Giorno per giorno – 24 Maggio 2016

Carissimi,
“In verità vi dico: non c’è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi a causa mia e a causa del vangelo, che non riceva già al presente cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e nel futuro la vita eterna” (Mc 10, 29-30). Stasera, dopo tanti anni, la comunità Evangelho é Vida si è ritrovata a casa di Nensona e Valdiron. Con Adriana e Adriano già adulti, lei iscritta a Matematica, lui appena tornato dal servizio militare. Ed è riapparsa anche Lucia, che ancora non ha accettato la morte del padre, seu Bernardino, avvenuta lo scorso gennaio. Mancavano però molti degli altri, come qualche volta capita. Il vangelo di oggi si prestava bene a ciò che significa lo spirito della comunità, se e quando chi vi partecipa, dimenticando il suo particolare, riesce a vivere gli altri come la propria famiglia moltiplicata, non in modo episodico o interessato, o magari con quel po’ di retorica che si mette a volte in queste cose, ma proprio come il compiersi di una promessa, che segnala, nel nostro piccolo, il sogno della società futura. A proporre e inverare il quale, siamo chiamati, ciascuno secondo le proprie concrete possibilità e scontando gli ostacoli che, nelle diverse situazioni, la logica del Sistema (quello che il Nuovo Testamento definisce il “mondo” o il “secolo”) ci opporrà. La conversione alla sequela di Gesù ci chiede un cambiamento di mentalità, che ci aiuti a superare la tentazione di chiuderci nella difesa di piccoli o grandi interessi egoistici e nella costruzione di roccaforti identitarie, di fronte alle oggettive difficoltà economiche e alle diverse proposte culturali e religiose che si affacciano al nostro orizzonte. Non ci si salva da soli, ci si salva solo con gli altri. Nell’ascolto, nell’accoglienza, nel dialogo.

Il nostro calendario ecumenico ci porta oggi la memoria di Susanna, John e Charles Wesley. La data, contrariamente a ciò che in genere facciamo, non ricorda il loro dies natalis, il giorno cioè del loro passaggio all’eternitá, ma quello della “rinascita” di John Wesley, celebrata anche nella Comunione Anglicana.

Susanna, venticinquesima figlia di Samuel Annesley, era nata nel 1669 e, ventenne era andata sposa a Samuel Wesley (1662-1735), pastore della Chiesa d’Inghilterra, a cui avrebbe dato quindici figli, tre soli dei quali sopravvissuti: Samuel, nato il 10 febbraio 1690, John, il 28 giugno 1703, e Charles, il 18 dicembre 1707. Di lei si racconta che, durante le frequenti assenze del marito, aveva preso l’abitudine di invitare a casa familiari e vicini per leggere la Scrittura e i suoi commentari, riuscendo in poco tempo a riunire più di duecento persone. Il fatto non mancò di suscitare la reazione gelosa del curato, che non sopportava l’idea che una donna potesse prendere simili iniziative. Scrisse perciò al di lei consorte, perché la richiamasse all’ordine. Questi gli rispose: Reverendo, io mi sarei aspettato che Lei, ponendo il problema, avrebbe anche prospettato la soluzione più ovvia, e cioè che andasse Lei, il sabato sera, a leggere i sermoni a casa mia. Ma se non vuole far questo, mi metta ben chiaro per iscritto il divieto esplicito al proseguimento di questa iniziativa. Io mi premurerò di presentarlo a Chi di dovere, quando saremo chiamati io e Lei al supremo tribunale di nostro Signore Gesù Cristo! Pare che il curato non se la sia sentita di replicare. Nacque così di fatto la pratica del metodismo, che John e Charles appresero dunque dalla madre. Susanna morirà, poco più che settantenne, il 23 luglio 1742. Tornando a ritroso nel tempo, quando John fu mandato a studiare a Oxford, dovette presto fare i conti con lo scetticismo religioso dell’ambiente studentesco. Per resistere ad esso, assieme al fratello Charles e alcuni amici, costituí un’associazione con regole molto esigenti: tutti i membri si impegnavano a studiare “metodicamente” la Bibbia, a partecipare settimanalmente alla Santa Cena, ad essere generosi nell’aiuto ai poveri. Scherzosamente furono chiamati il “Santo Club” o anche “metodisti”, nome che sarebbe rimasto in seguito al movimento wesleyano. Divenuto pastore, John entrò presto in contatto con i fratelli Moravi, e per loro tramite con il Pietismo tedesco e la tradizione luterana. Nella notte del 24 maggio 1738, ascoltando la prefazione di Lutero alla Lettera ai Romani, Wesley visse una straordinaria esperienza spirituale: “sentì” con profonda commozione del cuore che Cristo gli aveva perdonato i suoi peccati e decise che a partire da allora avrebbe collocato solo in Cristo la sua speranza di salvezza. Abbandonate le antiche posizioni ritualiste, dedicò tutta la sua vita a diffondere un’esperienza religiosa centrata sulla scoperta dell’amore di Dio, del perdono e della salvezza gratuita. Apertamente osteggiato dalla gerarchia della chiesa anglicana, aprí il ministero della predicazione ai laici, quale logica conseguenza della dottrina del sacerdozio universale dei fedeli. Diresse le sue attenzioni soprattutto alle grandi periferie proletarie, inaugurando così l’unione tra predicazione e opere sociali, tipica del Metodismo. Davanti alle esigenze dell’azione missionaria, lui, semplice pastore, cominciò ad ordinare altri pastori. Per cinquant’anni si dedicò interamente alla predicazione itinerante. Morì il 2 marzo 1791. Charles, dal canto suo, si dedicò soprattutto alla composizione di inni: ne scrisse circa 6500, fino alla morte, avvenuta il 29 marzo 1788.

I testi che la liturgia odierna propone alla nostra riflessione sono tratti da:
1ª Lettera di Pietro, cap.1, 10-16; Salmo 98; Vangelo di Marco, cap.10, 28-31.

La preghiera del martedì è in comunione con le religioni tradizionali dell’Africa Nera.

Ieri il nostro maggior quotidiano nazionale, la Folha de S. Paulo, ha divulgato la registrazione di una conversazione telefonica tra Romero Jucá, ministro della Pianificazione, Bilancio e Gestione del Governo (illegittimo) di Michel Temer, e Sérgio Machado, già presidente della Transpetro, una società controllata dalla Petrobras, al centro dell’inchiesta sugli scandali di corruzione che sta sconvolgendo l’assetto politico-istituzionale del Paese. Nelle conversazioni registrate lo scorso marzo, Jucá prospettava a Machedo (che lo registrava forse in vista di una “delazione premiata”) la necessità di sbarazzare la scena politica della Presidente Dilma, ostinatamente incorruttibile, il che avrebbe portato come risultato la formazione di un nuovo governo che “fermasse il dissanguamento” provocatao dall’inchiesta Lava Jato, prima che questa arrivasse a coinvolgere le cupole dei maggiori partiti di maggioranza e opposizione, oltre al Partido dos Trabalhadores, bersaglio fino ad ora quasi esclusivo dell’inchiesta. Per tale operazione, che quindi non aveva nulla a che vedere con gli illeciti amministrativi rimproverati a Dilma, comunque insufficienti per avviare il processo di impeachment, Jucá affermava di poter contare sull’avallo di giudici del Supremo Tribunale Federale e sul consenso di generali delle Forze Armate. Oltre che, naturalmente, sui leader politici direttamente interessati ad evitare di essere incriminati. Se qualcuno, quindi, poteva ancora ritenere in buona fede che non si trattasse di golpe, ancorché bianco, ha da ieri la prova provata che di golpe, in tutte le regole, si tratta. Adesso, oltre il “licenziamento”, avvenuto oggi, di Jucá, c’è solo da aspettare per vedere cosa ne seguirà. Il ministro è stato nel frattempo sostituito dal suo vice, Dyogo Oliveira, egli pure investigato per corruzione, nella parallela Operazione Zelotes. Il tutto sembra un copione di film su un qualunque “Stato libero(?) di Bananas”. Che pena.

E, per stasera, è tutto. La memoria della famiglia Wesley ci offre lo spunto per offrirvi, nel congedarci, lo stralcio del discorso tenuto da papa Francesco nell’incontro avvenuto in Vaticano lo scorso 7 aprile con la Delegazione del Consiglio Metodista Mondiale. Che è, così, per oggi, il nostro

PENSIERO DEL GIORNO
Cattolici e metodisti hanno molto da imparare gli uni dagli altri su come intendere la santità e su come cercare di viverla. Tutti quanti dobbiamo fare il possibile perché i membri delle nostre rispettive parrocchie si incontrino regolarmente, si conoscano tramite scambi stimolanti e si incoraggino reciprocamente a cercare il Signore e la sua grazia. Quando leggiamo le Scritture, da soli o in gruppo, ma sempre in un’atmosfera di preghiera, ci apriamo all’amore del Padre, donatoci nel suo Figlio e nello Spirito Santo. Anche là dove rimangono divergenze tra le nostre comunità, esse possono e devono diventare stimolo alla riflessione e al dialogo. John Wesley, nella sua Lettera a un cattolico romano, scrisse che cattolici e metodisti sono chiamati ad “aiutarsi vicendevolmente in qualsiasi cosa… conduca al Regno”. Che questa nuova dichiarazione comune possa essere di incoraggiamento a metodisti e cattolici ad aiutarsi gli uni gli altri nella vita di preghiera e nella devozione. Nella stessa lettera, Wesley scriveva anche: “Se ancora non possiamo pensare nello stesso modo in tutte le cose, possiamo almeno amare nello stesso modo”. È vero che non pensiamo ancora nello stesso modo in tutte le cose, e che su questioni relative ai ministeri ordinati e all’etica molto lavoro rimane da fare. Tuttavia, nessuna di queste differenze rappresenta un ostacolo che possa impedirci di amare nello stesso modo e di rendere una testimonianza comune davanti al mondo. La nostra vita nella santità deve sempre comprendere un servizio di amore al mondo; cattolici e metodisti sono tenuti ad impegnarsi insieme per testimoniare concretamente, in molti campi, il loro amore per Cristo. Infatti, quando serviamo insieme chi si trova nel bisogno, la nostra comunione cresce. Nel mondo di oggi, ferito da molti mali, è più che mai necessario che come cristiani testimoniamo insieme con rinnovata energia la luce della Pasqua, diventando segno dell’amore di Dio, vittorioso nella Risurrezione di Gesù. Possa questo amore, anche mediante il nostro servizio umile e coraggioso, raggiungere il cuore e la vita di tanti fratelli e sorelle che lo attendono, anche senza saperlo. “Siano rese grazie a Dio, che ci dà la vittoria per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo!” (Papa Francesco, Discorso alla Delegazione del Consiglio Metodista Mondiale, 7 aprile 2016).

Ricevete l’abbraccio dei vostri fratelli e sorelle della Comunità del bairro.

Giorno per giorno – 24 Maggio 2016ultima modifica: 2016-05-24T22:24:32+02:00da fraternidade
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