Giorno per giorno – 22 Settembre 2016

Carissimi,
“Il tetràrca Erode sentì parlare di tutti questi avvenimenti e non sapeva che cosa pensare, perché alcuni dicevano: Giovanni è risorto dai morti, altri: È apparso Elìa, e altri ancora: È risorto uno degli antichi profeti. Ma Erode diceva: Giovanni, l’ho fatto decapitare io; chi è dunque costui, del quale sento dire queste cose? E cercava di vederlo” (Lc 9, 7-9). Questi tre versetti del Vangelo di oggi ci sembravano, stasera, così lontani nel tempo da non avere niente da dirci. Cosa avremmo da spartire noi con il tetrarca Erode? Eppure. Erode è figura del potere, che tradisce il suo popolo (in questo senso è adultero), per inseguire o tutelare il suo personale (o di gruppo) vantaggio, interesse, piacere. E mette a tacere con la violenza, magari poliziesca, (o, semplicmente, con il controllo dei media) chi ne denuncia le malefatte. È uno spettacolo abbastanza comune in questi mesi di governo golpista che vive il nostro Paese. Ma accade anche altrove. È la tentazione sempre presente nei palazzi del potere. E Gesù che parte ci fa? Turba ancora i sonni dei potenti, dove non sono riusciti a farne un idolo a loro protezione? Certo che sì, oggi come allora. Gesù, la sua attuazione nella storia, è ciò che restituisce alla vita, risveglia le coscienze, invia in missione, spinge all’azione, per combattere e sconfiggere quanto si oppone all’instaurazione di quel Regno, che è vita e vita piena per tutti. I potenti ne hanno ancora paura. E fanno il possibile per eliminarne il principio dalla storia del mondo. Questa stessa lotta, però, si svolge anche dentro di noi. E noi cosa facciamo? Accogliamo o rifiutiamo l’appello di Gesù?

Oggi, il calendaio ci porta le memorie di Eugenio Lyra, martire della lotta per la giustizia; e quella di Guruk Nānak, mistico e fondatore del Sikhismo.

Eugenio Lyra era nato l’8 gennaio 1947, nello Stato di Bahia. Dopo gli studi medi, desiderando diventare avvocato, si iscrisse alla Facoltà di Diritto, dove si laureò nel 1970. L’anno successivo si sposò con Lucia, sua compagna di studi, prima e, ora, di professione, ed insieme aprirono uno studio a Salvador. Iniziò allora la collaborazione con diversi sindacati, che portò il giovane avvocato a viaggiare spesso in diverse città del’entroterra bahiano. Nel 1976, la coppia maturò la decisione di traferirsi a Santa Maria da Vitória, a mille e quattrocento chilometri dalla capitale. Là fissò la sua residenza, fornendo assistenza legale ai lavoratori e lottando per la restituzione delle terre ai contadini che ne erano stati espropriati illegalmente dai grileiros. In una situazione di estrema tensione, che vedeva lo Stato di Bahia ai primi posti per numero di assassini e di episodi di violenza nei campi, questa scelta procurò presto al giovane avvocato numerosi nemici, che cercarono a più riprese di intimidirlo con minacce e persecuzioni. Pochi giorni prima della deposizione che si apprestava a fare nell’ambito della Commissione Parlamentare di Inchiesta sulla sottrazione di terre ai danni dei piccoli proprietari terrieri, con una documentazione, che incriminava senza ombra di dubbio i potentati locali e additava la loro impunità davanti alla legge, Eugenio Lyra fu ucciso dal pistoleiro Wilson Gusmão, il 22 settembre 1977. L’assassinio era stato commissionato per quarantamila cruzeiros dal fazendeiro Valdely Rios, dall’avvocato Alberto Nunes, e da Abílio Antunes, Cantídio de Oliveira e João da Costa da Silva, con la complicità del delegato di polizia, Eymar Portugal Sena Gomes. Lyra lasciò la giovane moglie incinta e una bimba, Mariana, che sarebbe nata quattro mesi più tardi. Morì, martire della causa del Regno, perché rifiutò di divenire complice dell’arbitrio e della violenza generate da un sistema di dominazione, d’ingiustizia e d’impunità.

Guru Nānak era nato il 15 aprile 1469 a Rāi Bhōi dī Talwandī (oggi Nankana Sahib, nei pressi di Lahore, in Pakistan), figlio di Mehta Kalyan Das Bedi e di Tripta Devi. Dimostrò sin da ragazzo una forte inclinazione alla vita meditativa, preferendo a tutto la compagnia di asceti indù e musulmani. Si dice che egli abbia incontrato a Benares il mistico Kabir, che avrebbe avuto non poca influenza sui suoi sviluppi futuri. All’età di diciotto anni sposò Mata Sulakhanī, da cui ebbe due figli: Lakhmī Dās e Srī Cand. Durante la giovinezza Nānak visse nella città di Sultānpur, dove lavorò come magazziniere alle dipendenze del nababbo Daulat Khān Lodī, ma, trentenne, in seguito ad un’esperienza mistica, lasciò ogni cosa e, assieme ad un suonatore musulmano di nome Mardāna, intraprese un lungo viaggio che lo portò a diversi luoghi santi sia indù che musulmani. Lungo il cammino impartiva col canto i propri insegnamenti. Predicava il superamento della troppo facile esteriorità a cui si riduce la pratica religiosa nelle diverse tradizioni, ed esortava a preferire un culto devozionale rivolto nell’intimo del cuore al Signore supremo, che egli diceva essere l’anām , il “senza-nome”, dato che sono infiniti i nomi con cui gli uomini si sono rivolti a Lui. Ma, proprio per questo, egli è anche semplicemente Nām, il “Nome, o anche Sat-nām, il “Vero Nome”, che si dà a conoscere attraverso l’ordine divino del creato (Hukam), la Parola interiore (Sabad), il Maestro (Guru) – che è in primo luogo il Signore stesso con le sue ispirazioni, ma anche chi è chiamato ad esserne interprete -, la Verità (Sac). Solo la Parola di Dio, la sua Grazia, consente all’uomo di liberarsi dalla prigione del suo egoismo (haumai). Verso il 1520, Guru Nānak ricevette in donazione una terra sulle rive del fiume Rāvi, dove fece costruire un villaggio che chiamò Kartārpur (“città del Creatore”), nel distretto di Narowal, in Punjab (Pakistan). Lì trascorse i suoi ultimi anni di vita, allontanandosi solo per brevi viaggi, al fine di visitare esponenti di altre correnti religiose. Il grande numero di discepoli che vi affluì costituì la prima comunità Sikh. Un discepolo di nome Lahnā ricevette da Guru Nānak il nuovo nome di Angad e fu da lui designato come suo successore. Compiuta la sua missione Guru Nānak si spense il 22 settembre 1539.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
Libro del Qoeleth, cap.1, 2-11; Salmo 90; Vangelo di Luca, cap.9, 7-9.

La preghiera del giovedì è in comunione con le religioni tradizionali indigene.

Noi ci si congeda qui, offrendovi in lettura un canto di Guru Nānak, che troviamo nel libro “Canti religiosi dei Sikh” (Rusconi), edito a cura di Stefano Piano, e che è, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Allora soltanto l’uomo è giudicato verace / quando la verità è nel suo cuore; / la sozzura della falsità scompare / ed egli lava il suo corpo e lo rende pulito. / Allora soltanto l’uomo è considerato verace / quando prova amore per la verità. / Quando la mente è rapita nell’ascoltare il Nome divino / l’uomo trova la porta della salvezza. / Allora soltanto l’uomo è giudicato verace / quando conosce la vera via; / prepara il proprio corpo come un campo /e vi depone il seme del Creatore. / Allora soltanto l’uomo è giudicato verace / quando riceve la vera istruzione; / egli prova pietà per le creature / e dona loro qualcosa in elemosina. / Allora soltanto l’uomo è considerato verace / quando risiede in quel santuario che è il suo spirito, / consulta il Vero Maestro / e là sempre rimane e dimora. / La verità è medicina per tutti: rimuove e lava via il peccato. / Nānak rivolge suppliche a coloro che hanno la verità nel loro cuore! (Guru Nānak, Sacc tā par jāniai jā ridai saccā hoi).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 22 Settembre 2016ultima modifica: 2016-09-22T22:28:19+02:00da fraternidade
Reposta per primo quest’articolo