Giorno per giorno – 15 Ottobre 2016

Carissimi,
“Io vi dico: chiunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anche il Figlio dell’uomo lo riconoscerà davanti agli angeli di Dio; ma chi mi rinnegherà davanti agli uomini, sarà rinnegato davanti agli angeli di Dio. Chiunque parlerà contro il Figlio dell’uomo, gli sarà perdonato; ma a chi bestemmierà lo Spirito Santo, non sarà perdonato” (Lc 12, 8-10). Certo, ci dicevamo stasera a casa di dona Josefa, tutto questo accadrà alla fine dei tempi, ma accade già anche qui ed ora. Ogni giorno. Luca ricordava queste cose alla sua comunità in un contesto di persecuzione. Noi dobbiamo scoprirne la valenza in un contesto che, per molti aspetti, in molti ambiti, da molto tempo, è di svuotamento o di travisamento dell’annuncio e della testimonianza del Vangelo, ridotti ad una innocua forma religiosa, o ad una delle tante espressioni della cultura civile, o maldestramente usati come pretesto per battaglie ideologiche e identitarie, il che, in ogni caso, rappresenta un misconoscimento e un rinnegamento della verità portata da Gesù. Che è la verità della Croce, del dono di sé per la vita degli altri. A Gesù importano poco le professioni di fede che si possono fare a suo riguardo, dice anzi che chi parlerà male di lui sarà comunque perdonato. Non sarà invece perdonato chi, consapevolmente, attribuirà allo Spirito un’attuazione contraria a quella che Lui ci è venuto a mostrare ed a cui chiede siano improntate le relazioni umane (almeno nella sua comunità, laboratorio di “nuovi cieli e nuova terra”), nella forma del modello trinitario, della reciproca accoglienza, del riconoscimento e della valorizzazione dell’altro, dell’unità tra le differenze. Sicché ad ogni sera, fino all’ultima, noi ci si dovrà chiedere: qual è stata oggi la testimonianza che ho reso alla buona notizia di Gesù? Mi avrà riconosciuto oggi come suo? O anche: quale è stata la mia attuazione nei confronti dello Spirito? L’ho per caso bestemmiato, praticando chiusura, disprezzo, odio, intolleranza?

Oggi, il calendario ci porta la memoria di Teresa d’Avila, contemplativa e dottore della Chiesa.

Teresa de Cepeda y Ahumada nacque ad Avila, in Spagna, il 28 marzo 1515, da una famiglia di ascendenza ebraica. A vent’anni, il 2 novembre 1535, fuggì di casa per entrare nel Carmelo della sua città. Lì, la regola dell’Ordine era praticata in forma molto mitigata e, per molto tempo, Teresa si adeguò a tale situazione. Nel 1555, tuttavia, decise che non valeva la pena perdere il tempo con le mezze misure e scelse di cominciare a vivere la radicalità della vocazione e della vita monastica. A partire dal 1557 visse una serie di profonde esperienze mistiche, sperimentando una grande intimità con il Signore, ma anche l’aridità, “la notte dei sensi”. L’esigenza di un ritorno del Carmelo alla Regola primitiva gli si impose sempre più. Ottenne così dal generale dell’Ordine, Giovanni Battista Rossi, il permesso di fondare nella stessa città di Avila un monastero di stretta osservanza. Nel 1567 convinse un giovane carmelitano ad attuare la stessa riforma nei conventi maschili. L’attività riformatrice dei due, nonostante l’ostilità aperta dei “mitigati” conquistò in poco tempo l’insieme dell’ordine. Questa intensa attività esteriore in nulla impedì che Teresa continuasse conducendo una intensissima e profonda vita spirituale, della quale possiamo intuire qualcosa leggendo le sue opere: Il Libro della Vita, Il Cammino della Perfezione, Il Castello Interiore. Teresa morì il 4 ottobre 1582 ad Alba de Tormes (Salamanca). La sua memoria è celebrata il giorno dopo, il 15 d’ottobre (!). Non ce ne dobbiamo stupire, perché la riforma gregoriana, varata proprio allora, fece sparire i dieci giorni compresi tra le due date.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Lettera agli Efesini, cap.1, 15-23; Salmo 8; Vangelo di Luca, cap.12, 8-12.

La preghiera del Sabato è in comunione con le comunità ebraiche della diaspora e di Eretz Israel.

È tutto, per stasera. Noi ci si congeda qui, offrendovi in lettura una citazione di Teresa d’Avila, tratta dalle sue “Esclamazioni dell’anima a Dio”. Che è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
A volte penso alle lamentele di quella santa donna che era Marta. Non si lamentava solo di sua sorella, anzi sono sicura che il suo maggior rammarico proveniva dall’impressione che voi, Signore, non aveste pietà delle sue fatiche e non v’importasse nulla di vedervela vicina. Forse le sembrò che l’amaste meno della sorella. Questo dovette affliggerla più che non la fatica di servire colui per il quale così grande amore, perché l’amore fa ritenere un riposo anche la fatica. Ciò appare dal fatto che a sua sorella non disse nulla e che invece tutta la sua lamentela fu rivolta direttamente a voi, Signore; l’amore le diede l’ardire di chiedervi come mai non vi curaste di lei. E anche la vostra risposta sembra provare che la domanda fosse dettata e provenisse dal motivo che ho detto: solo l’amore, diceste, è ciò che dà valore a tutte le cose e che l’unica cosa necessaria è che l’amore sia così forte che niente m’impedisca d’amare. Ma come, Dio mio, potremo avere un amore degno di ciò che merita l’Amato, se quello che voi avete per noi non si unisce al nostro? Mi lamenterò, dunque, come questa santa donna? Oh! Non ne ho nessun motivo, perché ho sempre ricevuto dal mio Dio ben più grandi e abbondanti prove d’amore di quelle che io non abbia saputo chiedere né desiderare. Se non mi lamento di quanto a lungo la vostra bontà mi ha sopportato, non ho alcun altro motivo per farlo. E allora che potrà chiedervi una creatura così miserabile come me? Datemi, Dio mio, di che darvi, dirò con sant’Agostino, per soddisfare almeno in parte il molto che vi devo; ricordatevi che sono creatura vostra e concedetemi di conoscere chi sia il mio Creatore affinché io l’ami. (Teresa d’Avila, Esclamazioni dell’anima a Dio).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 15 Ottobre 2016ultima modifica: 2016-10-15T22:48:37+02:00da fraternidade
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