Giorno per giorno – 18 Gennaio 2017

Carissimi,
“Gesù entrò di nuovo nella sinagoga. Vi era lì un uomo che aveva una mano paralizzata, e stavano a vedere se lo guariva in giorno di sabato, per accusarlo” (Mc 3, 1-2). Chi stava lì per coglierlo in castagna era gente di chiesa – i farisei – e gente legata alla, diremmo oggi, destra politica – gli erodiani. Stranamente, o neanche tanto, in combutta. Come è dato di vedere, in questi giorni, nelle alleanze che si vanno formando a sostegno del neo-eletto presidente degli Usa. Già, ma che c’entra? C’entra, c’entra, basta saper vedere. C’entra con lui, ma c’entra, evidentemente, anche con noi. Ogni volta che ci si preoccupa più della legge, fosse anche di Dio, invece che della vita, e vita piena, dell’ultimo dei suoi figli. Per restituire questa vita in pienezza e allegria, che è il progetto di Dio per l’umanità, a cui egli ci convoca tutti, il figlio di Dio ci insegna che si può trasgredire a cuor leggero anche il più importante precetto della Legge divina. Immaginarsi gli altri, meno importanti. Questo, evidentemente, fa paura ai guardiani della legge, religiosa e civile. Perché mette a repentaglio gli spazi di merito, sicurezza e privilegio che essi si ritagliano da sempre. Dio invece subordina ogni valore al principio che lo designa meglio di ogni altro: la misericordia senza limiti, la dedizione incondizionata, la cura paterno-materna, fraterna, filiale. Il nostro negarci a questo – che è anche la vocazione piú profonda insita nella natura umana – è ciò che, in ogni tempo, lo rattrista e lo indigna.

Oggi, il nostro calendario ci porta la memoria di Sergio Berten e compagni, martiri della solidarietà in Guatemala, e di Mahmoud Mohamed Taha, il Gandhi sudanese. Nell’emisfero Nord, primo giorno dell’Ottavario di preghiere per l’unità dei Cristiani.

Sergio Berten era nato nel 1953 in Belgio ed era entrato ancor giovane nella Congregazione del Cuore Immacolato di Maria. Ventiduenne chiese ed ottenne di recarsi come missionario in Guatemala. Lavorava nella costa meridionale, animando le comunità di Puerto San José, Santa Lucía Cotzumalguapa e Tiquisate. La sua opzione per i poveri fu subito chiara. Nella realtà di miseria e ingiustizia in cui vivevano i contadini, fu portato a scoprire sempre più nitidamente in ciascuno di loro il volto sofferente di Cristo. La Parola di Dio nella Bibbia divenne per lui sempre più trasparente, illuminandolo nel cammino e dandogli la forza per seguire ogni giorno più radicalmente Gesù. Condividendo la vita dei poveri, approfondì nel dialogo con essi la riflessione sui passi che la situazione di miseria e di oppressione esigeva in vista di un cambiamento reale. Cosciente del pericolo di morte che correva a causa del suo impegno, al fine anche di proteggere i suoi compagni di congregazione religiosa e i contadini più impegnati, Sergio decise di continuare il suo lavoro in clandestinità. Questo non impedì che, il 18 gennaio 1982, fosse sequestrato con altri otto giovani contadini in una strada di Città del Guatemala. Sparendo con loro nel nulla, martiri tutti della giustizia e della solidarietà.

Mahmoud Taha era nato verso il 1911 a Rufa‘a, una cittadina sulla riva orientale del Nilo Azzurro, nel Sudan centrale. Rimasto orfano, aveva comunque potuto continuare gli studi, fino a laurearsi in Ingegneria nel 1936, dedicandosi successivamente alla libera professione. Fin da giovanissimo aveva partecipato alla lotta per l’indipendenza nazionale e nel 1945 fu tra i fondatori del Partito Repubblicano, una formazione islamica di orientamento modernista, che, negli anni successivi, si propose di rendere possibile nella società islamica, a partire dalla rivelazione coranica, l’effettiva partecipazione popolare alla vita politica, una completa libertà religiosa, la reale eguaglianza di diritti tra uomo e donna. Fedele alla sua coscienza religiosa, contrario ad ogni violenza, Taha fu ripetutamente arrestato e torturato, prima di essere impiccato a Khartoum, il 18 Gennaio 1985, in seguito alle pressioni dei “Fratelli musulmani” che giudicavano eretiche le sue tesi a favore di un Islam non-violento. Affrontò la morte con grande serenità, sorridendo alla folla che, venuta per assistere all’esecuzione, circondava il patibolo, cantando canti religiosi. Subito dopo l’impiccagione, il corpo fu portato in elicottero nel deserto, dove venne sepolto in una località rimasta sconosciuta. Dopo la caduta del dittatore Nimery, nell’ottobre 1985, fu richiesta la revisione del processo. Con sentenza datata 18 novembre 1986, la Suprema Corte definì nulli il processo, i procedimenti di ratifica e l’esecuzione di Mahmoud Taha. Piuttosto tardivamente.

Oggi, nell’emisfero Nord, si apre l’Ottavario di preghiere per l’unità dei Cristiani. Esso ebbe origine per iniziativa di due ministri anglicani: l’inglese Spencer Jones e l’americano Paul James Francis Wattson (che sarebbe poi divenuto cattolico). Nel 1907, Jones suggerì l’istituzione di una giornata di preghiera, il 29 giugno di ogni anno, per il ritorno di tutti i cristiani all’unità con la chiesa di Roma. L’anno dopo, Wattson propose un’ottava di preghiere (dal 18 al 25 gennaio) col fine di ottenere da Dio “il ritorno di tutte le altre pecore all’ovile di Pietro, l’unico pastore”. Più rispettoso dell’identità delle singole chiese, il prete cattolico Paul-Irénée Couturier, nel 1935, trasformò questa manifestazione nella “Settimana universale di preghiera per l’unità dei cristiani”, che aveva come finalità quella di pregare per la santificazione di tutti i battezzati e per la realizzazione dell’unità “con i mezzi che Dio vorrà e nel modo che Egli vorrà”. Dal 1966 il tema e i testi per la Settimana sono decisi e preparati insieme da una speciale commissione del Consiglio Ecumenico delle Chiese e dal Segretariato (in seguito, Pontificio Consiglio) per l’unità dei cristiani.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Lettera agli Ebrei, cap.7, 1-3. 15-17; Salmo 110; Vangelo di Marco, cap. 3, 1-6.

La preghiera del mercoledì è in comunione con quanti ricercano la Verità del mondo e l’Assoluto della loro vita, lungo i sentieri dell’impegno per la pace, la giustizia e la fraternità tra popoli e individui.

Bene, noi ci si congeda qui, lasciandovi alla lettura di un testo di Mahmoud Mohamed Taha, tratto dal suo libro “Il secondo messaggio dell’Islam” (EMI). Che è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
L’animo umano è oggi una sfilza di molte idee pericolose. C’è la paura che ha acquistato fin dall’alba della sua vita primitiva, prima ancora che divenisse umano, per ereditare le ambizioni che aveva accumulato nell’intervallo. C’è l’inibizione acquisita durante la propria esistenza individuale, dalla nascita alla morte, poiché le leggi, i costumi e la pubblica opinione continuavano ad operare nell’inibire i desideri riprovevoli e negando loro sia espressione che libertà di azione. Causa di ogni inibizione è la paura: essa, sia primitiva, ingenua e infondata, sia intelligente, ponderata e ben fondata, ha lasciato la sua impronta permanente sull’animo umano. La paura, qualsiasi forma essa prenda, è il genitore di tutte le perversioni morali e delle alterazioni del comportamento. L’uomo non perfezionerà mai il suo essere uomo, e la donna il suo essere donna, finché resteranno preda della paura ad ogni grado e in ogni modo. La perfezione si ottiene attraverso il processo di liberazione dalla paura. L’individuo non sarà mai liberato da tutte le forme di paura ereditate eccetto che attraverso la completa conoscenza dell’ambiente in cui ha vissuto e continua a vivere, il quale è stato la causa diretta della paura istillata nelle più lontane profondità del suo essere. La paura è ignoranza, e l’ignoranza può essere eliminata solo con la conoscenza. È perciò imperativo che l’individuo riceva un pieno e veritiero quadro della sua relazione con la società e con l’universo in generale. (Mahmoud Mohamed Taha, Il secondo messaggio dell’Islam).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 18 Gennaio 2017ultima modifica: 2017-01-18T22:17:38+01:00da fraternidade
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