 Febbraio 2017

Carissimi,
“Perché questa generazione chiede un segno? In verità io vi dico: a questa generazione non sarà dato alcun segno” (Mc 8, 12). Il segno ce l’avrebbe dato, in seguito, e sarebbe stato, per chi [non] sa leggerlo, un antisegno. Affermare Dio, l’Onnipotente, sotto il segno della debolezza, dell’impotenza, della sconfitta. Noi, invece, ne cerchiamo ancora, dopo duemila anni, l’affermazione, secondo la logica del mondo. Negando, in tal modo, Dio, sconfessando la sua verità, tradendo Cristo. No, egli non ci darà nessun altro segno che quello della sua croce. Attende semmai da noi il segno che ci siamo convertiti a Lui.

Il calendario ci porta oggi la memoria di Santiago Miller, martire in Guatemala. Ricordiamo in questa data anche la conclusione della Conferenza episcopale di Puebla, alle radici dell’opzione preferenziale per i poveri.

James Alfred Miller era un religioso lassalliano, originario degli Stati Uniti. Nato a Stevens Point, Wisconsin, il 21 settembre 1944, primogenito di Arnold e Lorraine Miller, James era entrato nell’agosto 1962 nel noviziato dei Fratelli delle Scuole cristiane e aveva emesso i suoi primi voti religiosi l’anno successivo, il 31 agosto. Dopo aver completato il ciclo di studi e aver insegnato alcuni anni in patria, fu inviato nel 1971 in Nicaragua, dove restò quasi dieci anni, insegnando nelle scuole di Bluefields, Waspam e Puerto Cabezas. Rientrato negli Stati Uniti nel 1980, vi si trattenne un anno, ripartendo l’anno successivo questa volta per il Guatemala, come professore del Collegio de La Salle e direttore dell’Istituto Indigenista. Allegro, amabile e totalmente dedito alla sua gente, non trovava mai tempo per sé. Huehuetenango era una comunità povera e bisognosa, ma anche seriamente impegnata nella lotta per la giustizia. Nel dicembre del 1981, durante un viaggio negli Stati Uniti, per quella che sarebbe stata l’ultima breve visita alla famiglia e per sottoporsi ad una chirurgia al ginocchio, Miller denunciò le condizioni disumane in cui viveva la sua gente: scuole fatiscenti, bambini senza di che vestire, pacifici padri di famiglia assassinati mentre erano al lavoro nei campi, studenti rapiti dai militari e fatti sparire. Poche settimane dopo il suo rientro in Guatemala, il 13 febbraio 1982, quattro uomini armati invasero la scuola e lo uccisero a bruciapelo. Aveva 37 anni di età, venti di vita religiosa.

Il 13 febbraio 1979 si chiudeva a Puebla, in Messico, la Terza Conferenza Generale dell’Episcopato Latinoamericano (CELAM). Iniziata il 27 gennaio, aveva avuto come tema “L’evangelizzazione nel presente e nel futuro dell’America Latina”. Nel suo documento conclusivo, i vescovi latinoamericani denunciavano, tra l’altro, l’iniquità del sistema economico operante sia a livello internazionale che delle singole realtà nazionali, i molteplici volti dell’oppressione di regimi spesso sedicenti cristiani, la crescente capacità di manipolazione dei mass-media, e nel contempo, con le realtà vive operanti alla base della Chiesa, proponevano cammini nuovi di testimonianza del Regno, che rendessero credibile l’annuncio della buona notizia di Gesù, e, attraverso l’impegno e lo sforzo comune di tutti gli uomini di buona volontà, avvicinassero i tempi di una società più giusta, fraterna e solidale.

I testi che la liturgia propone oggi alla nostra riflessione sono tratti da:
Libro di Genesi, cap.4, 1-15.25; Salmo 50; Vangelo di Marco, cap.8, 11-13. .

La preghiera di questo lunedì è in comunione con i fedeli del Sangha buddhista.

“Forse già in questi giorni si preparano nuovi presidi, nuove illusioni storiche, nuove aggregazioni che cerchino di ricompattare i cristiani. Ma i cristiani si ricompattano solo sulla parola di Dio e sull’Evangelo! La Chiesa stessa, se non si fa più spirituale, non riuscirà ad adempiere la sua missione e a collegare veramente i figli del Vangelo!” Lo diceva don Giuseppe Dossetti, che nasceva come oggi, il 13 febbraio 1913. Varrebbe la pena di ricordarcene in tempi come anche questi in cui si usa e abusa, a fini di potere, bestemmiando perciò Cristo e il suo Vangelo, dell’etichetta di cristiani. A Dossetti lasciamo la parola nel congedarci, con una citazione tratta dal suio “Sentinella, quanto resta della notte”, che è, così, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Alla inappetenza diffusa dei valori – che realmente possono liberare e pienificare l’uomo – corrispondono appetiti crescenti di cose – che sempre più lo materializzano e lo cosificano e lo rendono schiavo. Questa è la notte, la notte delle persone: la notte davvero impotente, uscita dai recessi dell’inferno impotente, nella quale la persona è custodita rinchiusa in un carcere senza serrami (Sap 17, 13.15). In questa solitudine, che ciascuno regala a se stesso, si perde il senso del con-essere (il Mit-sein heideggeriano: pur esso, però, insufficiente, come cercherà di insistere Levinas): e la comunità è fratturata sotto un martello che la sbriciola in componenti sempre più piccole (di qui la fatale progressione localistica) sino alla riduzione al singolo individuo. […] C’è da chiedersi, a questo punto, se tali degenerazioni non siano insite nella decadenza del pensiero occidentale, come sostiene Levinas. A suo parere, possono essere evitate non con un semplice richiamo all’altruismo e alla solidarietà; ma ribaltando tutta la impostazione occidentale, cioè ritornando alla impostazione ebraica originale, nella quale si dissolve proprio questa partenza dalla libertà del soggetto. I figli d’Israele sul Sinai, nel momento più solenne e fondante di tutta la loro storia, quando Mosè propose loro la Legge, hanno detto: “Faremo e udremo” (Es 24,7). Cioè essi scelsero un’adesione al Bene, precedente alla scelta tra bene e male. Realizzarono così un’idea di una pratica anteriore all’adesione volontaria: l’atto con il quale essi accettarono la Torà precede la conoscenza, anzi è mezzo e via alla vera conoscenza. Questa accettazione è la nascita del senso, l’evento fondante l’instaurarsi di una responsabilità irrecusabile. L’accoglimento della Rivelazione è una caratterizzazione dell’uomo come risposta, come coscienza della destinazione che porta all’Altro. Ben avanti ogni sermone edificante, ogni moralismo, ogni paternalismo: c’è una relazione e una responsabilità che mi costituisce prima ancora che io possa chiedermi come devo comportarmi e cosa devo fare. (Don Giuseppe Dossetti, Sentinella, quanto resta della notte).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 13 Febbraio 2017ultima modifica: 2017-02-13T22:21:00+01:00da fraternidade
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