Giorno per giorno – 10 Febbraio 2017

Carissimi,
“Condussero a Gesù un sordomuto, pregandolo di imporgli la mano. E portandolo in disparte lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e disse: Effatà, cioè: Apriti! E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente” (Mc 7, 32-35). Stasera, nella chiesetta dell’Aparecida, ci dicevamo che sordi (alla Parola di Gesù), e per conseguenza anche muti, continuiamo ad esserlo un po’ tutti. E il nostro ritrovarci lì, in chiesa o nelle case, intorno al Vangelo, rappresenta la nostra disponibilità a lasciarci guarire da Lui. Il che non avviene generalmente da un momento all’altro, ma è un processo lento, che può avvenire solo “lontano dalla folla”, dalle molte voci e messaggi che ci fanno sordi alla sua, di voce, e al suo annuncio. Un giorno, accadrà anche a noi che Egli pronunci il suo “Apriti”, e allora, vinte le resistenze, che ci derivano dall’essere così spesso proni alle molte suggestioni del sistema del potere, sapremo deciderci ad accogliere, ridire e testimoniare “correttamente” la buona notizia di Gesù, che ci fa sapere di essere figli amati del Padre e ci chiama ad essere solo e sempre fratelli. Facendo nostra la logica del dono.

Oggi il calendario ci porta le memorie di Scolastica, monaca e contemplativa, e di José Maria Llanos, il “prete rosso”.

Scolastica era nata, come il più celebre fratello, Benedetto, a Norcia nel 480 circa e si consacrò giovanissima al Signore. Più tardi, quando il fratello già viveva a Montecassino con i suoi monaci, scelse di fare vita comune in un altro monastero della zona con un piccolo gruppo di donne consacrate. Di lei conosciamo solo le circostanze che precedettero la morte, avvenuta nel 543, per il racconto che ne fece Gregorio Magno (540-604) nei suoi Dialoghi. Racconta l’antico discepolo di Benedetto che Scolastica si recava una volta all’anno a far visita al santo, in un possedimento del monastero, non molto fuori dalla porta, dove il fratello la raggiungeva, ed anche quella volta non era mancata all’appuntamento, rimanendo a parlare con lui, per tutta la giornata, fin dopo cena. Ed essendosi fatto tardi, la donna lo implorò che non la lasciasse, ma che piuttosto si fermasse con lei tutta la notte per continuare a parlare delle cose sante di Dio. Benedetto, però, che era severo quanto basta, rifiutò di accontentarla. Allora Scolastica che era amica di Dio, certo un po’ di più dell’accigliato fratellino, si rivolse direttamente a Colui che non sa dire di no, tanto meno alle lacrime di una donna, sua sposa per giunta. E Lui, com’era prevedibile, per tutta risposta, scatenò un uragano che la metà bastava e la santa, rivolta a Benedetto: Va pure, fratello mio, torna al monastero! E quello di rimando: Briccona di una sorella che sei. E restarono così tutta notte. E poi si congedarono. E lei, tre giorni dopo, morì.

José Maria Llanos era nato il 26 aprile 1906, figlio di un generale di fanteria. Dopo gli studi di Chimica all’Università, decise di entrare nella Compagnia di Gesù. Per un buon lasso di tempo, le sue scelte risentirono dell’influenza dell’ambiente di provenienza. Fu, infatti cappellano del Fronte della Gioventù, e arrivò persino a predicare gli esercizi spirituali al generalissimo Franco. Poi, però, si rese conto dell’emarginazione di gran parte della popolazione, e così mutò radicalmente vita. Il 24 dicembre 1955, nonostante le pressioni contrarie di famigliari e superiori, si trasferì in una baraccopoli alla periferia di Madrid, El pozo del tio Raimundo. Di fronte alla miseria, alle ingiustizie cui potè assistere e vivere di persona, mise in opera una pastorale incardinata nelle lotte e rivendicazioni della sua gente, dando inoltre impulso alla creazione di scuole, associazioni di vicini, collettivi di lotta. Con la casa sempre aperta a tutti: vicini, bambini, persone di ogni classe e condizione, disoccupati, drogati, immigrati. Per non far torto a quelli che lo chiamavano il “prete rosso”, prese la tessera del partito che difendeva la sua gente, e s’iscrisse alle Comisiones Obreras, sotto lo sguardo sospettoso di qualche intellettuale sbilanciatamente organico di certa sinistra, che vide in lui una quinta colonna del Vaticano, per ritrovare l’influenza perduta tra i poveri. Ma lui ne rise, senza farci troppo caso. L’Associazione di vicini, al suo 85º compleanno gli consegnò una targa che diceva: “José María de Llanos venne al Pozo sulla via di Dio, ha inciampato nell’uomo e dandogli la mano arriverà fino a Lui”. E, alla fine, c’è arrivato. Il 10 febbraio 1992. Chiese che sulla tomba mettessero il numero della sua tessera delle Commissioni operaie e quando si avvicinò l’ora del trapasso, disse al gesuita incaricato del suo necrologio: “Fratello, basta solo che ci metta SJ” (Societas Jesu, la sigla della Compagnia di Gesù).

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Libro di Genesi, cap.2, 18-25; Salmo 32; Vangelo di Marco, cap.7, 31-37.

La preghiera del Venerdì è in comunione con i fedeli dell’Umma islamica, che confessano l’unicità del Dio clemente e misericordioso.

Prendendo occasione dalla memoria di santa Scolastica, scegliamo di proporvi, nel congedarci, un brano di Marie-David Giraud, badessa nel monastero di Notre-Dame di Jouarre, nella valle della Marca, uno dei luoghi claustrali più celebri dell’universo monastico femminile che si ispira alla regola di san Benedetto. Lo troviamo sotto il titolo “Una storia di radici e di ali” nella collettanea “Dio intimo. Parole di monaci” (Edizioni Messaggero Padova). Ed è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
La conversione è il lavoro che Dio compie pazientemente e fedelmente in tutta la nostra esistenza. Il desiderio che che fonda ogni uomo e che ciascuno porta più o meno oscuramente in sé – essere amato e amare – è la traccia della firma di Dio nell’essere umano. Una firma originale, mediante la quale Dio dice da sempre a ciascuno di noi: “Io ti do fiducia, ti dico di sì […]. Perché tu sei prezioso ai miei occhi, perché sei degno di stima ed io ti amo […]. Ecco ti ho disegnato sulle palme delle mie mani” (Is 43, 4; 49, 16). Chi si lascia firmare da Dio “scriverà sulla mano: Del Signore” (Is 44, 5). Sono profondamente convinta che ciascuno è chiamato a scrivere sulla sua mano, sul suo cuore: “Del Signore”. Ciascuno secondo la propria vocazione. Questo impegno è un duro lavoro. È il frutto di una lotta. Non crediamo che la fede, la vocazione rendano tutto semplice ed evidente. In monastro siamo messe a nudo, senza scappatoie, confrontate ai nostri limiti e a quelli degli altri. Ognuno si trova a dover affrontare un giorno questa apertura al reale. La vita monastica non ce ne dispensa. Nel cuore di ogni uomo si ingaggia una lotta fra la luce e le tenebre. Spesso è una lotta terribile. La violenza e le guerre ne sono la concreta manifestazione. Bisogna impegnarsi a mantenere una promessa. Ma bisogna mantenerla perché Dio la mantiene per primo, perché sono “tenuta”, “sostenuta”, “contenuta” fin dal primo istante del mio essere: “Suscipe me, Domine!” (tienimi o ricevimi, Signore) cantiamo in occasione della nostra professione solenne. (Marie-David Giraud, Una storia di radici e di ali).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 10 Febbraio 2017ultima modifica: 2017-02-10T22:15:37+01:00da fraternidade
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