Giorno per giorno – 26 Settembre 2016

Carissimi,
“Giovanni prese la parola dicendo: Maestro, abbiamo visto uno che scacciava demòni nel tuo nome e glielo abbiamo impedito, perché non ti segue insieme con noi. Ma Gesù gli rispose: Non lo impedite, perché chi non è contro di voi, è per voi” (Lc 9, 49-50). I discepoli avevano appena finito di discutere tra loro su chi fosse il più grande e Gesù, pazientemente, li aveva ridotti al silenzio, ricordando loro che nella logica del Regno, è il più piccolo ad essere il più grande. Ed è dura da capire, anche per noi, dopo duemila anni. Comunque, tutto bene, i discepoli si saranno detti: beh, ci penseremo su. E noi con loro. Ma ecco che si presenta subito un nuovo problema. Quello della concorrenza (oggi, diremmo tra chiese e movimenti), che rischia di metterci in ombra. E della connessa convinzione che della buona fede di chi non è dei nostri c’è sempre da sospettare. Qui da noi, in un piccolo centro come il nostro, l’argomento è anche più sentito, dato che le chiese concorrenti sono alcune decine, in aggiunta ai piccoli gruppi che animano la vita interna di ogni chiesa, dove spesso si cede alla tentazione di arrogarsi il monopolio della verità e della testimonianza. E, invece, dovrebbe valere, anche in questo caso, la legge del più piccolo, del più nascosto, del non volere conquistare spazi di influenza, potere, privilegi. Gesù ricorda questo a Giovanni e a noi: emulatevi nel bene, rallegrandovi ogni volta di ciò che di buono potete fare voi e gli altri.

Il calendario ci porta oggi la memoria di Cosma e Damiano, medici e martiri del 3° secolo, e quella dei Martiri di Timor Est.

Arabi cristiani, buoni conoscitori dell’arte medica, Cosma e Damiano passarono la vita, assistendo i malati, senza farsi pagare. Per questo furono chiamati anàrgiri (parola greca che significa “senza argento”, “senza denaro”). Al giorno d’oggi, sarebbero quanto meno tacciati di “assistenzialisti”. Come Gesù del resto. O come lo Stato, quando “concede troppo”. Nella logica di alcuni, è bene che i poveri, i medici, se li paghino, perché capiscano così il valore del denaro e si abituino all’idea che la salute non è un diritto, ma una merce da comprare al mercato della vita. Ora, se è vero che la situazione, per quanto riguarda il nostro Sistema unico di salute è venuta, via via, negli ultimi tempi, migliorando, grazie anche al programma governativo “Più medici”, che ha provveduto a richiedere e inviare 15 mila medici – per la maggior parte cubani – soprattutto nelle zone periferiche e più povere del Paese, dove i medici brasiliani rifiutavano di andare, preferendo concentararsi a esercitare negli Stati più ricchi della federazione e nelle grandi città, resta comunque da fare molto e questo, chissà, spiega forse un po’ la persistente popolarità dei due santi. E quella più recente dei loro omologhi cubani. Di Cosma e Damiano sappiamo che finirono, come spesso accade a chi dedica la vita al prossimo, per lasciarci la testa. Durante la persecuzione di Diocleziano, furono infatti decapitati per ordine del governatore Lisia, nell’anno 303, a Egea di Cilicia, in Asia Minore, o, secondo altri, a Ciro (nei pressi dell’attuale Antakya, in Turchia). Numerosi luoghi di culto sarebbero stati loro presto dedicati. Nella chiesa d’occidente il loro culto risale almeno alla fine del sec. V.

“Mentre i politici fanno la loro campagna di propaganda, noi realizziamo la nostra campagna di preghiera, offrendo i nostri sacrifici per commuovere il cuore di Cristo, re della pace e dell’amore. […] Oggi la nostra missione consiste non solo nell’aiutare, come dice san Paolo, ma in piangere con chi piange, condividere con chi è nel bisogno, dare nuova speranza e fiducia nel Padre che non abbandona i suoi figli”. Sono frasi dell’ultima lettera della canossiana, suor Erminia Cazzaniga (69 anni), scritta pochi giorni prima di essere uccisa dai miliziani del governo indonesiano, assieme ad un’altra suora, Celeste de Carvalho, tre seminaristi, Jacinto Xavier, Fernando dos Santos e Valerio Conceição, due operatori pastorali, un giornalista e due bambini, il 26 settembre 1999, a Los Palos (Timor Est). Nel loro martirio è riassunto il martirio di un intero popolo, migliaia di uomini, donne, bambini, uccisi per l’unica colpa di essere cristiani.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Libro di Giobbe, cap.1, 6-22; Salmo 17; Vangelo di Luca, cap. 9, 46-50.

La preghiera di questo lunedì è in comunione con i fedeli del Sangha buddhista.

È arrivato il momento di congedarci. E dato che la memoria odierna dei santi medici Cosma e Damiano ci richiama il tema della malattia e della sua cura, scegliamo di congedarci con una riflessione del Card. Carlo Maria Martini sull’unzione degli infermi, che troviamo in un suo libro, apparso qualche anno fa col titolo “Sul corpo” (Centro Ambrosiano). Ed è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Il sacramento dell’unzione degli infermi non è, come spesso si ritiene, destinato ai moribondi, a chi sta per morire. Esso è stato istituito per quanti sono seriamente ammalati. La malattia intacca il corpo e ne capovolge il senso. Se nel comunicare, nell’amare, nel mangiare c’è soddisfazione – coincidenza tra il bisogno o desiderio e la soddisfazione -, nella malattia si realizza una frattura perché conraddice e contraffà ciò a cui aspiro. È un esperienza di dis-piacere , di malessere, di fallimento; interrompe l’ordine spontaneamente sensato della vita. Per questo il malato, oltre alle cure mediche, cerca conforto, compagnia, vuole aiuto per capire il senso della nuova situazione in cui si trova. Con l’unzione viene significata e conferita la grazia del Risorto, a sottolineare che Cristo fa suo il mio copro malato: lo alleggerisce del peso delle sofferenze, lo risana spiritualemente e fisicamentee, lo corrobora, mi conforta, avvolge di perdono pieno di amore i miei peccati, mi permette di capire il senso del dolore alla luce della sua passione a cui mi unisce. In questo sacramento, dunque, Gesù continua a fare quello che faceva con i malati quando era sulla terra, quello che ha raccomandato di fare ai discepoli: “Curate i malati e dite loro: Si è avvicinato a voi il regno di Dio” (Lc 10, 9). Ma l’unzione degli infermi non è un gesto magico; richiede la fede come ogni altro sacramento. Se il malato si affida alla potenza del Signore potrà superare anche le paure e le tentazioni proprie di chi soffre, avrà serenità e pace interiore, si sentirà incoraggiato a sperare nella guarigione e insieme ad accogliere tutti i possibili esiti del male. (Carlo Maria Martini, Sul corpo).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 26 Settembre 2016ultima modifica: 2016-09-26T22:00:10+02:00da fraternidade
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