Giorno per giorno – 13 Gennaio 2017

Carissimi,
“Che cosa è più facile: dire al paralitico: Ti sono perdonati i peccati, oppure dire: Àlzati, prendi la tua barella e cammina? Ora, perché sappiate che il Figlio dell’uomo ha il potere di perdonare i peccati sulla terra, dico a te – disse al paralitico –: àlzati, prendi la tua barella e va’ a casa tua” (Mc 2, 9-11). Che poi, le due cose, ci dicevamo stasera, sono strettamente collegate. Perché ciò che ci paralizza, in tutti i sensi, è il peccato. In altre parole il peccato è ciò che ci rinchiude in noi stessi, ci ripiega su di noi, ci impedisce di andare, fiduciosamente e generosamente, verso l’altro, di camminare sciolti e liberi nell’avventura della vita, verso il nostro futuro. O, anche, ci riduce a cosa, manipolata e manipolabile ad ogni momento, a favore di interessi che ci sfuggono, travestiti sotto parole d’ordine altisonanti, come legge, ordine, progresso, nazione, religione, e persino, dio. Gesù viene a liberarci da tutto questo. A scioglierci dai vincoli che ci imprigionano, non perché ricadiamo in altri, anche peggiori, che schiavizzino noi come schiavizzatori di altri, ma per incamminarci sulla strada della libertà, in sua compagnia, se lo vogliamo, o nella casa che ci è data come nostra: “Va’ a casa tua”, dice infatti all’ex-paralitico. Avendo comunque appreso la lezione. Per insegnarla ad altri. Perché questa è, da sempre, la chiamata che Dio ci rivolge. Non quella di restarcene seduti immobili e paurosi sugli scranni delle nostre umane e disumane sicurezze. Come gli scribi del racconto. Che hanno ridotto Dio al loro sapere, ignorandone la fantasia senza limiti, che, senza sosta, crea, ricrea, suggerisce, innova, suscita e risuscita e incorpora i risultati che i più animati tra i suoi figli e figlie raggiungono, perdonando gli errori degli uni, comprendendo i limiti degli altri, giustificando i ritardi di altri ancora. Sorridendo a tutti. Purché venga meno il male, e perché tutto venga accolto e vissuto come dono d’amore. Sapendo, per altro che il cammino è lungo. A volte, dal basso, intollerabilmente lungo e, a tratti, crudele.

Oggi il nostro calendario ecumenico ci porta la memoria di George Fox, mistico e fondatore della Società degli Amici (Quaccheri).

Nato in una famiglia poverissima, nel luglio del 1624, a Drayton-in-the-Clay, nel Leichestershire (Inghilterra), Fox cominciò giovanissimo a lavorare in una bottega di calzolaio, ma, nel 1643, risolse di lasciare ogni cosa per dedicarsi, in una vita itinerante, alla lettura e alla meditazione della Bibbia. Ebbe esperienze mistiche che gli diedero la certezza che ogni credente, qualunque fede professi, può ricevere l’illuminazione spirituale, in forza della Presenza divina nascosta in ogni essere umano. Fox iniziò la sua predicazione pubblica a Leicester, nel 1647; tuttavia prendeva la parola solo quando si sentiva animato dall’ispirazione divina. È questa un’usanza che continua ancora oggi tra i quaccheri, le cui riunioni sono caratterizzate da lunghi silenzi, volti a favorire quel raccoglimento che permette di raggiungere una profonda comunione con Dio. Fox fondò un vasto movimento tra le classi diseredate, che prenderà il nome di Società degli Amici, richiamandosi all’espressione di Gesù: “Voi siete miei amici, se farete ciò che vi comando” (Gv 15,14). Il movimento si sparse presto in tutta l’Inghilterra. Persecuzioni, condanne, arresti non valsero a fermare Fox né i suoi seguaci: a tutto essi reagivano con serenità e senza mai opporre violenza, nella coscienza di dover “rispondere a ciò che v’è di Dio” in ogni uomo, perfino nei loro persecutori. Fox sentì con grande chiarezza la problematica sociale del suo tempo. Sostenne la riforma giudiziaria e carceraria, l’abolizione della schiavitù, la diffusione dell’istruzione elementare. Nel 1670-73 si recò a predicare in America. Anche lì, nonostante le persecuzioni, si videro presto i frutti della sua attività missionaria. Tornato in patria, morì a Londra il 13 gennaio 1691.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Lettera agli Ebrei, cap.4, 1-5.11; Salmo 78; Vangelo di Marco, cap. 2, 1-12.

La preghiera del Venerdì è in comunione con i fratelli della Umma islamica.

Noi di don Primo Mazzolari facciamo memoria il 12 aprile, che è la data della sua pasqua. Oggi, comunque, ne ricordiamo la nascita e, nel congedarci, scegliamo di rendergli omaggio, cedendo a lui la parola, con un brano tratto dal suo libro “Il Padre nostro. Commento” (Paoline). Che è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
“Vi mando a tutti gli uomini”, dice il Vangelo. “Chi ascolta voi ascolta me; a chi perdonerete sarà perdonato”. Qualcheduno di noi ha creduto che qui la generosità del Padre attraverso le parole del Cristo avesse toccato il colmo. No: non è il sacerdote che rappresenta il momento culminante di questa partecipazione, o di questa comunione del Padre. Siete voi, ognuno di voi. Confrontate quelle parole che vi ho dette con queste che incomincio a dirvi: “Io avevo fame e tu non m’hai dato da mangiare; io avevo sete e tu non m’hai dato da bere; io ero senza casa e tu non m’hai ospitato; io ero ignudo e tu non m’hai vestito; io ero prigioniero e tu non sei venuto a trovarmi”. Chi vede il fratello vede il Padre: è una delle affermazioni che si trovano tra le frasi non scritte nell’Evangelo ma raccolte nei primi testi ecclesiali. Quando il Signore vuole che sia preparata la pasqua nel cenacolo dice: “Vengo a far la pasqua coi miei”. Se uno rimane fuori, o miei cari fratelli, il Signore rimane fuori. Ci sono le chiese piene, mi dicono. Vorrei domandarvi – non abbiatevene a male -: e quelli che sono fuori, li abbiamo dentro, o miei cari fratelli, nella nostra ospitalità cristiana? E facile credere in un Padre che non ha figliuoli, se non noi… l’unico figlio! Non si può, o miei cari fratelli, entrare nella casa di tutti col nome del Padre e lasciarne fuori uno. Anche la Comunione. Tocco la balaustra: è facile ricevere una Presenza eucaristica dove il colloquio finisce per diventare il piccolo dialogo del nostro egoismo, sia pure spirituale. E facile guardare un’Ostia, anche con un occhio di fede. Ma che tremenda responsabilità se, dopo aver aperto il nostro occhio su questa Presenza eucaristica, noi non sappiamo discernere il volto del fratello. C’è qualche cosa, o miei cari, che la paternità del Padre stabilisce inequivocabilmente per me, per tutti. (Don Primo Mazzolari, Il Padre Nostro. Commento).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 13 Gennaio 2017ultima modifica: 2017-01-13T22:09:28+01:00da fraternidade
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