Giorno per giorno – 22 Novembre 2016

Carissimi,
“Mentre alcuni parlavano del tempio, che era ornato di belle pietre e di doni votivi, Gesù disse: Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta” (Lc 21, 5-6). A partire da questa previsione sulla distruzione del tempio – oggi ci sono talibani e Daesh a distruggere le cose belle, allora c’erano i romani, in altri tempi i barbari, e così via – Gesù comincia il discorso che è chiamato apocalittico, il cui intento non è, come spesso si crede, di terrorizzare circa una fine considerata imminente, ma, al contrario di animare le comunità in tempi di crisi, violenze, catastrofi e persecuzioni. Qualunque cosa accada, dobbiamo avere ben chiare alcune cose: in primo luogo quello che è al centro della buona notizia del Regno: Dio è padre e ci ama indefettibilmente, proprio come sempre e soltanto ci si è mostrato in Gesù. Come conseguenza, se ci fosse (come sempre c’è) chi si fa avanti per terrorizzarvi, dicendo che all’origine di ciò che di tremendo accade, c’è l’ Io-sono di Dio, non credetegli: è un falso e un impostare. Guerre, rivoluzioni, terremoti, carestie pestilenze, sono sempre accadute, da che mondo è mondo: compito delle comunità dei discepoli è dare testimonianza di cosa significa credere nel Signore Gesù, preoccupandosi di sanare le ferite prodotte dalla malvagità dell’uomo, che cede alle lusinghe e agli inganni del grande seduttore, inducendolo all’adorazione degli idoli della ricchezza e del potere. Come testimoniamo la nostra fede, noi delle comunità?

Oggi il calendario ci porta la memoria di Eberhard Arnold, profeta della nonviolenza, fondatore di Bruderhof, e quella di Clive Staples Lewis, scrittore “costretto ad entrare”.

Nato a Königsberg, in Germania, il 26 luglio 1883 da una famiglia di intellettuali borghesi, Arnold fece, ancora bambino, l’opzione dei poveri e degli oppressi, suscitando il disappunto del parentado e la riprovazione della sua chiesa. Subendo le pressioni della famiglia, si iscrisse alla facoltà di teologia dove si laureò e, nel 1909, sposò Emmy von Hollander che sarebbe stata la sua fedele compagna di vita e di missione. Ai primi anni di matrimonio risale la sua critica ai vincoli della Chiesa con lo Stato e con il sistema di proprietà. Questo lo portò a rifiutare per coerenza la cattedra teologica, preferendo studiarsi di “essere cristiano” che insegnare teologia. Lo scoppio della Prima Guerra Mondiale, con il tragico affermarsi delle sirene nazionalista e militarista e i gravi problemi sociali che ne seguirono, spinse i coniugi Arnold, i loro figli e una piccola cerchia di amici a chiedersi cosa significasse concretamente vivere il Discorso della Montagna nelle circostanze attuali. Da questo desiderio nacque Bruderhof (il luogo dove vivono i fratelli), che, ispirandosi alle comunità anabattiste del XVI secolo, adottò la pratica del battesimo degli adulti, la condivisione dei beni, la dottrina e la pratica della pace e della nonviolenza. All’inizio degli anni trenta, la comunità contava un centinaio di membri e fu allora che decise di affiliarsi agli Hutteriti nordamericani, cui si sentiva spiritualmente legata. Totale invece l’incompatibilità con l’ideologia propagandata dal nazismo che era nel frattempo salito al potere. Davanti all’impossibilità di continuare libera e fedele agli insegnamenti di Cristo, e per la scelta di negarsi a servire in armi lo stato, la maggior parte dei membri della comunità si trasferì in Svizzera e, successivamente in America. Eberhard non potè. Le conseguenze di un rottura alla gamba lo costrinsero a letto. Ricoverato in ospedale a Darmstadt per sottoporsi ad una chirurgia, vi morì per complicazioni post-operatorie, il 22 novembre 1935.

Clive Staples Lewis nacque il 29 novembre 1898 a Belfast, Irlanda, secondo dei due figli di Flora Augusta Hamilton e di Albert James Lewis. All’età di sei anni la famiglia Lewis si trasferì a Strandtown, dove, nel 1908, morì prematuramente la madre. All’età di 15 anni il giovane Clive, anche per l’influsso del professore a cui il padre aveva affidato la sua formazione, abbandonò la fede e la pratica cristiana. Diciottenne, venne ammesso con una borsa di studio all’Università di Oxford, ma, l’anno successivo, nel 1917, richiamato alle armi, dovette interrompere gli studi e partire per il fronte. Ferito nella battaglia di Arras, rientrato in Inghiletrra per la convalescenza, strinse un forte legame di amicizia con Janie King Moore, madre di un commilitone, morto in battaglia. Dopo la guerra Lewis e Janie Moore andarono a vivere insieme. Completati gli studi, nel 1923, Lewis inaugurò la sua carriera accademica che gli valse l’incarico di docente temporaneo di Lingua e Letteratura Inglese presso l’University College di Oxford, dove insegnerà fino al 1954. Qui incontrò lo scrittore e filologo J.R.R. Tolkien, con cui avviò un sodalizio profondo e duraturo, decisivo per la sua conversione al cristianesimo, che sfociò nella sua adesione alla chiesa anglicana, nel 1931. Negli anni successivi, fino al 1950, Lewis scrisse la maggior parte delle sue opere, tra cui Le lettere di Berlicche e le Cronache di Narnia. Nel 1950, ricevette la prima lettera da una sua ammiratrice americana, Helen Joy Davidman-Gresham, con cui iniziò un lungo rapporto epistolare e che incontrò di persona nel 1952. Lewis che aveva riassunto la relazione dell’uomo con l’assoluto nel concetto di ricerca della gioia, finì per innamorarsi di questa donna che si chiamava Joy (gioia). Che egli sposerà nel 1956. Sfortunatamente la comparsa di un tumore alle ossa portò la donna alla morte, nel 1960. Clive Staples Lewis morì il 22 novembre del 1963 in seguito all’aggravarsi di problemi cardiaci. Della sua conversione aveva scritto: “Fui forse il convertito più disperato e riluttante d’Inghilterra. Allora non mi avvidi di quello che oggi è così chiaro e lampante: l’umiltà con cui Dio è pronto ad accogliere un convertito anche a queste condizioni. Per lo meno, il figliol prodigo era tornato a casa coi suoi stessi piedi. Ma chi potrà mai adorare adeguatamente quell’amore che schiude i cancelli del cielo a un prodigo che recalcitra e si dibatte, e ruota intorno gli occhi risentito in cerca di scampo? Le parole compelle intrare, obbligali ad entrare, sono state così abusate dai malvagi che a sentirle rabbrividiamo ma, opportunamente comprese, scandagliano gli abissi della misericordia Divina. La durezza di Dio è più mite della dolcezza umana, e le Sue costrizioni sono la nostra liberazione”.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Libro dell’Apocalisse, cap. 14, 14-19; Salmo 96; Vangelo di Luca, cap.21, 5-11.

La preghiera del martedì è in comunione con le religioni tradizionali del Continente africano.

Oggi sono 100 anni dalla nascita di padre David Maria Turoldo, frate dei servi di santa Maria, come gli piaceva definirsi, e poi poeta e profeta di tempi oscuri. Di lui, un confratello, padre Ermes Ronchi, ha detto tra l’altro: “ La cattedra del dolore è stato il suo magistero più alto. Lui diceva sempre questo: ‘Io non ho mai pregato Dio di guarirmi, perché dovrebbe guarire me e non una madre giovane, malata di cancro e con due figli? Io ho solo chiesto a Dio la forza per attraversare la valle oscura’. Padre David non imputava a Dio il male, esso non è una punizione del peccato né una pedagogia per un’ascesi del vivere. Dio non può e non deve intervenire in queste cose perché altrimenti finisce l’autonomia del creato e la libertà dell’uomo. Di fronte al male aveva un atteggiamento nobile: non colpevolizzava Dio, pur interrogandosi continuamente come fa Giobbe. Né ebbe mai l’atteggiamento di chi ha fatto diventare il male la roccia dell’ateismo. Oggi il dolore e la sofferenza sono le più grandi contestazioni che si muovono all’esistenza di Dio. Dio e male convivono ma l’ultima parola, come disse poco prima di morire David, è che la vita non finisce mai”. Noi se ne fa memoria il giorno della sua pasqua, il 6 febbraio. Anche oggi scegliamo comunque di congedarci, proponendovi un suo testo, tratto dal libro “Amare” (Edizioni San Paolo). Che è, così, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Un uomo, molti uomini; centinaia di milioni di indiani, milioni di africani, di asiatici, di cinesi. Sacche di umanità per ogni continente: sac¬che di disoccupati, ingrumati fino nelle piazze cen¬trali del sistema. E andrà ancora peggio. Tutti cadu¬ti in mano ai briganti? E chi può essere questa socie¬tà di briganti? Quando uno vive in un sistema dove l’uomo non conta niente, perché conta il profitto avanti tutto; conta l’efficienza, la potenza, il dena¬ro, quest’ultimo cosa deve dire? Quando uno pensa a quante di queste ricchezze, che fondano il nostro orgoglio e il nostro strapotere, provengono dal paese dei poveri e dal loro sfruttamento; e noi diventia¬mo sempre più ricchi e loro sempre più poveri – come sostiene la Populorum progressio – quest’uo-mo cosa deve rispondere? Pensiamo alla provenien¬za della maggior parte dell’oro del mondo e dei dia¬manti e di tanta parte dell’energia; pensiamo ai capi¬tali dell’America Latina che sono per due terzi in mani straniere; pensiamo alla vicenda del Cile, del Nicaragua, della Cambogia, dell’Indonesia… Altro che un uomo mezzo morto, ai margini della civiltà: Potranno mai rialzarsi e continuare il loro cammino queste turbe immense di infelici? Ed ora c’è un ter¬zo mondo, e poi ci sarà un quarto mondo, e poi ci sarà un quinto mondo… Le inutili lotte che dovran¬no sostenere e il sangue che dovranno versare, per avere almeno il diritto a una dignità, per essere ap¬punto uomini anche loro! Pensiamo al Sud Africa, all’Asia… pensiamo alle multinazionali… Invece dice il Signore: “Guai a voi che aggiunge¬te casa a casa, vigna a vigna, come se foste voi soli a vivere e fosse vostra la terra!”. Un santo dice che, quando uno si arricchisce, lo fa sulla vita di cento poveri. “Guai a voi che divorate il mio povero come se fosse un boccone di pane!”. Credo che non ci sia una sola affermazione del Signore, dove il ricco non sia trattato da ladro. Può essere benedetta la ric¬chezza che è di tutti, perché è di Dio; ma il ricco, specialmente del Vangelo, è per definizione un ma¬ledetto: “Beati voi poveri, maledetti voi ricchi”. Per Cristo il ricco è più che un ladro: è un idolatra. (David M. Turoldo, Amare).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 22 Novembre 2016ultima modifica: 2016-11-22T22:42:54+01:00da fraternidade
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