Giorno per giorno – 21 Novembre 2016

Carissimi,
“In verità vi dico: questa vedova, così povera, ha gettato più di tutti. Tutti costoro, infatti, hanno gettato come offerta parte del loro superfluo. Ella invece, nella sua miseria, ha gettato tutto quello che aveva per vivere” (Lc 21, 1-4). Stasera, a casa di dona Nady, ci dicevamo che la teologia (cioè, il discorso su Dio) di Gesù (o che è Gesù) è stata segnata dall’insegnamento di almeno quattro donne, teologhe, anch’esse, senza che lui né, tanto meno, loro, considerati i tempi, avessero mai frequentato una qualche accademia: sua madre, la suocera di Simone, la Cananea, e la vedova di cui abbiamo letto oggi. Da sua madre aveva imparato il sogno di Dio del riscatto dei poveri, cantato nel Magnificat; dalla suocera di Simone (e dalle donne che l’avrebbero seguito poi), il servizio come dimensione del fare di Dio; dalla Cananea la tensione ecumenica di un Dio che non tollera muri e barriere; e da questa vedova il Dio che non trattiene nulla per sé, dà la sua vita, disposto a morire se è, come vedremo nell’applicazione che ne farà Gesù, per scampare dalla morte almeno qualcuno, i suoi discepoli, ma nel caso anche un suo nemico. Di un Dio così le religioni (che si reggono sul potere, le leggi, le condanne, la paura) non saprebbero che farsene. Per questo misero e mettono a morte Gesù. E perseguitano i suoi profeti. Dio, anche, e forse di più, in questo nostro tempo, è ridotto a due spiccioli di credibilità, che pure servirebbero a far vivere un’umanità, una sua porzione, una chiesa, che ne fosse rimasta vedova. Accerchiata da idoli famelici che ne distruggono le sole certezze superstiti, che lassù (e, magari, anche qui in basso) ci sia qualcuno che ci ami. Tutti, indistintamente. Ebbene, noi siamo chiamati a gettare questo Dio (inutile, senza valore, nel mercato delle religioni), ma che è tutta la nostra fede, speranza, e carità, a gettarlo nel tesoro del suo nuovo tempio, il corpo di Cristo, che è l’umanità dei poveri e dei peccatori. Di noi stessi, poveri e peccatori. Dopo di che si potrà anche morire. Vivrà Dio nei poveri che vivranno. E si moltiplicheranno in dono. E, alla fine, Dio che risuscita tutti.

Oggi è memoria di un grande monaco-profeta del vostro paese: Benedetto Calati. Ricordiamo anche la promulgazione della Costituzione dogmatica sulla Chiesa Lumen Gentium, ad opera del Concilio Vaticano II.

Gigino Calati era nato a Pulsano (Taranto) il 12 marzo 1914 ed entrò come novizio, a soli sedici anni, nell’Eremo di Camaldoli, assumendo il nome di Benedetto. Dopo aver terminato gli studi teologici, negli anni ’40, nel monastero di Fonte Avellana, fu maestro dei chierici ed ebbe modo di approfondire la conoscenza spirituale dei Padri della Chiesa e delle fonti camaldolesi. Dal 1951 fu procuratore presso la Santa Sede e superiore del monastero di San Gregorio al Celio in Roma, fino a quando, nel 1969 fu eletto Priore generale della Congregazione Camaldolese. Per 18 anni ricoprì quella funzione, fornendo un sostanziale contributo a trasformare l’eremo aretino in un importante centro di spiritualità e di cultura, conosciuto anche all’estero, per la sua apertura al dialogo e alla collaborazione tra personalità e forze di ispirazione diversa. Fu “uno dei più appassionati sostenitori del Concilio e tra i più convinti assertori della necessità di una profonda riforma della Chiesa, ispirata alla povertà evangelica e al primato dell’amore”. Negli ultimi anni della sua vita, P. Benedetto continuò con la lucidità di sempre a riflettere sui temi che gli erano più cari e a richiamare l’esigenza di dare passi più spediti in direzione di un maggior ecumenismo e dialogo tra fedi diverse, un minor “clericalismo”, maggiore parità tra uomo e donna. Morì il 21 novembre del 2000.

“Nella storia della Chiesa il giorno che ha segnato la promulgazione della costituzione Lumen Gentium apparirà in avvenire certamente come inizio di un’era nuova. La costituzione Lumen Gentium costituisce innegabilmente, a mio parere, una svolta nell’ecclesiologia cattolico-romana. Si può dire che siamo passati da una Chiesa-istituzione ad una Chiesa-comunità, da una Chiesa-potenza ad una Chiesa povera e pellegrina”. È il giudizio dato dal teologo Georges Dejaifve su questo importante documento del Concilio Vaticano II, emesso il 16 novembre 1964 e promulgato da Paolo VI il 21 novembre dello stesso anno. La Lumen Gentium, evitando nuove definizioni dogmatiche e senza ricorrere a formule teologiche tecniche e rigorose, con un linguaggio semplice di stile biblico, dà ampio rilievo ad aspetti che l’ecclesiologia post-tridentina aveva in larga misura ignorati. I tratti più originali della sua ecclesiologia risultano essere: – la distinzione tra Regno di Dio e Chiesa: la Chiesa è soltanto l’inizio, il “germe” e non ancora la piena attuazione del Regno; – la comunionalità: c’è parità essenziale tra tutti i membri della Chiesa, in quanto tutti godono delle stesse grazie fondamentali e degli stessi doveri; – la sacramentalità, che investe non soltanto alcuni segni particolari ma la chiesa stessa nella sua natura profonda; – la cattolicità, intesa come attitudine ad abbracciare il molteplice e a far spazio al diverso; – la politicità, ossia attenzione per i problemi socio-politici che interessano l’umanità. Visione rinnovata della Chiesa, che recupera con forza le sue radici bibliche e cristologiche, e con esse la tensione, la vocazione, il mistero, della comunità delle origini, ma che richiede lo sforzo, il coraggio, la passione sempre nuova, da parte di tutta l’ecumene cristiana per essere ogni volta incarnata nelle concrete sitauzioni e portata così ad attuazione.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Libro dell’Apocalisse, cap.14, 1-3.4b-5; Salmo 24; Vangelo di Luca, cap.21, 1-4.

La preghiera di questo lunedì è in comunione con i fedeli del Sangha buddhista.

È tutto, per stasera. Noi ci si congeda qui, offrendovi in lettura, il brano di un’omelia di Benedetto Calati, tenuta il 10 febbraio 1975. Pubblicata, assieme ad altre, nel libro uscito postumo con il titolo “Conoscere il cuore di Dio. Omelie per l’anno liturgico” (EDB), è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Dio si chiama Amore. Amore che si dona e che gode nel donarsi. Tutta la sacra Scrittura è la storia di questo amore, che nonostante il rifiuto dell’uomo si dona sempre con nuove risorse fino ad offrire Gesù Cristo per noi, fino a darci lo Spirito Santo che abita in noi come nel suo tempio. È così profonda questa realtà dell’amore in Dio che, per manifestarsi a noi, egli si propone come lo Sposo dell’uomo. Uno sposo che per primo stipula questo contratto, dandosi gratuitamente, esigendo solo il contraccambio dell’Amore, la fedeltà a lui. Cosa ha fatto mai Cristo Gesù per noi, con la sua morte, se non purificarci con il suo sangue, perché tutti noi potessimo comparire quali sposi fedeli, uniti a Dio? E lo Spirito Santo che è l’amore del Padre, non ci è dato forse se non per renderci capaci di rispondere all’amore del Padre che ci vuole suoi figli e farci riscoprire l’uno con l’altro come fratelli da amare? È questa la novità del cristianesimo che rende il messaggio evangelico sempre attuale: è vero che tutto finisce (fede, speranza), ma “rimane” la capacità del rapporto di amore ad ogni livello. È ciò che anima ogni carisma nella Chiesa: se ogni dono non confluisce nell’amore, non lo riconosciamo appartenente a Cristo. Cos’è mai la Chiesa se non questa “comunione” che riflette visibilmente l’amore che è nel Padre, nel Figlio e nello Spirito Santo? […] Tutta la comunità di fede è impegnata, e noi lo facciamo in questo momento, a far sì che la risposta di amore nel mondo si radichi sempre maggiormente, in modo che il mondo sia sollecitato ad incontrare Cristo attraverso la nostra risposta di amore, che deve essere sincera e vera. È su questo punto che lo Spirito Santo deve porci in discussione a proposito della nostra lealtà alla Parola, alla donazione di Dio, e misurarci sull’unica legge: “Amatevi come io vi ho amati”. (Benedetto Calati, Conoscere il cuore di Dio).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 21 Novembre 2016ultima modifica: 2016-11-21T22:40:32+01:00da fraternidade
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